Penale

Accesso dei collaboratori di giustizia ai benefici penitenziari

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Collaboratori di giustizia - Benefici penitenziari - Misura della detenzione domiciliare - Istanza - Valutazione - Giudizio prognostico.
Ai fini dell'applicazione della misura della detenzione domiciliare al collaboratore di giustizia, pur in presenza dell'apporto collaborativo con l'autorità giudiziaria le irregolarità comportamentali caratterizzate anche dal persistere di frequentazioni con determinati soggetti non consentono la formulazione di un giudizio prognostico positivo in ordine al definitivo distacco da logiche criminali ed alla conformità dei futuri comportamenti. [Nel caso in esame il Tribunale di sorveglianza ha rigettato l'istanza avanzata dal collaboratore di giustizia nonostante il parere favorevole espresso dalla Direzione distrettuale antimafia].
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 19 giugno 2019 n. 27332

Istituti di prevenzione e di pena (ordinamento penitenziario) - Benefici penitenziari - Collaboratori di giustizia - Ravvedimento - Presenza di elementi positivi di prova - Necessità - Fattispecie.
Ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del "ravvedimento" previsto dall'art. 16-nonies, comma 3, del d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell'avvenuta collaborazione e dell'assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori e specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l'effettiva sussistenza. (In applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso avverso l'ordinanza di diniego del beneficio della detenzione domiciliare con cui il tribunale di sorveglianza aveva rilevato che il pesante passato criminale del ricorrente, le pregresse violazioni del regime degli arresti domiciliari, nonché i comportamenti intimidatori in costanza di detenzione, anche successivamente all'intrapresa collaborazione, non consentivano di valutare il recente miglioramento della condotta intramuraria quale indice di pieno ed irreversibile ravvedimento).
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 1° ottobre 2018 n. 43256

Istituti di prevenzione e di pena (ordinamento penitenziario) - Liberazione anticipata speciale - Presupposti - Status di collaboratore di giustizia - Presunzione automatica del "ravvedimento" - Esclusione.
Ai fini della concessione della liberazione anticipata speciale, introdotta dall'art. 4, D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, così come modificato dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, la condizione di collaboratore di giustizia non comporta alcun automatismo favorevole al condannato, in presenza o meno dei reati ostativi previsti dall'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, essendo sempre necessario l'accertamento, da parte del Tribunale di sorveglianza, del requisito del "ravvedimento", che presuppone una convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e la formulazione, quanto meno in termini di elevata e qualificata probabilità, di un giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita alle regole dettate dall'ordinamento.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 20 luglio 2015 n. 31421

Istituti di prevenzione e di pena (ordinamento penitenziario) - Benefici penitenziari - Collaboratori di giustizia - Ravvedimento - Presenza di elementi positivi di prova - Necessità - Fattispecie.
In tema di concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, la condizione del "ravvedimento" ex articolo 16-nonies, comma terzo, D.L. n. 8/1991, conv. in L. n. 82/1991, non può dirsi realizzata sulla sola base dell'avvenuta collaborazione e della mancanza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma postula la presenza di ulteriori, specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l'effettiva sussistenza. (Fattispecie in cui era stata respinta la richiesta di detenzione domiciliare, ritenendo dimostrativa della mancanza di un autentico ravvedimento la condotta del condannato "collaboratore di giustizia", cui era stata poco tempo prima revocata la medesima misura, per essersi allontanato ingiustificatamente dalla propria abitazione rendendosi di fatto irrintracciabile).
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 5 dicembre 2013 n. 48891

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