Azione revocatoria, niente mediazione obbligatoria
Questo il principio espresso dalla Cassazione con l'ordinanza n. 25855/2021
La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25855/2021, pubblicata il 23 settembre 2021, torna ad affrontare un argomento molto dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza : la corretta qualificazione della domanda giudiziale (causa petendi) e la materia trattata. Partendo dalla disamina di questi fondamentali elementi, la Corte si è pronunciata in merito all'obbligatorietà o meno del procedimento di mediazione.
Come noto, l'articolo 5 del Dlgs 28/2010, comma 1, indica le materie soggette, obbligatoriamente, al procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda. Come affermato dalla giurisprudenza di merito "L'indice delle materie di cui all'art. 5, comma 1 d.lgs. n. 28/2010, per le quali è prevista la mediazione obbligatoria, è tassativo, non esistendo margine alcuno per qualsiasi interpretazione analogica o estensiva" (Tribunale di Catania, sentenza 2665 del 29/07/2020).
La decisione dei Supremi giudici
Con l'ordinanza n. 25855/2021 la Corte di Cassazione ha indicato un importante principio : l'azione revocatoria non è soggetta alla mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda. Il ragionamento della Suprema Corte nasce dal fatto che la norma di cui al comma 1 bis, dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 prevede l'obbligo del tentativo di conciliazione per alcune materie, tra le quali, quelle relative ai diritti reali. Tuttavia accade spesso che la presenza di un immobile, oppure nel caso in cui sia presente un condominio (solo per citare alcuni esempi), si commetta l'errore di ritenere la materia rientrante tra quelle analiticamente indicate dalla legge (articolo 5 comma 1-bis Dlgs 28/2010). La Suprema Corte, pertanto, appurato che l'azione (causa petendi) era l'azione revocatoria ed in considerazione del fatto che la materia trattata riguardava non i diritti reali, bensì la conservazione della garanzia patrimoniale del debitore, ha ritenuto manifestamente infondato il motivo del ricorso che, per l'effetto, è stato rigettato. La motivazione che qui interessa è riportata nell'ordinanza ove si legge che "l'azione revocatoria, non vertendo sulla qualificazione e attribuzione di diritti reali, avendo solo l'effetto di rendere insensibile, nei confronti dei creditori, l'atto dispositivo a contenuto patrimoniale del debitore, senza incidere sulla validità "inter partes" dell'atto stesso, non rientra fra le controversie assoggettate, a norma del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1 bis, al tentativo obbligatorio di conciliazione".
L'ordinanza interpreta in modo corretto quanto sopra esposto, atteso che oggetto della controversia è un'azione revocatoria ordinaria ex articolo 2901 c.c. Un azione con cui si attiva un mezzo di tutela del diritto di credito e, quindi, l'azione è relativa ad una controversia in materia di conservazione della garanzia patrimoniale (Tribunale di Milano, 03 aprile 2019, n. 3305).
E l'elenco delle materie di cui all'articolo 5, comma 1 -bis Dlgs n. 28/2010, come detto, è tassativo e non consente nessuna interpretazione analogica o estensiva (Tribunale , Varese , sez. I , 10/06/2011).
Pertanto, tale tassatività impedisce qualsiasi interpretazione estensiva poiché le previsioni normative che condizionano e limitano l'accesso al processo giurisdizionale sono di stretta interpretazione.
Niente mediazione obbligatoria, pertanto, in caso di azione revocatoria.