Avvocati a caccia dei crediti deteriorati
Alleggerito, se non assorbito, il fardello degli Npl, il mondo bancario spinge l’acceleratore su un altro tipo di crediti problematici, gli Utp (unlikely to pay), ossia le “inadempienze probabili”, una volta dette incagli, che non hanno ancora raggiunto il livello di sofferenze.
A fine 2018, secondo Pwc, ammontavano a 79 miliardi lordi gli Utp in pancia alle nostre banche e la cronaca recente testimonia numerose operazioni, su tutte la maxicessione da 10 miliardi di Intesa Sanpaolo verso Prelios, seguita da Chiomenti, o il lancio di un fondo specializzato in Utp da parte di Clessidra, da 320 milioni.
Le opportunità professionali
Ma anche per attività di entità minore, si tratta di un versante che apre opportunità di crescita enormi per gli studi professionali. A patto naturalmente che siano attrezzati con team adeguati, perché l’attività è complessa.
«Con gli Npl l’obiettivo è pressoché unico: liquidare l’asset sottostante, che quasi sempre è di tipo immobiliare», spiega Davide Valli, avvocato a capo del dipartimento Banking&finance di LCA studio legale.
«La specificità dell’Utp, invece - continua - è che si tratta di un credito che conserva ancora possibilità di recupero, dal momento che l’azienda debitrice è ancora operativa, e proprio per questo le regole della Bce non impongono un accantonamento del 100% a copertura della posizione, ma solo una ponderazione commisurata al rischio».
Un’attività di analisi delicata, quindi, indispensabile per attribuire ai crediti il corretto valore e di conseguenza valutarne il prezzo di cessione. Tipicamente, infatti, le banche cedono portafogli di Utp a soggetti finanziari che se ne fanno carico, fondi in alcuni casi, per lo più i cosiddetti “servicer”.
«Di solito si tratta di portafogli non così ampi e polverizzati come per gli Npl, quanto piuttosto di posizioni dette single-name, cioè incagli del gruppo bancario verso un singolo cliente», puntualizza Gregorio Consoli, socio responsabile del dipartimento Banking & finance dello studio legale Chiomenti.
La ricerca di un piano di rientro
I professionisti assistono banche e acquirenti dei crediti in questi passaggi. Ma entrano in gioco anche successivamente, a servizio del servicer nel suo rapporto con il debitore. Negli Utp, infatti, lo scopo è trovare soluzioni che riportino in bonis il debitore, in modo da soddisfare la parte creditrice e allo stesso tempo salvaguardare la continuità aziendale.
Ed anche su questo i professionisti sono chiamati a suggerire le opzioni migliori, che possono essere numerose, mai semplici e sovente ostiche da far digerire alla controparte.
«A differenza delle sofferenze, dove l’obiettivo è il recupero del credito in un’ottica liquidatoria, negli Utp la finalità del creditore è di regola quella di rientrare delle posizioni creditorie salvaguardando la continuità aziendale e la conseguente generazione di flussi di cassa operativi; da ciò consegue la necessità di un approccio personalizzato e multidisciplinare nella gestione degli Utp, con soluzioni tecniche più articolate, da individuarsi di volta in volta in funzione della specifica posizione», aggiunge Consoli.
Approccio multidisciplinare
Quindi gli studi devono mettere a disposizione un ventaglio di competenze ampio che copre il diritto bancario, societario, fallimentare e concorsuale, la finanza aziendale e naturalmente la conoscenza dei settori economici del caso, a seconda che il debitore operi nell’industria, nei servizi o in un altro ambito.
Proprio per la necessità di questo approccio multidisciplinare sarebbe scorretto dire che si stia affermando una sorta di specialista in Utp tra i professionisti, quanto piuttosto che gli studi si stiano attrezzando con team sempre più sofisticati, dove solo in parte possono trovare spazio profili junior, ma per lo più vengono impiegate risorse con un certo grado di esperienza.
Il calo dei crediti incagliati