Professione e Mercato

Avvocati: non scatta il reato di patrocinio infedele se l'attività è stragiudiziale

La Cassazione ricorda che elemento costitutivo del reato ex articolo 380 c.p. è la previa instaurazione di un procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria

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di Marina Crisafi

Niente patrocinio infedele per l'avvocato se l'attività contestata è stragiudiziale. Così ha deciso la Suprema Corte (sentenza n. 28013/2021) confermando l'assoluzione nei confronti di un legale per insussistenza del reato ex articolo 380 c.p.

La vicenda
Il professionista era stato condannato in primo grado per il delitto di infedele patrocinio ai danni di un'ex assistita, costituitasi parte civile, ma in appello l'uomo veniva assolto con conseguente revoca delle statuizioni civili di condanna.
Per l'accusa, l'avvocato si era reso infedele ai propri doveri professionali, consigliando alla parte civile di accettare l'eredità di alcuni suoi parenti, tacendole, o comunque sminuendo, l'esistenza di consistenti debiti gravanti sull'asse ereditario, parte dei quali nei confronti dello stesso legale, ed avendo agito, quindi, in palese conflitto d'interessi, per soddisfare tali suoi crediti, sapendo che la donna era titolare di significative proprietà immobiliari.
La Corte d'appello, tuttavia, escludeva la configurabilità del reato, per due ragioni: in primis, perché non risultava dimostrato il presupposto del danno subito dalla parte assistita dal legale, non essendosi accertato il valore dell'eredità accettata e, quindi, se, con tale sua decisione, la parte civile avesse effettivamente subìto un nocumento rispetto all'ipotesi in cui avesse invece accettato con beneficio d'inventario; ma, soprattutto, perché l'attività che si assume infedele sarebbe stata esclusivamente di tipo stragiudiziale, laddove l'articolo t380 c.p. si riferisce esclusivamente alla difesa in giudizio ed alle attività immediatamente prodromiche a questa.
La parte civile ricorre, dunque, innanzi al Palazzaccio, ma anche i giudici di piazza Cavour le danno torto.

La decisione
Per la S.C., infatti, il ricorso non ha fondamento giuridico e l'impugnazione dev'essere, perciò, disattesa.
La giurisprudenza di legittimità, si legge in sentenza, "è costante nell'affermare che, in tema di infedele patrocinio, elemento costitutivo del reato è la previa instaurazione di un procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria, con conseguente irrilevanza dell'attività preliminare od estranea ad esso" (così, tra le più recenti, Cass. n. 15318/2019).
Del resto, il dato testuale della norma non dà adito a dubbi, dal momento che - a differenza di quanto sostenuto dalla parte civile - non prende in considerazione la violazione di qualsiasi dovere deontologico del professionista legale, bensì limita l'area della penale rilevanza alle infedeltà professionali del patrocinatore che pregiudichino gli interessi della «parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all'Autorità giudiziaria», così presupponendo l'avvenuta instaurazione di un rapporto di tipo natura processuale o, per lo meno, il conferimento al legale di uno specifico mandato professionale in tal senso.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata correttamente ha ritenuto irrilevante la pendenza di una procedura di eredità giacente, trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione, perciò di natura non contenziosa. Corretta è altresì l'osservazione sulla mancata dimostrazione di un nocumento derivato alla ricorrente in conseguenza delle infedeltà professionali dell'imputato.
Invero, il reato di infedele patrocinio, ricorda la Corte, rigettando il ricorso, "non è integrato dalla sola infedeltà ai doveri professionali, occorrendo anche la verificazione di un pregiudizio per gli interessi della parte assistita" (cfr. tra le tante altre, Cass. n. 5764/2019).

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