Avvocati stabiliti: spetta all'Ordine evitare che operino in Italia soggetti poco qualificati
Il Cnf ricorda il potere del Coa territoriale nel provvedere o meno alla dispensa della prova attitudinale per l'iscrizione dell'abogado all'albo degli avvocati in Italia
In tema di avvocati stabiliti, spetta al Consiglio dell’ordine territoriale tutelare la funzione giudiziaria in Italia, al fine di evitare che operino so ggetti scarsamente qualificati o che siano all’oscuro delle peculiarità del diritto italiano. È quanto deciso dal Consiglio Nazionale Forense (sentenza n. 27/2021) pronunciandosi sul ricorso di un abogado avverso la decisione del Coa di Firenze con cui veniva rifiutata l’iscrizione all’albo ordinario previa dispensa della prova attitudinale.
La vicenda
In particolare, il Coa esaminando la pratica dell’abogado chiedeva di documentare l’effettivo esercizio della professione forense in Italia, per almeno 3 anni e in modo effettivo e regolare.
L’abogado allegava quanto richiesto ma secondo l’ordine la documentazione non era idonea a far ritenere sussistenti i requisiti richiesti dalla legge per la dispensa e la conseguente iscrizione all’albo degli avvocati.
Il Coa pertanto rigettava l’istanza di iscrizione e l’abogado interpellava il Cnf.
Per il Consiglio Nazionale Forense, però, il ricorso va rigettato.
Il potere del Coa
Preliminarmente, si rammenta in sentenza, il potere del Consiglio dell’Ordine nel provvedere o meno alla dispensa della prova attitudinale. Sotto questo profilo, il Coa, è infatti «a ffidatario di un potere di ampio spettro che ruota intorno alla verifica delle attività concretamente svolte in Italia dal richiedente la dispensa dalla prova attitudinale. Il Coa deve, pertanto, procedere a verificare che questi abbia concretamente operato sul foro nazionale con atti o attività stragiudiziali documentate e riferite ad un periodo di tempo privo di rilevanti interruzioni» (cfr. tra le altre Cnf, n. 99/2019).
La stessa giurisprudenza comunitaria «ha avuto modo di definire attraverso indici presuntivi il concetto di ‘ attività stabile e continua’ che deve essere apprezzata tenuto conto della durata, frequenza, della periodicità e della continuità delle prestazioni erogate nonché del numero di clienti e del giro di affari realizzato (Cgce sentenza 30/11/1995 causa C- 55/94, sent. 13/02/2003 causa C- 131/01 Commissione/Italia)».
La decisione
Nel caso di specie, il Consiglio dell’ordine, secondo il Cnf, ha proceduto ad una articolata istruttoria, in ossequio ai compiti al medesimo assegnati dalla legge, prima di concludere per il rigetto della richiesta non ritenendo integrati i requisiti soggettivi e oggettivi che prevedono, al fine di conseguire la dispensa dalla prova attitudinale, che l’esercizio della professione forense sia: di durata non inferiore a tre anni; effettivo e quindi non formale o addirittura fittizio; regolare e quindi nel rispetto della legge forense e del codice deontologico; con il titolo professionale di origine.
Per cui, l’Ordine non ha effettuato una mera operazione contabile, a differenza di quanto asserito dal ricorrente, ma ha analizzato il contenuto delle prestazioni, ritenendo correttamente che quanto allegato fosse inidoneo, per quantità e qualità, a comprovare una adeguata conoscenza del diritto nazionale da parte dell’abogado, essendosi lo stesso limitato peraltro a mere collaborazioni riferibili a pochi procedimenti giudiziari.