Penale

Appello, il detenuto per altra causa elegge domicilio solo se il giudice non ne è edotto

In caso di mancata conoscenza da parte del procedente che l’imputato impugnante sia ristretto per altra causa si applica il regime di ammissibilità dell’impugnazione previsto dalla Riforma Cartabia

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di Paola Rossi

In applicazione della Riforma Cartabia l’atto di impugnazione in appello deve essere accompagnato da nuova elezione di domicilio ai fini della notifica dell’atto di citazione, pena l’inammissibilità dell’atto di appello. Ma nel caso in cui l’appellante sia detenuto occorre differenziare le tre ipotesi che possono verificarsi al fine di stabilire se l’allegazione dell’elezione di domicilio all’atto impugnatorio sia o meno necessaria. Infatti, di regola il domicilio a cui notificare la vocatio in iudicium, in caso di detenuti, è quella del luogo di detenzione. Ciò in base all’articolo 156 del codice di procedura penale che impone per qualsiasi atto da notifcare all’imputato detenuto di procedere direttamente alla consegna alla persona nel luogo ove è ristretta.

La Corte di cassazione - con la sentenza n. 24902/2024 - ha dettato i principi in materia differenziando il caso in cui la detenzione sia relativa al procedimento per cui si presenta l’atto di appello o l’appellante sia invece detenuto per altra causa. In tale ultimo caso il discrimine perché si debba procedere o meno alla nuova elezione di domicilio è la conoscenza da parte del giudice dello stato di detenzione. Solo se il giudice è edotto dello stato detentivo in cui versa l’appellante non sarà necessario che questi abbia eletto domicilio ad hoc a pena di inammissibilità dell’atto di appello stesso.

I casi possibili
Se l’impugnante è detenuto per il fatto-reato per cui si propone l’appello tale onere di eleggere o indicare domicilio, previsto dalla novella, non sussiste e il luogo di notificazione è ex lege quello dove egli è ristretto. Uguale regime che esclude l’obbligo si applica al detenuto ristretto per altra causa che sia però nota al giudice. Viceversa, nel caso dell’imputato impugnante, che sia detenuto per altra causa non nota al giudice, troverà piena applicazione il disposto della novella dell’articolo 581, comma 1 ter, del Cpp e non la regola generale della notificazione “alla persona” presso il luogo di detenzione, anche diverso dal penitenziario, dove l’appellante si trovi.

La notifica alla persona detenuta
Sulla questione risolta dalla Cassazione va evidenziato che la conferma dell’inammissibilità dell’appello era dovuta al fatto che il ricorrente fosse detenuto per altra causa ma non nota al giudice. Tanto che nel procedimento, finito davanti ai giudici di legittimità, egli veniva indicato come “libero”.
Sul punto va evidenziata l’affermazione delle sezioni Unite penali che con la sentenza n. 12778/2020 avevano dettato un preciso principio di diritto sulla prevalenza della notifica direttamente all’imputato detenuto anche in caso questi abbia provveduto a specifica elezione di domicilio in luogo diverso da quello di detenzione. Il chiarimento del massimo consesso nomofilattico indica che le notifiche all’imputato detenuto - anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio - vanno comunque eseguite presso il luogo di detenzione, in base al regime previsto dall’articolo 156, comma 1, del Codice di procedura penale, mediante consegna di copia alla persona. Al punto che l’eventuale notifica all’imputato-detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto fa scattare una nullità a regime intermedio. Nullità sanabile eventualmente in base all’articolo 184 del Cpp con la comparizione personale e volontaria. Mentre quella coattiva non dispiegherebbe l’effetto sanante.

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