Anche il cane può entrare nel parco dei bambini però col "sacchetto"
Per il Tar Campania l'ordinanza dell'ente può risultare eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone
Secondo il Tar Campania-Napoli (sentenza n.6173/2022) l'ordinanza sindacale che rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree ricomprese nel centro storico cittadino ovvero nei parchi cittadini dedicati all’intrattenimento ludico dei bambini - pur se in ragione delle meritevoli ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni – può risultare eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è in tal modo posta in violazione dei principi, inderogabili, di adeguatezza e proporzionalità.
La vicenda all’esame del Tar Campania
Nella vicenda affrontata dal Tar partenopeo una associazione aveva impugnato l'ordinanza adottata dall’ente per aver disposto il divieto per i proprietari e detentori di cani, di accedere nei vicoli ricompresi nel perimetro urbano del centro storico, di transitare lungo la pista pedonale, nonché di condurre i cani, ancorché accompagnati, nelle aree dedicate ai bambini. Se per un verso sono vietati spettacoli, gare e rappresentazioni pubbliche e private che comportino maltrattamenti e sevizie di animali; per altro verso l’attuale normativa è anche volta al corretto rapporto uomo-animale-ambiente, disciplinando la tutela delle condizioni di vita degli animali domestici, promuovendo la protezione e l'educazione al rispetto degli stessi.
Le motivazioni del giudice amministrativo
Il giudice amministrativo ha innanzitutto chiarito che il principio di proporzionalità di matrice comunitaria è inserito nel nostro ordinamento in virtù del richiamo operato dalla normativa generale sul procedimento amministrativo, che impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, in favore di quella meno gravosa per i destinatari del provvedimento. Ciò al fine di evitare agli stessi “inutili” sacrifici. Nella specie, lo scopo perseguito dall'ente locale di mantenere il decoro e l'igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, avrebbe potuto essere soddisfatto non tanto mediante un generico divieto di accesso alle aree indicate, quanto attraverso l'attivazione dei mezzi di controllo ed anche di sanzione rispetto all'obbligo per gli accompagnatori o i custodi di cani di rimuovere le deiezioni con appositi strumenti; e di condurli in aree pubbliche con le idonee modalità di custodia (come il guinzaglio e la museruola), trattandosi di obblighi imposti dalla disciplina generale statale. Pertanto l’amministrazione ben può fronteggiare gli eventuali comportamenti incivili da parte dei conduttori di cani, al fine di prevenire le conseguenze negative di tali condotte, con l'esercizio degli ordinari poteri di prevenzione, vigilanza, controllo e sanzionatori di cui l’ente già dispone. Ed invero, le esigenze in questione risultano già compiutamente salvaguardate dalla disciplina vigente in materia, che impone di condurre correttamente i cani e di rimuovere i loro eventuali escrementi; dovendo quindi l'amministrazione pubblica adoperarsi - in luogo dell'indiscriminato divieto di accesso dei cani in alcune aree pubbliche - al fine di rendere effettive tali misure mediante una efficace azione di accertamento e di repressione. In tal modo rendendo possibile il raggiungimento del pubblico interesse attraverso gli strumenti idonei pur nel rispetto del principio di proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti. Pertanto, a bene vedere, secondo il giudice amministrativo napoletano l’ordinanza sindacale dedotta in giudizio è stata posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità dell'azione amministrativa in relazione ai dichiarati scopi perseguiti.
Inoltre nella materia si applica il principio di esigibilità, per cui occorre sempre una motivazione adeguata ed esaustiva quando ciò sia compatibile con le caratteristiche del provvedimento in questione. A titolo esemplificativo, mentre per le varianti generali agli strumenti urbanistici non occorre una specifica motivazione sulle singole determinazioni incidenti sui vari interessati, non v’è dubbio che una motivazione occorra quando si tratti di varianti urbanistiche aventi un ambito limitato di applicazione, ovvero di atti generali emanati da autorità indipendenti, incidenti su posizioni di una pluralità indeterminata di destinatari. Lo stesso principio si applica quando le autorità locali intendano limitare l’utilizzazione di automobili o di altri veicoli a motore, limitare gli orari di apertura degli esercizi pubblici ovvero aperti al pubblico. L’ordinanza che regola le condotte consentite e quelle vietate deve essere motivata, evidenziando quali specifiche esigenze vadano soddisfatte in correlazione alle limitazioni delle volontà e libertà che indubbiamente ne conseguono.
In sostanza, negli atti che rientrano nella categoria in esame, la disciplina dell’obbligo di motivazione attiene alla dimostrabilità della inattaccabile ragionevolezza delle scelte operate dalla pubblica amministrazione coinvolta.