Penale

Abusi edilizi, il dirigente comunale deve denunciare quando c'è certezza della violazione

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di Andrea Alberto Moramarco

Non commette il delitto di omessa denuncia, ex articolo 361 c.p., il dipendente comunale che, in occasione di un sopralluogo si accorga di possibili abusi edilizi realizzati dal proprietario dell'area e non denunci il fatto immediatamente all'Autorità giudiziaria, rimandando la trasmissione della notizia di reato in Procura all'esito di ulteriori e più accurate verifiche circa l'esistenza di illeciti. Il momento iniziale dell'insorgenza dell'obbligo di denuncia, infatti, decorre da quando vi siano elementi chiari e sufficienti in merito a una violazione urbanistico-edilizia da parte di un cittadino, tenuto altresì conto delle tempistiche e delle procedure dell'ufficio pubblico competente. Questo è quanto afferma il Tribunale di Spoleto nella sentenza datata lo scorso 24 luglio.

I fatti - La vicenda prende le mosse da un sopralluogo effettuato dal responsabile dell'area edilizia e urbanistica di un Comune umbro di poco più di 3 mila abitanti, assieme alla locale Polizia municipale, presso il terreno di proprietà di un cittadino.

Tale controllo, avente carattere igienico-sanitario, era finalizzato a verificare il rispetto di una ordinanza comunale, emanata per contrastare il degrado ambientale dell'area urbana comunale, e giustificato dalle numerose lamentele di diversi abitanti circa i cattivi odori provenienti dai manufatti posti nel giardino dell'abitazione.

In tale occasione, inoltre, furono scattate delle fotografie per approfondire valutazioni su eventuali abusi edilizi non riscontrati nell'immediatezza. Dopo due mesi, poi, a seguito di specifica e più approfondita ispezione, si registrava l'esistenza di alcune opere realizzate abusivamente, sicché due giorni dopo veniva avviato un procedimento amministrativo a carico del proprietario del terreno per gli illeciti edilizi da questi realizzati, nonché veniva inviata, da parte del responsabile dell'intera area tecnica del Comune, una nota alla Procura per gli eventuali risvolti penali della vicenda.

A questo punto, però, i due dipendenti comunali, ovvero il responsabile dell'area edilizia e urbanistica che aveva partecipato ai due sopralluoghi e il dirigente responsabile che aveva inviato la nota in Procura, venivano tratti a giudizio per rispondere del delitto di “omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”, previsto dall'articolo 361 c.p.

In sostanza, secondo l'accusa, i due dipendenti avrebbero colpevolmente ritardato nel denunciare all'Autorità giudiziaria la realizzazione delle opere edilizie abusive, suscettibili di integrare il reato ex articolo 44 del Dpr 380/2001, t.u. in materia edilizia. A difesa degli imputati, poi, si schierava lo stesso Sindaco del comune, per il quale un eventuale e penalmente rilevante ritardo nella denuncia sarebbe addebitabile alla carenza nell'organico, ai tempi lunghi di evasione delle istruttorie, oltre che alla precedenza accordata alle questioni più gravi e urgenti legate anche agli eventi sismici che hanno colpito il territorio.

La decisione - Il Tribunale smonta però senza mezzi termini la tesi accusatoria e assolve i due imputati per insussistenza del fatto. Per il giudice umbro, infatti, la condotta dei due dipendenti comunali non può integrare gli estremi del reato di omessa denuncia, in quanto il momento iniziale dell'insorgenza dell'obbligo di denuncia non può coincidere, come erroneamente presupposto dal Pm, nel primo sopralluogo. Da tale controllo, diretto ad altri fini, erano emersi indizi circa la realizzazione di opere abusive, il cui riscontro concreto negli elementi costitutivi è avvenuto solo con il secondo e mirato sopralluogo. Non può pertanto esserci ritardo nella denuncia, chiosa il Tribunale, «atteso che nessun reato era stato accertato nel corso del primo sopralluogo».

A ogni modo, prosegue il giudice, alla stessa conclusione si deve pervenire pur ritenendo il primo sopralluogo quale termine iniziale dell'obbligo di denuncia . Difatti, l'articolo 361 c.p. non prevede un termine preciso «violato il quale si possa ritenere integrato un ritardo», spettando «pur sempre all'interprete stabilire se, nel caso concreto, la denuncia del reato sia stata indebitamente protratta dal pubblico ufficiale», sul presupposto che il ritardo è penalmente rilevante «solo se la dilazione è tale da incidere negativamente sulla pronta persecuzione del reato, ovvero quando viene preclusa qualsiasi iniziativa al pubblico ministero».

In definitiva, conclude il Tribunale, i due dipendenti hanno denunciato il reato riscontrato non appena hanno avuto modo di farlo, «tenuto conto delle esigenze dei carichi di lavoro dell'ufficio pubblico presso cui erano impiegati».

Tribunale di Spoleto – Sezione penale – Sentenza 24 luglio 2018 n. 206

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