Penale

Contestazione in dibattimento di reati connessi, sì alla messa alla prova

Lo ha stabilito la Corte costituzionale, sentenza n. 146 depositata oggi, dichiarando parzialmente illegittimo l'articolo 517 cod. proc. pen

di Francesco Machina Grifeo

La Corte costituzionale, sentenza n. 146 depositata oggi, ha esteso la possibilità di ricorrere alla messa alla prova. La Consulta ha infatti dichiarato illegittimo l'articolo 517 Cpp nella parte in cui non prevede, in seguito alla contestazione di reati connessi (articolo12, comma 1, lettera b), Cpp), la facoltà dell'imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, con riferimento a tutti i reati contestatigli.

La questione è stata sollevata dal Tribunale di Palermo. Il giudice rimettente ha ricordato che il 517 Cpp consente al Pm di procedere, durante il dibattimento, a contestazioni suppletive che possono consistere nell'aggiunta di un'aggravante, ovvero - come nel caso verificatosi nel giudizio a quo - nell'addebito di uno o più reati connessi a quello originariamente indicato nell'imputazione, e cioè commessi con la medesima azione od omissione, ovvero con condotte diverse, ma in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, nel momento della nuova contestazione il termine per avanzare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova è sempre già spirato. L'istanza, infatti, deve essere di regola formulata prima dell'apertura del dibattimento di primo grado (articolo 464-bis, comma 2, Cpp), così determinandosi una violazione degli articoli 3 e 24 Costituzione.

Nel dichiarare fondata la questione la Consulta ricorda che un "fitta serie di pronunce" ha adeguato il principio di "fluidità dell'imputazione" al diritto di difesa . In particolare, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 516 e 517 Cpp nella parte in cui non consentono all'imputato l'accesso a riti alternativi nell'ipotesi di nuove contestazioni. Così, il patteggiamento oggi può essere richiesto a fronte della nuova contestazione di un fatto diverso (ex articolo 516 Cpp), di una circostanza aggravante (ex articolo 517 Cpp) o di reati connessi (ex articolo 517 Cpp); e il giudizio abbreviato può essere richiesto a fronte della nuova contestazione di un fatto diverso (ex articolo 516 Cpp), di una circostanza aggravante (ex articolo 517 Cpp) o di reati connessi (ex articolo 517 Cpp).

Quanto invece alla sospensione del procedimento con messa alla prova, prosegue la decisione, essa può essere richiesta a fronte della nuova contestazione di un fatto diverso (ex articolo 516 Cpp) e di una circostanza aggravante (ex articolo 517 Cpp). Mentre "nulla ha ancora la Corte deciso in relazione alla nuova contestazione in dibattimento di reati connessi ex art. 517 Cpp".

A tale questione il Giudice delle leggi ha risposto oggi. E partendo dalla constatazione che diversamente da quanto accade nel rito abbreviato, nella messa alla prova convivono un'anima processuale e una sostanziale, ha affermato che "proprio tale accentuata vocazione risocializzante, si oppone alla possibilità di una messa alla prova ‘parziale', ossia relativa ad alcuni soltanto dei reati contestati" (Cassazione, n. 24707/2021). "Piuttosto – continua la decisione -, l'imputato dovrà essere rimesso in condizione di optare per la messa alla prova anche con riferimento alle imputazioni originarie, intraprendendo così quel percorso al quale avrebbe potuto orientarsi sin dall'inizio, ove si fosse confrontato con la totalità dei fatti via via contestatigli dal pubblico ministero".

Una tale scelta, conclude la Corte, "non esclude d'altronde che l'istituto conservi la propria fisiologica funzione deflattiva anche in questa ipotesi, determinando comunque l'interruzione del processo e l'estinzione del reato nel caso di esito positivo della messa alla prova".

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