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AI Act: Europa, leader mondiale nello sviluppo di un’intelligenza artificiale affidabile ed etica

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di Elisa Chizzola

Manca poco. A breve è attesa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue del nuovo Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale (cd. “AI Act”), approvato dal Parlamento europeo, nella sua versione definitiva, il 13 marzo scorso.

l’AI Act rappresenta la normativa più avanzata al mondo in materia di intelligenza artificiale e sarà pienamente efficace negli Stati membri dell’Unione europea decorsi due anni dalla pubblicazione in GUUE.

Tuttavia, a prescindere dalla precisa tempistica di applicazione, è possibile che enti e società decidano di applicare, in concreto, le nuove disposizioni fin da subito.

Le nuove regole unionali avranno un forte impatto non solo su sviluppatori e fornitori di modelli di intelligenza artificiale ma anche, in generale, su aziende, enti, lavoratori e professionisti.

Obiettivi e definizione (statica e dinamica) dei sistemi di AI

L’obiettivo del Legislatore europeo è quello di istituire regole armonizzate in materia di intelligenza artificiale per promuovere lo sviluppo, l’uso e l’adozione di modelli di AI nel mercato interno, garantendo nel contempo un elevato livello di protezione degli interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza e la protezione dei diritti fondamentali, prerogative e diritti anch’essi riconosciuti e tutelati dal diritto dell’Unione.

Non solo. In questo settore l’Europa ha l’ambizione di porsi come leader mondiale nello sviluppo di un’intelligenza artificiale sicura, affidabile ed etica.

Si comincia a parlare di “ eccellenza normativa europea ” e questo viene confermato dallo sforzo di definire, per la prima volta a livello mondiale, la nozione di “sistema di intelligenza artificiale: un software sviluppato con una o più delle tecniche e degli approcci (elencati nell’allegato I allo stesso AI Act) che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono.

Senza voler entrare eccessivamente nelle definizioni tecniche, si evidenzia che l’Allegato I fa riferimento a tre tipologie di “ tecniche e approcci di intelligenza artificiale ”:

a) approcci di apprendimento automatico, compresi l’apprendimento supervisionato, l’apprendimento non supervisionato e l’apprendimento per rinforzo, con utilizzo di un’ampia gamma di metodi, tra cui l’apprendimento profondo (deep learning);

b) approcci basati sulla logica e approcci basati sulla conoscenza, compresi la rappresentazione della conoscenza, la programmazione induttiva (logica), le basi di conoscenze, i motori inferenziali e deduttivi, il ragionamento (simbolico) e i sistemi esperti;

c) approcci statistici, stima bayesiana, metodi di ricerca e ottimizzazione.

La nozione di sistema di IA è così definita in maniera chiara al fine di garantire la certezza del diritto. Tuttavia, il Legislatore europeo vuole garantire, parallelamente, un certo grado di flessibilità” del concetto, necessario per adeguarlo ai continui e futuri sviluppi tecnologici.

Si tratta, infatti, di una definizione basata sulle principali caratteristiche funzionali del software, in particolare sulla capacità, come detto, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, di generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano l’ambiente con cui il sistema interagisce, tanto in una dimensione fisica quanto in una dimensione digitale.

I sistemi di IA possono essere progettati per funzionare con livelli di autonomia variabili e per essere utilizzati come elementi indipendenti (stand-alone) o come componenti di un prodotto, a prescindere dal fatto che il sistema sia fisicamente incorporato nel prodotto (integrato) o assista la funzionalità del prodotto senza esservi incorporato (non integrato).

La “ dinamicità ” del concetto, che, appunto, deve inevitabilmente adeguarsi nel tempo alle evoluzioni digitali e tecnologiche, è garantito dal fatto che alla Commissione europea è conferito il potere di adottare atti delegati al fine di modificare l’elenco delle tecniche e degli approcci, sopra descritti, di cui all’allegato I.

