Ausiliari del giudice, no alla riduzione degli onorari dopo la prima vacazione
La Corte costituzionale, sentenza n. 16 del 2025 depositata oggi, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319 nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore
Nel caso di compensi a tempo per l’attività prestata dagli ausiliari del giudice, il sistema di calcolo basato sulla vacazione, unità di misura pari a due ore di impegno del professionista, non può distinguere tra la prima vacazione e quelle successive. È quanto ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 16 del 2025, depositata oggi, con la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 4, secondo comma, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria), nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione.
La questione era stata sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, che aveva censurato la norma perché l’entità «irrisoria» degli attuali onorari darebbe luogo ad un assetto normativo che sacrifica il diritto all’adeguata remunerazione del professionista e lede la garanzia dell’equo processo, non assicurando a tal fine la qualità minima della prestazione dell’ausiliare.
Secondo la Corte la previsione normativa in oggetto è manifestamente irragionevole, in quanto impone una diversificazione dei compensi legati al susseguirsi delle vacazioni, peraltro già scarsamente remunerate, in un quadro di ormai sistematica omissione dell’onere di adeguamento periodico dei compensi. Lo “scarto significativo” tra la prima vacazione e le successive – osserva la Corte - accentua l’assoluta sproporzione tra l’entità del compenso da riconoscersi all’ausiliare e il valore della sua prestazione, pur nel legittimo scopo perseguito di contenimento dei costi del processo.
La Corte ha sottolineato che l’istituto della vacazione in realtà non è più normato, nella novellata disciplina degli onorari a tempo, di cui al Dpr n. 115 del 2002, ormai interamente affidata, insieme a quella degli onorari fissi e variabili, alla previsione tabellare.
Il giudice rimettente aveva censurato anche l’articolo 50, comma 3, del citato Dpr nella parte in cui prevede che le tabelle relative agli onorari a tempo individuino il compenso del professionista. Ma la Corte ha dichiarato inammissibile tale questione per irrilevanza nel procedimento principale, rilevando che tale disposizione, pur formalmente in vigore, disciplinerà in concreto la materia solo a seguito dell’adozione del regolamento ministeriale introduttivo del nuovo sistema tabellare, di cui al comma 1 dello stesso articolo 50, adozione non ancora intervenuta.
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di Marcello Clarich - Professore ordinario di Diritto amministrativo presso La Sapienza Università di Roma