Amministrativo

Autocertificazione antimafia Protocollo Agenzia e Gdf

La domanda di contributo contiene una serie di dichiarazioni circa, tra l’altro, l’assenza degli impedimenti antimafia

di Guglielmo Saporito

L’articolo 3 del decreto legge Ristori-bis (Dl 149/2020) prevede che i contributi a fondo perduto disciplinati dal decreto stesso, e quelli previsti dal precedente decreto Ristori (Dl 137/2020) siano erogati con salvezza dei controlli antimafia.

Il meccanismo è il seguente: vi è un’istanza di contributo a fondo perduto, secondo lo schema dell’autocertificazione dei requisiti previsto dal decreto Rilancio (Dl 34/2020); lo schema è quello predisposto dall’agenzia delle Entrate il 1° giugno ed è, salvo automatismi, il punto di riferimento della procedura.

La domanda di contributo contiene una serie di dichiarazioni circa, tra l’altro, l’assenza degli impedimenti antimafia (articolo 67 del Dlgs 159/2011, noto come antimafia). Vanno dichiarati l’assenza di misure di prevenzione, di comunicazioni o informazioni antimafia, l’iscrizione in albi o elenchi di fornitori (white list) e le liberatorie provvisorie. In un momento successivo, per controllare le infiltrazioni criminali, è previsto un protocollo d’intesa tra i ministeri di Interno ed Economia e l’agenzia delle Entrate, attraverso anche procedure semplificate.

Poiché vi sono motivi di urgenza, le amministrazioni possono procedere all’erogazione anche in assenza di documentazione: tuttavia, qualora dai riscontri emergano cause ostative, l’Agenzia procederà al recupero con le sanzioni in misura doppia rispetto all’importo percepito, con relativi interessi. Inoltre, chi si è indebitamente autocertificato in regola con l’antimafia, subisce anche una sanzione penale e sugli importi si applica la norma della confisca (articolo 322-ter del Codice penale).

Sull’aspetto operativo, vi sarà un protocollo di comportamento tra agenzia delle Entrate e Guardia di finanza per la trasmissione anche digitale di dati ed informazioni, sia sulle istanze sia sui contributi. L’articolo 3 applica quindi la generale logica dei controlli sui contributi a fondo perduto e in particolare il principio della retroattività della perdita del contributo, qualora emergano cause ostative. Scatta così una condizione risolutiva, nel senso che le cause ostative retroagiscono e azzerano tutto quanto è avvenuto prima del loro manifestarsi.

Infatti, chi chiede un contributo assoggettandosi ai relativi controlli, conosce fin da principio che il contributo stesso gli verrà erogato con salvezza dei controlli: qualora tali controlli non abbiano un esito favorevole, il contributo viene retroattivamente revocato, scattano le sanzioni (anche penali) e l’agenzia delle Entrate provvede al recupero maggiorato degli importi.

La materia si giova di alcuni recenti princìpi espressi dal Consiglio di Stato in materia di recupero degli importi dei contributi pubblici (Adunanza plenaria 23/2020), poiché la normativa antimafia prevede, in caso di revoca di un contributo chiesto per determinate finalità, la salvezza del pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite (articoli 92 e 94, Dlgs 159/2011).

Secondo i giudici, tuttavia, i limiti al recupero per avvenuto utilizzo del contributo si applicano solo nel caso di realizzazione di opere o servizi, con la conseguenza che i contributi Covid hanno un regime totalmente diverso, non essendo finalizzati a realizzare alcun tipo di opera o servizi. Al più, il contributo Covid deve intendersi utilizzato per esigenze primarie (alimentari, pagamento fornitori o dipendenti), il che genera l’obbligo di integrale restituzione se indebitamente percepiti.

L’erogazione del contributo, infatti, corrisponde unicamente a un interesse privato e non genera vantaggi per l’amministrazione con riguardo all’interesse pubblico. Nemmeno avrà rilevanza l’eventuale decorso del tempo per i controlli ed i recuperi o l’assenza stessa, all’epoca della richiesta di contributo, di preclusioni antimafia. L’ostacolo che deriva da motivi antimafia non costituice un “fatto” sopravvenuto, bensì l’ accertamento della insussistenza della capacità del soggetto ad essere parte del rapporto con l’amministrazione pubblica.

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