Antimafia, sui crediti poteri limitati al giudice delegato
La verifica dei crediti nel procedimento di prevenzione patrimoniale arriva in Cassazione e i giudici enucleano i principi in base ai quali i creditori di un’impresa sequestrata per mafia possono soddisfare le loro pretese. Nella sentenza 1402 del 12 gennaio, la V sezione penale si è occupata delle istanze di ammissione, formulate secondo le norme a tutela dei terzi del Dlgs 159/2011 (Codice antimafia).
L’articolo 52 del Codice fissa le condizioni per le quali i diritti di credito dei terzi, anteriori al sequestro e documentati con atto con data certa, possono essere soddisfatti anche se i beni del debitore vengono confiscati perché di provenienza illecita. Sul piano oggettivo non deve risultare alcuna strumentalità tra il credito e l’attività illecita del soggetto socialmente pericoloso; se si accerta tale strumentalità, il creditore deve dimostrare di averla ignorata in buona fede.
Gli articoli 58 e seguenti prevedono un procedimento per accertare i diritti dei terzi che ricalca quello di formazione del passivo fallimentare. Si svolge con l’ausilio dell’amministratore giudiziario, che forma l’elenco di creditori e lo consegna al giudice delegato, che a sua volta fissa un termine per presentare le istanze di ammissione. Dopo avere sentito gli interessati in udienza, il giudice forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con un provvedimento contro il quale può essere proposta opposizione al tribunale della prevenzione. Il tribunale decide sull’opposizione con decreto, impugnabile con ricorso per Cassazione.
Precisa ora la Corte che questa procedura incidentale è autonoma rispetto al procedimento di prevenzione (in cui i beni sono sequestrati e poi confiscati); ed è governata dai principi del diritto civile e fallimentare. Il terzo che chiede di essere ammesso al pagamento assume veste sostanziale di attore, come in un giudizio civile, e ha l’onere della prova anche sulla propria buona fede. Ma da tale autonomia deriva che, per la verifica dei crediti, al giudice delegato rimane preclusa ogni valutazione di merito circa il provvedimento di sequestro.
La Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato dai figli della persona alla quale erano stati sequestrati i beni contro il decreto del tribunale che aveva confermato l’esclusione del loro credito, disposta dal giudice delegato nello stato passivo. Il procedimento di prevenzione aveva accertato, sebbene in provvedimenti non definitivi, che i figli operavano con società costituite dal padre ma a loro cedute per aggirare i divieti di legge sull’aggiudicazione degli appalti. Secondo la Cassazione tale circostanza non poteva essere rimessa in discussione nella verifica di buona fede e quindi i loro crediti non andavano riconosciuti.
Quanto alle operazioni bancarie, il credito della banca può essere riconosciuto non solo se vi è prova della correttezza formale della gestione di rapporti e della convenienza economica per l’istituto, ma anche se si può escludere che la banca fosse consapevole dell’opacità del contraente e dell’alto rischio di collisione del privato interesse della banca con il prevalente interesse pubblico alla prevenzione criminale e mafiosa.