Civile

Alle Sezioni unite crediti inesistenti e non spettanti

Dubbi sulla rilevanza ai fini della sanzione della differenza tra tipologie: l’ordinanza 3784 chiama a pronunciarsi il consesso collegiale

di Laura Ambrosi

Saranno le Sezioni Unite a stabilire in che modo la distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti rileva ai fini sanzionatori. A rinviare la questione all’alto consesso è la Sezione tributaria con l’ordinanza interlocutoria n. 3784 depositata mercoledì 8 febbraio.

La Suprema Corte, in relazione ad una controversia sulla contestazione di crediti considerati dall’Ufficio inesistenti, ha rilevato una differenza tra le due tipologie di violazioni ai fini della sanzione (articolo 13 del Dlgs. 471/97 e successive modificazioni)

Più precisamente, per il credito inesistente (comma 5 articolo 13) manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e l’inesistenza non è riscontrabile mediante controlli automatizzati (articolo 36 bis e 36 ter del Dpr 600/73 e articolo 54-bis del Dpr 633/72).

Conseguono due diverse sanzioni:

- per il credito non spettante il 30% del credito utilizzato;

- per i crediti inesistenti dal 100 al 200% del credito.

Ai fini dei termini di accertamento, l’atto di recupero di crediti inesistenti deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. La giurisprudenza ha assunto orientamenti contrastanti.

Secondo un “orientamento tradizionale” (Cassazione 10112 e 19237/2017; n. 24093/2020; Cassazione 354/2021) non esiste distinzione tra credito non spettante e inesistente ai fini dei termini decadenziali (ritenendo sempre operanti gli otto anni).

Più recentemente (n. 34443; 34444 e 34445 del 2021) i giudici di legittimità hanno invece ritenuto il credito “inesistente” quando manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente) e quando tale mancanza non sia evincibile dai controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente o in possesso dell’anagrafe tributaria.

Anche la Cassazione penale (ordinanza 7615/22), ha richiamato espressamente la definizione di credito inesistente contenuta nelle pronunce “gemelle” ed ha rilevato che la diversità delle due ipotesi (non spettante, inesistente) incide anche sull’elemento soggettivo. L’inesistenza del credito costituisce di per sé, salva prova contraria, un indice rilevatore della coscienza e volontà del contribuente di creare una posta creditoria artificiosa, mentre per i crediti “non spettanti” occorre provare la consapevolezza che non siano utilizzabili.

Sui termini decadenziali, da differenziare o meno in base alla tipologia di credito, sono già state interessate le Sezioni unite (ordinanza interlocutoria 35536/2022) per sanare la divergente interpretazione.

Secondo la nuova ordinanza, si rende ora necessario comprendere anche la rilevanza ai fini sanzionatori della distinzione tra le due tipologie di credito (inesistente/non spettante). Da qui il rinvio all’alto consesso.

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