Amministrativo

Dipendenti pubblici: le spese legali vanno rifuse solo se l'innocenza è stata acclarata

Altro requisito è che siano fatti o atti compiuti unicamente nell'interesse dell'ente

di Pietro Alessio Palumbo

Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità. Il Tar Lazio-Roma (sentenza 1253/2022) ha quindi messo in evidenza che il rimborso delle spese connesse ad un giudizio di responsabilità civile o penale nei confronti del dipendente pubblico non può che far carico sull'ente di appartenenza; purché tale giudizio abbia ad oggetto condotte che trovano la loro causa nell'espletamento di attività di servizio o nell'adempimento di compiti d'ufficio; cioè in fatti o atti compiuti unicamente nell'interesse dell'ente.

I requisiti per il rimborso
Il Tar capitolino ha chiarito che in materia di spese legali sostenute dal travet per la propria difesa, il diritto al rimborso presuppone che non vi sia conflitto d'interessi; che quindi la condotta non sia stata il frutto di iniziative autonome, contrarie a doveri o in contrasto con la volontà del datore di lavoro statale. Il contributo da parte dell'ente pubblico alle spese per la difesa del proprio dipendente presuppone l'esistenza di uno specifico interesse che è ravvisabile laddove l'attività si ponga in diretta connessione con il fine pubblico istituzionale e sussista un inequivoco nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto in questione. In altre parole il diritto al rimborso delle spese legali costituisce manifestazione del principio generale di difesa, volto da un lato a tutelare l'interesse personale del dipendente, dall'altro l'immagine della stessa amministrazione per conto di cui il funzionario abbia agito. A tali fini nei procedimenti civili e penali connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti di ufficio, l'ente si accolla ogni onere di difesa facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento; evidentemente a tutela anche dei propri interessi. Deriva che presupposto di operatività di detta garanzia è l'insussistenza di un conflitto di interessi "genetico" ovvero originario, che permane anche in caso di successiva assoluzione del dipendente. Il rimborso si applica quando per la condotta oggetto del giudizio sia ravvisabile il cosiddetto "nesso di immedesimazione organica". Peraltro, per fare tali apprezzamenti e valutazioni non basta che l'amministrazione venga a conoscenza della vicenda giudiziaria solo a sua conclusione, benché frattanto ne abbia avuto notizie di mero fatto. La disciplina dei rimborsi in parola è di stretta applicazione: si applica quando il dipendente sia stato coinvolto nel processo per aver svolto il proprio lavoro; cioè quando si sia trattato di assolvimento di obblighi istituzionali e vi sia un rapporto di strumentalità tra l'adempimento del dovere ed il compimento dell'atto o del comportamento - e dunque quando l'assolvimento "diligente" dei compiti lo richiedeva specificamente; in altre parole quando il dipendente statale, pur innocente, sia stato costretto a difendersi in ragione del suo status e non anche quando la condotta oggetto della contestazione sia stata posta in essere semplicemente "in occasione" dell'attività lavorativa o quando sia di per sé meritevole di una sanzione disciplinare.

L'esclusione di responsabilità
Quanto alla pronuncia definitiva sull'esclusione della responsabilità del dipendente qualora si tratti di una sentenza penale, si deve trattare di un accertamento di assenza di responsabilità, e anche quando il giudice abbia pronunciato sentenza di assoluzione per insufficiente o contraddittoria prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile. Diversamente il rimborso non può essere invocato quando il proscioglimento sia dipeso da ragioni diverse dall'assenza di responsabilità; cioè quando sia stato disposto a seguito dell'estinzione del reato, ad esempio per prescrizione, o quando vi sia stato un proscioglimento per ragioni processuali. Gli atti di cui si discute sono sindacabili in sede di giurisdizione di legittimità, limitatamente ai vizi di errore di fatto, illogicità, carenza di motivazione, incoerenza, irrazionalità e per violazione delle norme di settore. E tutto ciò con l'ulteriore necessaria precisazione che, qualora il diniego totale o parziale di rimborso risulti illegittimo, il suo annullamento comporta l'obbligo per l'amministrazione di pronunciarsi nuovamente sulla questione, in sede di emanazione degli atti ulteriori. Non sussiste certo potere del giudice di definire autonomamente la controversia.

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