Società

Appello "Banca Popolare di Vicenza": tra idoneità del modello 231 e requisiti dell'OdV

ESTRATTO Compliance - Il Mensile 9 marzo 2023 n. 2, p. 4 di Maria Hilda Schettino

Dopo un anno e mezzo dalla pubblicazione dalla sentenza di primo grado (Trib. Vicenza, Sez. Pen., 17 giugno 2021, n. 348), la Corte di Appello di Venezia interviene nuovamente nel processo "Banca Popolare di Vicenza" ( Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, 4 gennaio 2023, n. 3348 ). Il noto Istituto di credito era stato chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 25-ter, comma 1, lett. r) e s), D. Lgs. 231/2001 (di seguito anche "Decreto 231") per i reati di aggiotaggio e ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza di cui agli artt. 2637 e 2638 cod. civ. commessi dai suoi vertici, anche essi coinvolti nella vicenda giudiziaria in qualità di imputati.

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La Corte, con una sentenza di oltre mille pagine depositata lo scorso 4 gennaio, ha confermato - tra le altre - la condanna della Banca (seppur riducendo la sanzione pecuniaria alla stessa applicata), motivando lungamente in merito alla inidoneità del modello organizzativo e soffermandosi, in particolare, sul ruolo e le caratteristiche dell'Organismo di Vigilanza (di seguito anche "OdV").

Richiamando le osservazioni dei Giudici di prime cure, la Corte ricorda infatti come:
• da un lato, il modello organizzativo adottato dalla Banca non conteneva nessuna prescrizione specifica per la prevenzione dei reati contestati, "fin dalla fase di profilazione dei rischi";
• dall'altro, tale modello non era stato attuato e presidiato da un Organismo di Vigilanza realmente idoneo allo scopo.

Ciò al punto tale che la commissione dei reati non ha affatto richiesto alcuna condotta elusiva e fraudolenta del modello organizzativo "avendo gli imputati e, in particolare i vertici della banca…potuto operare senza sottostare ad alcun tipo di vaglio o riscontro…grazie all'assenza e comunque all'ineffettività dei già lacunosi controlli previsti e ad una situazione dei presidi interni a BPVi connotata da diffusi elementi di opacità, dalla assoluta inadeguatezza dei controlli e dalla compiacenza degli stessi soggetti che avrebbero dovuto fungere da controllori".
Invero, il modello organizzativo "non ha rappresentato ostacolo di sorta per la consumazione delle condotte di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza (in particolare, per quanto concerne le comunicazioni al mercato ed alla vigilanza), tanto che gli autori delle condotte delittuose non si sono minimamente dovuti preoccupare di ‘aggirarlo' e, questo, proprio perché il modello in questione costituiva un presidio non solo del tutto formale ma anche radicalmente ‘fuori fuoco' rispetto alle condotte sub iudice".

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Dunque, la Corte prende innanzitutto le mosse dalla considerazione che il modello organizzativo sia uno strumento di gestione del rischio di commissione dei reati presupposto previsti dal Decreto 231, finalizzato a scongiurare la perpetrazione di attività delittuose nell'interesse o a vantaggio dell'ente e, con essa, l'applicazione dalle relative sanzioni. Pertanto, affinché il modello organizzativo risulti adeguato ad escludere la c.d. "colpa di organizzazione" è necessario che preveda l'adozione e la conseguente attuazione di "contro-misure di prevenzione idonee ed efficaci", parametrate non solo ai criteri stabiliti dagli artt. 6 e 7 del Decreto 231, ma anche e soprattutto alla concreta situazione di riferimento.

Viceversa, il modello organizzativo della Banca Popolare di Vicenza conteneva " indicazioni di portata assolutamente generale per prevenire la commissione dei delitti in questione, in larga parte risolvendosi nella previsione della adozione di un'organizzazione interna basata sui criteri di ripartizione di competenze e segregazione funzionale in ordine a specifiche attività, nonché di cura di adempimenti formali, ovvero nell'impartire divieti attinenti a profili marginali rispetto all'esigenza di prevenire i reati in esame".

Mancavano, invece, " previsioni puntuali riferibili, oltre che alle modalità di predisposizione dei bilanci (segnatamente, in relazione al computo dei requisiti patrimoniali anche ai fini del patrimonio di vigilanza) e di erogazione del credito, a profili essenziali dell'operatività della banca, sempre in relazione al pericolo di commissione dei suddetti delitti", come ad esempio:
• meccanismi di controllo delle operazioni di collocamento delle azioni dell'istituto, azioni il cui valore era affidato alla autodeterminazione da parte della Banca;
impieghi ai quali erano destinati i finanziamenti concessi dalla Banca rispetto alla collocazione delle azioni;
• flusso di informazioni interne, come la previsione di report periodici provenienti dai settori più a rischio in relazione alle fattispecie in esame;
• flusso di informazioni esterne, come la verifica dei comunicati stampa, particolarmente importante per la prevenzione di un delitto come l'aggiotaggio che è definito un "delitto di comunicazione".

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