Responsabilità

Appalto, risarcimento parziale in caso di risoluzione del contratto per inidoneità dell'opera

Il ristoro non può comprendere l'intero costo necessario per il rifacimento dell'opera

di Mario Finocchiaro

In caso di risoluzione del contratto di appalto per totale inidoneità dell'opera alla sua destinazione, il risarcimento dovuto al committente dall'appaltatore non può comprendere l'intero costo necessario per il rifacimento dell'opera, ma solo la differenza tra esso e la somma che la parte avrebbe dovuto versare all'appaltatore rimasto inadempiente. Lo ha precisato la Sezione II della Cassazione con la sentenza 16 maggio 2022 n. 15578.

I precedenti
Nella stessa ottica della pronunzia in rassegna, ricordata in motivazione, per l'affermazione che nel caso di risoluzione dell'appalto per totale inesecuzione del contratto da parte dell'appaltatore, il risarcimento dovuto al committente, liberato dall'obbligo del pagamento del prezzo, non può comprendere l'intero corrispettivo dal committente medesimo sostenuto per procurarsi, mediante la conclusione di un altro appalto, la stessa utilità perseguita con il contratto risolto, ma solo la differenza fra l'importo pattuito con l'appaltatore inadempiente ed il maggior costo sopportato per la stipulazione di un contratto maggiormente oneroso, Cassazione, sentenza 17 giugno 2021, n. 17453.
Analogamente, altresì, la remota Cassazione, sentenza 22 aprile 1981, n. 2525, secondo la quale, nel caso di risoluzione del contratto di appalto per totale inidoneità dell'opera alla sua destinazione, il risarcimento dovuto al committente, liberato dall'obbligo del pagamento del prezzo, non può comprendere l'intero prezzo dal committente medesimo sostenuto per procurarsi, mediante la conclusione di un altro contratto di appalto, la stessa utilità perseguita con il contratto risolto, ma solo quella differenza fra tale ulteriore spesa e la minor somma che egli avrebbe dovuto versare all'appaltatore rimasto inadempiente.

Appalto e risarcimento del danno
Per utili riferimenti, nel senso che in tema di appalto, il risarcimento del danno che si aggiunge alla risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 1453, 1º comma, e 1668 c.c., non può avere natura di reintegrazione in forma specifica, nel senso che non può essere richiesto il ripristino della situazione esistente anteriormente all'esecuzione del contratto e, contemporaneamente, anche la realizzazione di quella che sarebbe conseguita all'esatto adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato e dal conseguimento dell'utilità che l'adempimento avrebbe determinato, Cassazione, sentenza 18 aprile 2011, n. 6889.

Rimedi per difetti dell'opera
In termini generali, la disciplina dettata dall'articolo 1668 Cc in ordine ai difetti dell'opera realizzata a seguito della conclusione di un contratto di appalto, deroga quella generale vigente in tema di inadempimento contrattuale, concedendo al committente di fare ricorso alla domanda di risoluzione del contratto solo qualora i difetti siano tali da rendere l'opera del tutto inidonea alla sua destinazione; negli altri casi, invece, il committente può agire alternativamente per l'eliminazione dei vizi o per ottenere la riduzione del prezzo in un'ottica di conservazione del contratto; conseguentemente nel caso in cui il committente in correlazione alla domanda di risoluzione abbia agito anche per ottenere il risarcimento dei danni, ma i difetti non siano tali da giustificare lo scioglimento del contratto, la domanda di risarcimento non può essere accolta per difetto della causa petendi, Cassazione, sentenza 20 aprile 2006, n. 9295, in La responsabilità civile, 2008, p. 237 (con nota di Gliatta G., L l'azione di risoluzione e l'azione di risarcimento del danno in caso di vizi e difformità dell'opera appaltata).
Analogamente, in tema di risoluzione del contratto per difformità o vizi dell'opera, qualora il committente abbia chiesto il risarcimento del danno in correlazione con la risoluzione e i vizi dell'opera non siano risultati tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, così da giustificare lo scioglimento del contratto, la richiesta risarcitoria non può essere accolta per mancanza dei presupposti della pretesa azionata, che si deve fondare sulla medesima causa petendi della domanda di risoluzione, Cassazione, ordinanza 13 luglio 2018, n. 18578; sentenza 4 marzo 2015, n. 4366.

