Penale

Avere una procura generale non prova il ruolo dell'amministratore di fatto nella bancarotta

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di Patrizia Maciocchi

Il conferimento di una procura generale non basta per affermare la qualifica di amministratore di fatto della società fallita. La Corte di cassazione, con la sentenza 547 depositata ieri, annulla con rinvio una sentenza di condanna per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. I giudici della quinta sezione penale sottolineano che, a torto, la Corte d’Appello aveva considerato provata la qualifica di amministratore di fatto sulla base di una procura generale “ad negotia”.

Secondo la Corte territoriale la “delega”, per l’epoca del suo conferimento e per gli ampi poteri e per l’ autonomia che attribuiva ad uno dei ricorrenti era sintomatica dell’esistenza di una gestione esercitata in modo non episodico e non occasionale.

La Cassazione precisa però che l’ampiezza dei poteri conferita con il “mandato” non basta per affermare le responsabilità nella distrazione, anche per omesso controllo, senza la prova che la procura sia stata in qualche modo concretamente utilizzata dal ricorrente.

Nell’istruttoria non erano, infatti, emersi elementi a supporto di una condotta gestoria, né questi erano stati evidenziati dalle testimonianze dei commercialisti che avevano, tra l’altro, collaborato con la società, prima del rilascio della procura speciale in un caso e in coincidenza con il cambio di amministrazione dall’altro.

Corte di cassazione, sentenza 5 gennaio 2017, n. 547

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