Civile

Rimborso dei crediti di imposta, l'A.F. può opporsi anche oltre i termini di prescrizione dei controlli sulle dichiarazioni

Il termine decadenziale decennale opera limitatamente al riscontro dei crediti e non con riferimento a situazioni debitorie

di Giuseppe Durante*

E' quanto hanno disposto i giudici della Suprema Corte di Cassazione in concomitanza della Sentenza n°3858 depositata 08 febbraio 2023 .

In particolare, i giudici di legittimità ribaltando in toto la sentenza pronunciata in sede di gravame dai giudici di appello, hanno accolto i motivi di doglianza mossi dall'ufficio impositore nel proprio ricorso introduttivo, stabilendo che, in tema di rimborso di imposte da parte del contribuente l'Amministrazione finanziaria è nelle condizioni di potere, comunque, contestare il credito rivendicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi che legittima ex post l'istanza di rimborso del tributo, anche nel caso in cui siano scaduti i termini per l'esercizio del suo potere di controllo senza che l'ufficio impositore abbia adottato alcun provvedimento.

Tale assunto trova la sua ratio in considerazione del fatto che il termine decadenziale decennale opera limitatamente al riscontro dei crediti e non con riferimento a situazioni debitorie, trovando, pertanto, applicazione nel caso di specie il principio generale "quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum".

Si tratta di una pronuncia particolarmente significativa che per quanto possa sembrare distonica rispetto ai principi generali che regolano il sistema tributario, tuttavia, è, comunque, coerente con il principio di diritto previsto dall'art.1442,comma 4 cc. in cui è disposto che il contraente legittimato all'azione di annullamento del contratto, può fare valere la causa di annullabilità a titolo di eccezione, anche decorso il termine di prescrizione dell'azione, al fine di contrastare l'iniziativa della controparte che lo abbia convenuto per ottenere l'adempimento.

La ratio della norma appare, dunque, quella di apprestare un rimedio affinché l'atto viziato, ancorché esistente, stante l'assenza di una istanza di annullamento, non raggiunga pienamente il suo scopo ( Cassazione civile, sez. III, sentenza 10/06/2015 n° 12083 )

Il fatto

Una Spa formalizzava, nei termini di legge, apposita istanza di rimborso IRPEG riferita al periodo d'imposta 1999 per un importo di euro 2.146.196,00 a cui l'AdE territorialmente competente si opponeva previo diniego formale alla richiesta della società di capitali.

Avverso il diniego formale dell'ufficio impositore la SPA presentava ricorso innanzi al giudice tributario di prime cure il quale rigettava il ricorso introduttivo confermando le ragioni dell'ufficio. Faceva seguito atto di appello da parte della società di capitali presso la CGT del Piemonte che accoglieva le ragioni lamentate dalla società appellante, ritenendo fondata, nel caso di specie, la richiesta di rimborso IRPEG così come inoltrata dalla Spa riconducibile alla dichiarazione dei redditi 1999.

Avverso la pronuncia depositata in sede di gravame, l'AdE inoltrava ricorso per cassazione, al fine di rivendicare, in sede di legittimità, le ragioni dell'ufficio impositore negate dal giudice del gravame. In particolare, l'Avvocatura Generale dello Stato eccepiva due motivi di ricorso: con il primo motivo veniva eccepita la violazione e falsa applicazione del DPR n°600/1973, art.36 bis e dell'art.2946 cc in relazione all'art.360 comma 1 n3) cpc, non ritenendo decaduto l'ufficio dal potere di controllo della dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999, non trattandosi, nel caso di specie, di un credito certo e consolidato e, pertanto, non più contestabile nel merito dall'ufficio impositore.

Il diniego dell'AdE all'istanza di rimborso inoltrata, dalla società di capitali a detta dell'ufficio, non poteva definirsi tardivo poiché non soggiace al termine prescrizionale decennale decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi. Avverso le ragioni palesate dall'Avvocatura resisteva la SPA rivendicando, in sede di legittimità, la fondatezza della pronuncia di appello.

Con il secondo motivo di ricorso l'AdE ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione della L.n°212/2000, art.7 nonché del DPR n°600/1973, art.42 nonché dell'art.2697cc in relazione all'art.360 comma 1 n.3) cpc poiché trattandosi nel caso di specie di diniego ad una istanza di rimborso l'AdE non aveva un particolare onere in chiave motivazionale. Per cui, nessuna deroga rispetto ai principi normativi sopra richiamata era configurabile nel caso di specie.