Inadempimento dell'appaltatore
Sempre in tema di inadempimento dell'appaltatore si è precisato, tra l'altro:
- in tema di appalto privato, il corrispettivo deve essere versato alle scadenze contrattuali ovvero, in difetto di pattuizione, quando l'opera sia accettata, sicché è da questo momento che decorrono per l'appaltatore gli interessi sulle somme dovutegli le quali, però, ove siano riscontrati difetti della detta opera legittimanti l'eccezione di inadempimento, sono inesigibili finché questi non siano eliminati od il committente non opti per la riduzione dell'importo a lui spettante; ne consegue che, qualora il medesimo committente rilevi l'esistenza di vizi e ne domandi l'eliminazione diretta da parte dell'appaltatore, oltre a richiedere il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito di quest'ultimo per il corrispettivo permane, ma il mancato pagamento dell'appaltante non può ritenersi causa di debenza degli interessi, neppure ai sensi dell'articolo 4 d.lgs. n. 231 del 2002, se non dalla data della sentenza per effetto della quale il credito diviene liquido ed esigibile, Cassazione, sentenza 27 febbraio 2019, n. 5734;
- la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente per i difetti dell'opera a norma degli articoli 1667 e 1668 Cc non ammette esclusioni (salvo quelle dipendenti dall'accettazione senza riserve dell'opera e del venir meno della garanzia per effetto di decadenza) e neppure limitazioni, dato che l'articolo 1668, comma 1, Cc pone a carico dell'appaltatore tutte le conseguenze dell'inesatto adempimento, obbligandolo a sopportare, a seconda della scelta operata dal committente, l'onere integrale dell'eliminazione dei vizi, o la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento del danno, senza alcun riguardo alla consistenza e al costo dei lavori di riparazione o alla misura massima della diminuzione del corrispettivo dell'appalto, Cassazione, sentenza 29 agosto 2018, n. 21327;
- qualora l'opera sia affetta da vizi e difformità che non ne comportano la radicale inutilizzabilità, ed il committente non ne pretenda l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore, limitandosi, invece, a chiedere il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, i detti vizi non escludono il diritto al compenso in capo al progettista ed al direttore dei lavori per l'opera professionale prestata, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela, Cassazione, ordinanza 6 dicembre 2017, n. 29218;

Difformità dell'opera
- nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può richiedere, a norma dell'articolo 1668, comma 1, Cc, che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell'appaltare mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall'articolo 2931 Cc, oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi; la prima domanda, infatti, che postula la colpa dell'appaltatore, è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell'appaltatore (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente); la seconda, che prescinde dalla colpa dell'appaltatore tenuto comunque alla garanzia, tende a conseguire un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della eadem res debita, sicché deve ritenersi ricompresa, anche se non esplicitata, nella domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi, Cassazione, sentenza 16 ottobre 2017, n. 24305;
- non sussiste incompatibilità tra gli articoli 1667 e 1669 Cc, potendo il committente di un immobile che presenti «gravi difetti» invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno (contemplato soltanto dall'articolo 1669 Cc), anche quelli previsti dall'articolo 1668 c.c. (eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto) con riguardo ai vizi di cui all'articolo 1667 Cc, purché non sia incorso nella decadenza stabilita dal 2º comma di quest'ultimo, dovendosi ritenere che, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l'articolo 1669 Cc, quella extracontrattuale, l'articolo 1667 Cc, quella contrattuale), le relative fattispecie si configurino l'una (l'articolo 1669 Cc) come sottospecie dell'altra (articolo 1667 Cc), perché i «gravi difetti» dell'opera si traducono inevitabilmente in «vizi» della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda, continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 Cc, Cassazione, sentenza 19 gennaio 2016, n. 815;
- ove il committente esperisca i rimedi riparatori previsti in caso di difetti dell'opera appaltata, egli deve conseguire la medesima utilità economica che avrebbe ottenuto se l'inadempimento dell'appaltatore non si fosse verificato, utilità la quale va posta in relazione, nei limiti del valore dell'opera o del servizio, al quantum necessario per l'eliminazione dei vizi e delle difformità oppure al quantum monetario per cui gli stessi vizi e difformità incidono sull'ammontare del corrispettivo in denaro pattuito, Cassazione, sentenza 2 marzo 2015, n. 4161, in Foro it., 2015, I, c. 2825;

