Accesso agli atti adottati in seduta riservata se il regolamento comunale non lo vieta
Un Comune non può negare l'accesso agli atti a persona direttamente interessata perché sono stati adottati in seduta riservata. Soprattutto se il regolamento dell'ente non preveda regole che possano giustificare il diniego. Lo ha deciso il Tar di Milano con la sentenza n. 1409/2017.
Il ricorrente, un ex dipendente comunale, ha proposto ricorso contro il diniego del Comune alla richiesta di accesso agli atti della commissione d'indagine istituita dal consiglio comunale sulla propria nomina a dirigente dell'ente. Le deliberazioni comunali erano state pubblicate sul sito dell'ente ma la relazione della commissione d'indagine, con il verbale della deliberazione, risultavano omessi in quanto “trattasi di seduta segreta”.
Costante giurisprudenza e il quadro normativo di riferimento consentono agevolmente al Tar di affermare che qualora l'accesso ai documenti amministrativi sia motivato dalla cura o la difesa di propri interessi giuridici, esso prevale sull'esigenza di riservatezza dei terzi. L'articolo 22, comma 3, della legge 241/1990 stabilisce che tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6, riservando così alla legge la disciplina della segretezza documentale. A sua volta l'articolo 24 prevede che l'accesso è escluso nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge e dal regolamento governativo di cui al comma 6 mentre all'amministrazione compete, ai sensi del comma 2, di individuare gli atti coperti da segreto, secondo le norme di legge che lo prevedono.
Tra i casi di segreto espressamente previsti dall'ordinamento non rientrano le opinioni espresse e i voti dati dai consiglieri comunali nell'esercizio delle loro funzioni e non ostano motivi di riservatezza in merito alla condotta della persona oggetto dell'attività di indagine da parte del consiglio comunale, in quanto è il richiedente l'accesso. Né d'altro canto l'attività d'indagine del consiglio comunale, volta a far valere una responsabilità politica, ha le stesse garanzie delle indagini penali della polizia e della magistratura. Neppure eventuali testimonianze di impiegati comunali possono essere secretate in quanto attinenti ad attività amministrativa. Infatti il segreto d'ufficio, cioè l'obbligo di non comunicare all'esterno dell'amministrazione notizie o informazioni di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni, ovvero che riguardino l'attività amministrativa in corso di svolgimento o già conclusa, non può prevalere sul diritto.
A tutto ciò – per tornare al caso di specie - si aggiunge che dalla lettura delle norme regolamentari comunali non si ricava in via diretta che gli atti della seduta segreta siano automaticamente sottratti all'accesso, atteso che è stabilita soltanto la non pubblicità della seduta.
Tar Lombardia - Sezione III - Sentenza 22 giugno 2017 n. 1409