Famiglia

Assegnazione della casa all’ex partner «blindata» da trascrizione e figli

di Antonino Porracciolo

La casa familiare, assegnata al partner separato o divorziato, è protetta di fronte alle pretese avanzate dai terzi, come acquirenti o creditori. Ma si tratta di tutele circoscritte dalla legge e dalla giurisprudenza.

Il punto di partenza è l’articolo 337-sexies del Codice civile, che la riforma operata dal decreto legislativo 154/2013 ha inserito nel più ampio contesto delle disposizioni dettate per i casi di separazione, divorzio, annullamento, nullità del matrimonio e per i procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio. La norma dispone che il godimento della casa familiare è attribuito «tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli» e stabilisce che il provvedimento di assegnazione (come quello di revoca) è trascrivibile e opponibile ai terzi «ai sensi dell’articolo 2643» dello stesso Codice.

Peraltro, già in base all’articolo 6 della legge 898/1970, «l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età» e l’assegnazione, «in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del Codice civile».

A rilevare, in questo contesto, è la data della trascrizione. Lo dimostra il caso trattato dalla sentenza del Tribunale di Trani 854/2020 del 28 maggio scorso, resa in un processo in cui si contrapponevano i provvedimenti di assegnazione della casa coniugale, emessi nei giudizi di separazione e di divorzio, e una precedente iscrizione di ipoteca, in forza della quale l’acquirente dell’immobile nel procedimento di esecuzione forzata ne pretendeva il rilascio.

Nel giudizio di opposizione all’esecuzione (articolo 615 del Codice di procedura civile) che ne è seguito, la beneficiaria dell’assegnazione ha sostenuto che i provvedimenti pronunciati in suo favore le attribuivano un diritto di natura personale opponibile ai terzi; dal canto suo, il proprietario del bene ha richiamato l’articolo 2812 del Codice civile (per il quale il diritto di abitazione trascritto dopo l’iscrizione dell’ipoteca non è opponibile al creditore ipotecario) e ha quindi eccepito la prevalenza dell’ipoteca iscritta prima dell’assegnazione.

Il tribunale ha respinto l’opposizione, affermando che il provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritto successivamente all’iscrizione di ipoteca è «inopponibile al creditore ipotecario», sicché in questo caso l’acquirente del bene ipotecato compra «l’immobile come libero».

L’assegnazione trascritta prima della vendita del bene è invece opponibile all’acquirente in base all’articolo 337-sexies del Codice civile. Ma solo se si deve tutelare l’interesse della prole. Infatti, quando i figli diventano maggiorenni ed economicamente autosufficienti, il terzo acquirente può proporre un’ordinaria azione di accertamento per far dichiarare la sopravvenuta inefficacia dell’assegnazione e ottenere il pagamento di un’indennità per l’occupazione illegittima (Cassazione, 1744/2018).

I giudici si sono poi occupati della situazione in cui si proceda alla divisione giudiziale della casa di cui gli ex coniugi sono comproprietari. In questo caso, l’assegnazione dell’immobile a uno di loro, quando sia opponibile ai terzi, incide sul valore di mercato del bene: quindi, secondo il giudice di legittimità (sentenza 9310/2009), se si procede alla divisione giudiziale della casa di proprietà di entrambi i coniugi, nella determinazione del prezzo di vendita si dovrà tener conto della precedente assegnazione, trattandosi di provvedimento che pregiudica il godimento e l’utilità economica del bene rispetto al terzo acquirente.

Meno tutelato è il convivente “more uxorio”. Infatti, la Corte suprema (sentenza 10377/2017) ha affermato che la convivenza determina una detenzione qualificata della casa di abitazione in cui si svolge il programma di vita in comune, ma non incide sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sull’immobile. Quindi, venuto meno il rapporto in conseguenza del decesso del convivente proprietario-possessore, si estingue anche la facoltà del partner superstite di permanere nell’immobile, sicché gli eredi dell’ex convivente proprietario hanno diritto di ottenere il rilascio del bene.

I principi

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©