Avvocati: due legali su tre pessimisti sul futuro
Incertezza per la propria condizione professionale. Due terzi degli avvocati italiani guardano con preoccupazione al proprio futuro e non credono più alla possibilità di un miglioramento.
Il Censis afferma che l'avvocatura è una professione ancora prestigiosa ma ferita dalla crisi, con un 44,9% dei professionisti che ha subito un ridimensionamento delle entrate nel 2016. I report comunicati da alcuni studi legali raccontano di fatturati in crescita, di aumento dei dividendi per i soci equity, di piani di organizzazione aziendale degli studi legali. La sintesi dei due dati è lo specchio della società italiana più volte raccontata e analizzata dai professionisti del settore, con una divaricazione delle differenze e con la fascia mediana impegnata in una tensione profonda tra i due estremi.
Veri i fatturati delle law firms, il secondo «Rapporto sull'avvocatura» del Censis, in collaborazione con Cassa Forense, fotografa il pessimismo della categoria rispetto alla possibile evoluzione della propria condizione professionale in parallelo a una tendenza a non far valere i propri diritti in giudizio da parte dei cittadini, prevalentemente per motivi economici.
L’indagine - Il rapporto, la cui versione integrale verrà resa pubblica nelle prossime settimane, ha preso in considerazione due aspetti interconnessi: da una parte l’immagine e la reputazione dell’avvocatura nell’opinione di un campione rappresentativo per genere, età e area geografica di mille italiani; dall’altra i percorsi e gli scenari possibili della professione su un campione di 10.425 avvocati.
L’immaginario collettivo - L’avvocato “batte” il giornalista, il commercialista e il notaio tra le professioni fondamentali per il buon funzionamento del Paese per 16 italiani su cento, ma resta una “vittoria” spuntata per la posizione mediana rispetto a professionalità come il medico (il 59,9% degli intervistati li ritiene fondamentali), l’ingegnere (37,7%) e il consulente del lavoro (21,4%).
Il 42,3% degli italiani attribuisce agli avvocati un ruolo attivo nel risolvere il tema della durata eccessiva dei procedimenti giudiziari ma sono magistratura e forze dell'ordine a essere in grado di garantire un miglior funzionamento della giustizia.
Più nello specifico, la consulenza legale è richiesta per il 32,7% per questioni legate alla proprietà e, in subordine, per la gestione di problematiche lavorative (18,5%) con un discrimine importante rispetto al livello d’istruzione: si rivolge all’avvocato il 34,7% dei laureati contro il 19,9% di chi è in possesso di un titolo di studio inferiore al diploma.
Questa progressione segue un andamento inverso quando si tratta di avviare un’azione a propria tutela: solo il 15,7% di chi ha la licenza media rinuncerebbe mentre oltre il doppio dei laureati preferisce non ricorrere al giudice.
La condizione degli avvocati - L’indagine mette a confronto i risultati 2015 con quelli riportati nell’ultima analisi. Il pessimismo rispetto alla previsione della propria condizione professionale nei prossimi due anni è aumentato, erodendo la quota di chi pensa possa migliorare. Fatto 100 il fatturato, tiene la quota dell’assistenza giudiziale (66%) mentre si muove il rapporto tra consulenza e mediazione/arbitrato in favore di un aumento di quest’ultimo servizio legale (+0,5%). Aumenta ancora poi la quota di fatturato maturato in ambito locale a discapito di quella regionale e nazionale.
Nel 2016 si è ridotta del 1,3 % la quota di chi ha incrementato il proprio fatturato. La difficoltà a risparmiare continua a essere il primo pensiero degli avvocati (78,8%), seguita dalla diminuzione del reddito familiare (50,4%). In caso di una spesa “critica”, i legali – soprattutto i più anziani dal punto di vista professionale – aprono il proprio portafoglio; chi ha meno di dieci anni di esercizio alle spalle, invece, per lo più chiede aiuto ad amici e parenti.
Cosa fare per migliorare questa condizione? Due gli ambiti nei quali gli avvocati vorrebbero un intervento immediato: una maggiore attenzione al rapporto con la magistratura (22.9%) e sul tema del dumping avviato con l’abolizione dei minimi tariffari (22,5%). Si accompagna alla valutazione delle necessarie attività a tutela della condizione professionale, l’azione avviata da Cassa Forense con l’entrata in vigore del Regolamento sull’Assistenza, che risulta ancora non molto conosciuto: solo l’indennità di maternità raggiunge, tra chi ha dichiarato di essere a conoscenza dei contenuti del Regolamento, una quota di utilizzo superiore al 10 per cento.