Vantaggi e svataggi/rischi dei sistemi di AI

È chiaro come l’intelligenza artificiale consista in una famiglia di tecnologie in rapida evoluzione che può contribuire al conseguimento di un’ampia gamma di benefici a livello economico e sociale nell’intero spettro delle attività economiche, industriali e sociali.

L’AI Act, infatti, persegue, come sopra specificato, il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti dall’Ue, e, al tempo stesso, mira a garantire la libera circolazione transfrontaliera di beni e servizi basati sull’IA, impedendo così agli Stati membri di imporre restrizioni allo sviluppo, alla commercializzazione e all’uso di sistemi di IA, salvo espressa autorizzazione del Regolamento europeo stesso.

Questo, naturalmente, se si considerano i vantaggi insiti nei sistemi di AI, in quanto l’uso dell’intelligenza artificiale garantisce un miglioramento delle previsioni, l’ottimizzazione delle operazioni e dell’assegnazione delle risorse e la personalizzazione delle soluzioni digitali disponibili per i singoli e le organizzazioni. In questo senso, l’AI può fornire vantaggi competitivi fondamentali alle imprese e condurre a risultati vantaggiosi sul piano sociale ed ambientale, ad esempio in materia di assistenza sanitaria, agricoltura, istruzione e formazione, gestione delle infrastrutture, energia, trasporti e logistica, servizi pubblici, sicurezza, giustizia, efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse, mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi.

Tuttavia, parallelamente a tali indiscutibili prerogative, i sistemi di AI portano con sé, potremmo dire, fisiologicamente, anche notevoli rischi e potenziali pregiudizi, sia materiali che immateriali, in quanto possono porsi in contrasto con altri interessi e diritti riconosciuti dall’Ue. Pensiamo, in primis, al rapporto con il diritto alla riservatezza e al mondo della protezione dei dati personali, fondamentale diritto garantito, a livello di normativa unionale, dal GDPR. Questo perché i sistemi di AI per funzionare sono alimentati da un enorme quantità di dati e se tali dati rientrano nella categoria di “dati personali”, ecco che il tema dell’AI impatta notevolmente ed inevitabilmente con il mondo privacy.

AI Act: un approccio basato sul rischio

Il Legislatore europeo concepisce e differenzia le prescrizioni a seconda della rischiosità dei sistemi , valorizzando un approccio basato sul rischio: tanto maggiore è il rischio, quanto più rigorose sono le regole da rispettare.

L’AI Act prevede, infatti, un sistema di classificazione dei sistemi di intelligenza artificiale:

• sistemi di AI vietati perché implicano un rischio inaccettabile (a titolo esemplificativo, sono vietati i sistemi di AI che sfruttano la manipolazione comportamentale cognitiva e il riconoscimento delle emozioni in determinati ambiti, le pratiche di cd. “ social scoring ” che valutano il comportamento dei soggetti attraverso parametri online e offline assegnando un “ punteggio sociale ” in base ai loro comportamenti individuali);

• sistemi di AI ad alto rischio che si possono effettuare a condizione che siano soddisfatti tutti i requisiti definiti dall’AI Act stesso, condizioni che rinviano al concetto di “ valutazione di conformità ”;

• sistemi di AI a rischio basso/minimo.

In estrema sintesi, si può dire che ora l’intelligenza artificiale generativa (anche quella “di base”, vale a dire non a rischio sistemico) costituisce un’ “eccezione” e, per essere utilizzata, è subordinata al rispetto di determinate prescrizioni.

In Italia: recente disegno di legge sull’AI

Per completezza, sul versante del panorama giuridico italiano, si sottolinea che il 23 aprile scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge per l’introduzione di disposizioni e per la delega al Governo in materia di intelligenza artificiale.

Il nuovo impianto normativo conferma una visione “ umano-centrica ” cui tende l’ordinamento italiano nell’interpretazione e nell’utilizzo di sistemi e di modelli innovativi di AI.

Tale disegno di legge non si sovrappone all’AI Act, ma ne accompagna il quadro regolatorio in quegli spazi propri del diritto interno.

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