Dovere di correttezza e normale diligenza
- il dovere di correttezza e di normale diligenza imposto al danneggiato dall'articolo 1227, comma 2, Cc non lo obbliga a svolgere attività che, pur nel fine lecito di contenere l'iter evolutivo dei danni, incidano sulla situazione dei luoghi in senso modificativo o sostitutivo di opere e cose comunque connesse geneticamente alla precedente azione od omissione dell'autore dell'illecito, Cassazione, sentenza 5 dicembre 2013, n. 27298 che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto che, in un giudizio relativo alla responsabilità dell'appaltatore per i vizi dell'opera ex articolo 1668 Cc, non fosse possibile addebitare al committente l'aumento dei costi dei lavori occorrenti per l'eliminazione dei vizi stessi, verificatosi in corso di causa, sul rilievo che tali lavori avrebbero modificato la situazione oggetto di accertamento giudiziale e che, in conseguenza, il committente non poteva ritenersi obbligato ad eseguirli prima della conclusione del giudizio;

Risoluzione per inadempimento
- nel caso di risoluzione, per inadempimento dell'appaltatore, di un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un immobile su fondo del committente, è facoltà di quest'ultimo, il quale non ritenga di poter utilizzare il manufatto, chiedere la demolizione dello stesso ovvero il risarcimento del danno pari al costo dei lavori a tale scopo necessari; se invece il committente intenda ritenere le opere, divenute di sua proprietà per accessione, e queste siano suscettibili di essere utilizzate, spetta all'appaltatore un compenso nei limiti in cui il medesimo committente abbia ricavato vantaggio, senza che trovi applicazione, nella specie, la preclusione del rimedio della risoluzione, prevista in tema di compravendita dall'articolo 1492, comma 3, Cc, per l'ipotesi in cui il compratore abbia alienato o trasformato il bene consegnato, dal momento che tale norma, dettando una peculiare disciplina relativa alla garanzia per i vizi della cosa venduta, non è espressione di un principio generale in materia di risoluzione del contratto, Cassazione, sentenza 25 settembre 2012, n. 16291;
- qualora il committente, rilevata l'esistenza di vizi nell'opera, non ne pretenda l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito dell'appaltatore per il corrispettivo permane invariato, Cassazione, sentenza 17 aprile 2012, n. 6009;
- qualora il committente, denunciando i difetti dell'opera eseguita, chieda in giudizio la loro eliminazione e il risarcimento dei danni, la pronuncia che accolga la seconda domanda non può limitarsi soltanto a liquidare i pregiudizi non eliminabili tramite l'intervento diretto dell'appaltatore, Cassazione, sentenza 16 febbraio 2011, n. 6181, in Foro it., 2011, I, c. 3376, nonché in Giust. civ., 2012, I, p. 492;
- nel contratto d'appalto il committente può rifiutare, ai sensi dell'articolo 1181 Cc, l'adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell'appaltatore, anche il risarcimento del danno; correlativamente, nel caso in cui la parziale esecuzione del contratto sia imputabile al committente che l'abbia espressamente o tacitamente accettata, l'appaltatore ha il diritto di invocare, secondo la propria convenienza, la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, ovvero il pagamento del prezzo proporzionalmente ridotto, Cassazione, sentenza 17 febbraio 2010, n. 3786.

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