Corte Ue: in Italia tempi troppo stretti per l’istruttoria Antitrust
Per i giudici europei interpellati a seguito di due infrazioni (Trenitalia e Caronte & Tourist), il termine di 90 giorni per avviare l’istruttoria comporta un rischio sistemico di impunità
Tempi troppo stretti per gli accertamenti Antitrust. Secondo la Corte Ue, sentenza nelle cause C-510/23 Trenitalia (IT) e C-511/23 Caronte & Tourist (IT), gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica commerciale sleale, da un lato, impone di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento entro un termine di 90 giorni dalla conoscenza degli elementi essenziali della violazione, e, dall’altro, ne sanziona l’inosservanza con l’annullamento integrale del provvedimento finale, nonché con la decadenza dal potere di avviare una nuova procedura d’infrazione riguardante la stessa pratica.
Secondo la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, afferma il Tar Lazio in qualità di giudice rimettente, i procedimenti condotti dall’AGCM in materia di tutela dei consumatori sono soggetti al rispetto dell’articolo 14 della legge n. 689/81 in forza del quale l’Autorità, a pena di decadenza dal suo potere sanzionatorio, è tenuta ad avviare la fase istruttoria entro tre mesi.
Secondo i giudici di Lussemburgo però tale previsione comporta un rischio sistemico di impunità e di lesione all’indipendenza dell’autorità garante.
Due i casi all’origine dell’orientamento della Corte. Il primo (causa C-510/23) partiva da segnalazioni, tra il 2011 e il 2016, all’Agcm sulle modalità di vendita dei biglietti ferroviari Trenitalia S.p.A.. Nel luglio 2017, l’Autorità ha accertato una pratica commerciale scorretta consistente nell’omissione dal sistema di ricerca e di acquisto di biglietti dei risultati relativi ai treni regionali più economici ed ha sanzionato la società per 5 milioni di euro.
L’altro caso riguarda la Caronte & Tourist (C-511/23) e parte dalla segnalazione di un consumatore per il costo eccessivo dei biglietti dei traghetti nello stretto di Messina. Nel 2022, l’Autorità, constatato un abuso di posizione dominante, ha irrogato alla compagnia una sanzione di oltre 3 milioni di euro. Entrambe le società hanno impugnato i provvedimenti sostenendo la violazione del termine perentorio di 90 giorni.
A questo punto, il Tar del Lazio ha chiesto alla Cgue se tale termine decadenziale di novanta giorni sia compatibile con il diritto dell’Unione. Con le sentenze depositate oggi, la Corte ha fornito risposta negativa. La Corte ha spiegato che, in primo luogo, la normativa nazionale rischia di ledere all’indipendenza operativa dell’Agcm. Infatti, le autorità nazionali devono poter esercitare un grado di discrezionalità nelle indagini, nel collaborare nell’ambito della rete europea e nell’adottare decisioni. Per esempio, attribuendo gradi di precedenza alle denunce ricevute, valutando se l’avvio della fase istruttoria sia giustificato e, in caso, scegliendo il momento più opportuno.
In secondo luogo, la Corte spiega che la normativa nazionale comporta un rischio sistemico di impunità impedendo l’irrogazione di sanzioni effettive e dissuasive nella misura in cui sanziona l’inosservanza del termine con l’annullamento integrale della decisione e con l’impossibilità di avviare una nuova procedura d’infrazione relativa alla stessa pratica. Tenendo conto dell’elevata complessità dei casi in materia di concorrenza e di tutela dei consumatori, la normativa rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione delle norme che è il suo scopo implementare, risultando conseguentemente non conforme al principio di effettività.