Amministrativo

Appalti, l'esclusione non può essere automatica per il rischio di illeciti

di Francesco Clemente

L’impresa che partecipa in proprio agli appalti ed è indicata, anche «a propria insaputa», come subappaltatrice da altri concorrenti, non può essere esclusa automaticamente dalle gare per il rischio di «potenziali attività illegali» in contrasto con le regole di concorrenza, segretezza, e indipendenza delle offerte: è un «indizio» da verificare in fase di stipula del contratto pur se si tratta di appalti sotto soglia , dove l’obbligo di indicare la terna degli eventuali subappaltatori è imposto dal bando in sede di lettera d’invito. Il Tar di Torino - sentenza 328/2017, Seconda sezione, 8 marzo -, ha dato così ragione a una società che era stata esclusa da un appalto di lavori - un totale di circa 800mila euro - poiché era risultata partecipante in proprio e nello stesso tempo subappaltatrice su indicazione di altre due imprese in gara.

Per la stazione appaltante, si era configurato uno dei «motivi di esclusione» previsti dal Codice appalti in fase di «selezione delle offerte» (lettera m, comma 5, articolo 80, Dlgs 50/2016): una situazione di controllo o collegamento, anche di fatto, dell’operatore economico rispetto alle altre imprese partecipanti tale da imputare le offerte presentate ad un «unico centro decisionale» come disciplinato dal Codice civile (articolo 2359). Come ritenuto, «la contestuale presenza – nella medesima gara – di soggetti che vi accedono, seppur a diverso titolo, è un elemento negativo rispetto ai principi di trasparenza e parità di condizioni che debbono essere sempre assicurati nelle procedure concorsuali», in linea con le norme sul subappalto e con i relativi dettami sulla terna per ogni tipo di bando fissati dal Codice appalti (comma 6, articolo 105). Per la ricorrente, invece, il doppio ruolo «a propria insaputa» non può violare in automatico la segretezza delle offerte, posto che la facoltà di indicare i subappaltatori non può tradursi in un obbligo e la contestata commistione di interessi va pur sempre provata dalla Pa.

Chiarito che l’obbligo imposto dal bando - e previsto dal Codice (articolo 105) – è a garanzia della «trasparenza immediata» sugli eventuali futuri soggetti da coinvolgere e non, in breve, un obbligo di subappaltare, il Tar ha precisato che questo requisito preliminare è ammesso dalla più recente direttiva 2014/24/Ue, ma non può diventare «un inutile aggravamento procedimentale» che può finire per incentrarsi su chi «concretamente, potrebbe non venire mai chiamato ad operare in cantiere». Per i giudici, «ai sensi dell’articolo 105 del nuovo Codice, tale verifica dovrà essere ripetuta all’atto di effettiva stipulazione/autorizzazione del contratto di subappalto», dato che, fuori dai casi di rti o avvalimento, una mera indicazione non implica la preesistenza di “patti” formalizzati.

Come precisato, un concorrente “onnipresente” «può costituire mero sintomo di collegamento tra le offerte e di dubbia trasparenza delle stesse», ma esso, per la sua stessa natura, va vagliato dalla Pa “a valle” della procedura. Richiamando la sentenza Edilux della Corte Ue (causa C-425/14, 22 ottobre 2015), si è ribadito che l’esclusione automatica viola il principio di proporzionalità non consentendo ai soggetti indiziati di «dimostrare l’indipendenza delle loro offerte…in contrasto con l’interesse dell’Unione» al più ampio accesso alle gare.

Tar Torino - Sentenza 328/2017

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