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n°3858 depositata l'8 febbraio 2023

La controversia posta al vaglio dei giudici di legittimità ha ad oggetto nella casistica che ci occupa una interessante questione in tema di rimborsi di imposta a cui è strettamente subordinata la possibilità o meno di opposizione da parte dell'Amministrazione finanziaria alla richiesta del contribuente. In particolare, come già segnalato in premessa i giudici del gravame avevano ritenuto sussistente il diritto al rimborso palesato dalla Spa istante poichè il credito indicato nella dichiarazione dei redditi, ai fini IRPEG relativo al periodo d'imposta 1999, presentata nel 2000, non era stato oggetto, ex ante, da parte dell'ufficio impositore, di alcuna rettifica nei dieci anni successivi rispetto alla presentazione della dichiarazione dei redditi di riferimento; ragion per cui, secondo il Collegio tributario di appello il credito rivendicato dal contribuente oggetto di rimborso si, sarebbe "cristallizzato" e quindi, non più contestabile sia relativamente all'an che nel quantum, rimanendo così preclusa da parte dell'ufficio territorialmente competente ogni possibile contestazione dei fatti dichiarativi ai quali è riconducibile la fondatezza della richiesta di rimborso formalizzata dal contribuente.

Sul punto, la Corte di cassazione adita, al fine di giustificare l'orientamento assunto nella casistica in questione ha ricordato che le Sezioni Unite, risolvendo un precedente contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che «in tema di rimborso di imposte, l'Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l'esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che i rispettivi termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio "quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum"» ( Cass., Sez. Unite. 15 marzo 2016,n. 5069 ).

In altre parole, il principio espresso dalle Sezioni Unite nella pronuncia del 2016 e richiamata dalla Corte di cassazione nel giudicato in commento ha disposto che i limiti temporali posti a carico dell'ufficio impositore circa la tempestività o meno dei controlli effettuati direttamente sulle dichiarazioni dei redditi, possono essere fatti valere solo con riferimento a possibili crediti vantati dall'ufficio, ma, gli stessi non operano con riferimento a possibili situazioni debitorie poste a carico dell'ufficio, come nel caso di specie, considerando che, la SPA ha formalizzato nei confronti dell'ufficio impositore una richiesta di rimborso IRPEG/1999 per un importo complessivo che supera i due milioni di euro.

Con riferimento alla questione in esame i giudici di Palazzaccio hanno precisato altresì che, per quanto una simile posizione giurisprudenziale suscita una certa disarmonia nel sistema in quanto, pur essendo decorso il termine per l'accertamento o meglio per i controlli sulla dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente, l'Amministrazione finanziaria può contestare ugualmente il contenuto di un atto del contribuente solo nel caso in cui tale contestazione consente all'ufficio impositore di evitare il riconoscimento di un debito; tale principio, non opera nel caso in cui la medesima contestazione implica l'affermazione di un credito in favore dell'ufficio.

Tale orientamento giurisprudenziale può comunque dirsi coerente con il principio di diritto disposto espressamente dall'art. 1442, 4 comma, cod. civ. in cui è previsto che il contraente legittimato all'azione di annullamento del contratto può fare valere la causa di annullabilità a titolo di eccezione anche se è evidentemente decorso il termine di prescrizione dell'azione stessa, finalizzata a contrastare l'iniziativa della controparte che lo abbia convenuto per ottenere l'adempimento.

In altre parole, la norma Codicistica, allorquando, ricorre l'esistenza di un vizio che può implicare l'annullamento del contratto sottoscritto tra le parti, dispone comunque la possibilità per il convenuto (obbligato alla esecuzione del contratto) di chiedere l'annullamento del negozio giuridico, sollevando un'apposita eccezione di annullamento del contratto ex art.1442, comma 4 cc che non è soggetta, nel caso di specie, ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento, limitandosi, l'azione civile attivata dal convenuto, a denunziare il vizio, al solo fine di paralizzare la pretesa di controparte.

La ratio della norma appare dunque quella di apprestare un rimedio affinché l'atto viziato, ancorché esistente, stante l'assenza di una istanza di annullamento, non raggiunga pienamente il suo scopo (in tal senso: Cassazione civile, sez. III, sentenza 10/06/2015 n° 12083 cit.)

Proprio in considerazioni delle ragioni espresse dalla stessa Corte di Cassazione in riferimento al principio normativo di cui all'art.1442 comma 4 cc , l'orientamento assunto dai giudici di Palazzaccio nella questione in esame ha portato gli stessi a ritenere legittimo il diniego opposto dall'AdE alla richiesta di rimborso IRPEG così come inoltrata dalla SPA poiché riconducibile, nel caso di specie, ad una situazione debitoria posta a carico dell'ufficio che preclude l'applicazione del termine decadenziale rivendicato dalla società di capitali e avvallato, in sede di gravame, dal collegio tributario di appello.

In considerazione di tale ragionamento, gli Ermellini hanno cassato la sentenza depositata in sede di appello, disponendo il rinvio della questione impositiva al giudice di secondo grado, in diversa composizione.

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*A cura del Prof. Avv. Giuseppe Durante, Professore a contratto in diritto Tributario - Facoltà di Economia Università LUM " G. De Gennaro " Bari – Tributarista - Pubblicista - Partner 24 ORE Avvocati


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