Comunitario e Internazionale

Accordo quadro con l'UE: Il peggiore di due mondi per la Svizzera

Alla fine del 2018, l'UE e la Svizzera hanno completato il progetto di un «accordo quadro», destinato a creare una sovrastruttura istituzionale dei più importanti accordi bilaterali tra le due Parti contraenti.

di Carl Baudenbacher*


Alla fine del 2018, l'UE e la Svizzera hanno completato il progetto di un «accordo quadro», destinato a creare una sovrastruttura istituzionale dei più importanti accordi bilaterali tra le due Parti contraenti. Il Governo svizzero, il Consiglio federale, è generalmente di parere positivo sull'accordo, ma non ha ancora dato la sua approvazione. Le multinazionali premono per la firma, ma sono sempre più numerose le voci, nel mondo degli affari e della politica, che rifiutano l'accordo come «diseguale».

L'UE divide gli Stati non membri, ad eccezione dei paesi candidati all'adesione all'UE, in due categorie: La prima è costituita dai tre Stati EFTA membri dello Spazio Economico Europeo, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, più la Svizzera, anch'essa Sato membro dell'EFTA ma non dello Spazio Economico Europea. Islanda, Liechtenstein e Norvegia sono gli Stati che hanno i legami più stretti con l'UE. Adottano, secondo le modalità proprie dei singoli ordinamenti nazionali, il diritto del mercato interno dell'UE in modo dinamico e hanno voce in capitolo nella sua definizione. La loro industria ha il più ampio accesso al mercato interno.

Il vantaggio decisivo di questi tre Stati è quello di avere una propria autorità di sorveglianza e un proprio tribunale, la Corte EFTA. La Commissione UE non può intentare alcun azione legale contro di loro dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE e l'Autorità di sorveglianza EFTA è riluttante ad adire la Corte EFTA. Finora la Svizzera ha perseguito un approccio settoriale e privo di apparato istituzionale. La sua industria ha accesso al mercato interno solo in alcuni settori. La Svizzera non è soggetta ad alcuna sorveglianza sovranazionale o tribunale sovranazionale (ad eccezione di quanto previsto dall'Accordo sul trasporto aereo).
Islanda, Liechtenstein e Norvegia versano i cosiddetti contributi di coesione in cambio dell'accesso al mercato interno. Anche la Svizzera ha fornito tale contributo su base volontaria e da anni è sotto pressione per effettuare ulteriori pagamenti.

La seconda categoria di Stati non membri è costituita dai cosiddetti «Paesi vicini». Si tratta, da un lato, degli Stati orientali di Ucraina, Moldavia, Georgia, Bielorussia, Armenia e Azerbaigian e, dall'altro, degli Stati del Mediterraneo meridionale, Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Siria e Tunisia. Storicamente, la differenza principale tra i partner orientali e meridionali è che questi ultimi sono stati colonizzati dalle potenze europee, di fatto, anche dopo la creazione della CEE. Oggi, i partner orientali (teoricamente) hanno una prospettiva di appartenenza all'UE. Per i partner del sud le cose stanno diversamente. Nel 1987, infatti, la domanda di adesione del Marocco è stata respinta con la motivazione che non si trattava di un Paese europeo.

L'UE ha concluso accordi di associazione con l'Ucraina, la Georgia, la Moldova e l'Armenia. In base a questi accordi, questi paesi stanno avvicinando la loro legislazione al diritto comunitario in settori importanti e le loro undustrie hanno un accesso parziale al mercato interno. In caso di conflitti, un «tribunale arbitrale» è munito di una giurisdizione che potremmo definire « pro forma ». Ciò in quanto, ogni volta che vengano in rilievo il diritto dell'UE o regole degli accordi basati sul diritto dell'UE, il «tribunale arbitrale» è tenuto a richiedere alla Corte di giustizia dell'UE una pronuncia avente per esso carattere vincolante.

Poiché la Commissione UE può quindi sempre ricorrere alla propria Corte di giustizia, essa è di fatto l'autorità di controllo degli Stati menzionati. La stessa struttura è prevista per i futuri accordi con gli Stati del Sud del Mediterraneo. Se quest'ultimi, con l'esperienza del colonialismo da un lato e la mancanza di prospettive di adesione a priori, dall'altro, vorranno accettere il c.d. meccanismo ucraino è comunque questione tutta da discuteree. Gli Stati limitrofi orientali e meridionali non versano, ovviamente, contributi di coesione. Essi ricevono invece aiuti finanziari dall'UE.

La relegazione della Svizzera
L'Accordo quadro relegherebbe la Svizzera dalla prima alla seconda categoria di Stati non membri in campo istituzionale. Questo darebbe alla Svizzera il peggio di entrambi i sistemi. Sebbene l'adozione dinamica del diritto UE sia, di per sé, un elemento caratterizzante la prima categoria di Stati, esso si collocherebbe in un contesto che si muoverebbe chiaramente verso la seconda. Come gli «Stati confinanti» orientali, ossia tutte repubbliche post-sovietiche, la Svizzera sarebbe soggetta, di fatto, al controllo dell'organo di sorveglianza della controparte, la Commissione UE, e alla giurisdizione del Tribunale della controparte, la Corte di giustizia dell'UE. Ma, a differenza degli «Stati confinanti», dovrebbe anche effettuare pagamenti di coesione. Il suo Trattato più importante tra quelli stipulati con l'UE, l'Accordo di libero scambio del 1972, secondo la volontà delle Parti, in futuro, sarà anche esso soggetto al c.d. meccanismo ucraino. E infine, l'accordo quadro sarebbe praticamente irrevocabile a causa del meccanismo della cosiddetta «superguillotina», secondo la quale anche tutti i trattati sotto il suo controllo decadrebbero al suo termine.

L'unica considerazione dell'UE sconsisterebbe in una mera dichiarazione d'intenti: l'UE si dice disposta a concludere nuovi accordi di accesso al mercato interno con la Svizzera; accordi che sarebbero però soggetti comunque al c-d. mechanismo ucraino. A ciò si aggiunge la speranza che l'UE si astenga in futuro da punizioni arbitrarie come il rifiuto dell'equivalenza della borsa Svizzera.

L'accordo quadro ha quindi tutte le caratteristiche di un «trattato diseguale». Ne hanno preso atto anche gli osservatori informati in certi Stati UE, nella Gran Bretagna e in altri Stati dell'EFTA. Il Governo svizzero afferma di aver raggiunto l'80% di quanto voleva ottenere nel corso dei negoziati. Si pone, quindi, la questione di sapere cosa il Governo svizzero volesse ottenere.


* Prof. Dr. iur. Dr. rer. pol. h.c., Consulente indipendente e arbitro, Monckton Chambers, Londra, Visiting Professor LSE, ex presidente della Corte EFTA.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©