Immobili

Sopraelevazioni e piscine condominiali, fa fede il Regolamento

La Cassazione, ordinanza nn. 10361 e 10374 depositate oggi, fa il punto sulla cogenza dei regolamenti condominiali rispetto alla possibilità di modificare il prospetto e con riguardo alle spese di gestione dei beni comuni

di Francesco Machina Grifeo

Con due decisioni depositate oggi, la Cassazione torna sul carattere vincolante del regolamento condominiale per affermare, nel primo caso, l’obbligo del proprietario di concorrere alle spese della piscina di un complesso residenziale qualificata come “bene comune”; nel secondo, l’impossibilità di costruire una tettoia sulla terrazza dell’ultimo piano, considerato che il regolamento vietava di apportare modifiche al prospetto dell’edificio.

Per la Suprema corte, ordinanza n. 10361/2025, dunque, se la piscina ha natura condominiale, in quanto il Regolamento la inserisce tra le parti comuni, il singolo proprietario è tenuto a sopportare le spese di manutenzione e di ristrutturazione decise dall’assemblea, nulla contando il fatto che lo specchio d’acqua è distante dalla sua abitazione.

Sono state così confermate le pronunce del Tribunale di Civitavecchia e dalla Corte d’Appello di Roma che aveva riconosciuto la natura condominiale della piscina, “in quanto individuata come tale nel regolamento condominiale e ritenuta bene privo di una sua autonomia e quindi pertinenza della proprietà condominiale, con conseguente ripartizione, anche nei confronti dell’appellante, delle spese di manutenzione e godimento della stessa”.

Secondo la Cassazione correttamente la sentenza impugnata, una volta riscontrata l’avvenuta trascrizione del regolamento di condominio, con l’indicazione della piscina tra i beni comuni, ha rigettato la censura del ricorrente, e cioè il rifiuto di concorre alle spese, ravvisando in capo al medesimo la qualità di comproprietario.

La forza vincolante del Regolamento condominiale torna anche nella ordinanza n. 10374 sempre di oggi, con cui la Cassazione ha accolto il ricorso di due condomini contro un terzo che aveva costruito una sopraelevazione all’ultimo piano in violazione dell’articolo 21 del suddetto regolamento che vietava ogni modifica al prospetto.

In primo grado, il Tribunale aveva ordinato la rimozione della struttura in legno lamellare, tipo chalet, realizzata sul terrazzo all’ultimo livello dello stabile, con appoggio a un muro e a una canna fumaria modificata. La Corte di appello però aveva ribaltato la decisione ritenendo non dimostrata la natura contrattuale del regolamento condominiale “idoneo ad imporre limitazioni alla proprietà esclusiva dei singoli condomini”.

Di diverso avviso la Suprema corte che ricorda come il regolamento condominiale contrattuale “non è una scrittura privata che debba recare una data e la sottoscrizione dell’autore, ben potendo consistere in una scheda non datata e non sottoscritta dal costruttore, o dall’originario unico proprietario, che l’abbiano predisposto, purché sia accettato dai condomini con l’atto di acquisto dei rispettivi immobili condominiali, che permettono certamente di attribuire al regolamento condominiale contrattuale accettato una data certa anteriore all’atto di acquisto del singolo immobile condominiale”.

Tornando al caso specifico, la Suprema corte osserva che il regolamento era stato espressamente richiamato nell’atto di acquisto della condomina convenuta; che la condomina non lo aveva contestato nel giudizio di primo grado e che le copie prodotte non furono disconosciute. Ragion per cui in base al principio di non contestazione, il regolamento doveva ritenersi provato e vincolante.

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