Comunitario e Internazionale

Balneari, l’acquisizione statale gratis di opere inamovibili a fine concessione è legittima

L’inalienabilità del demanio marittimo giustifica l’acquisto a titolo gratuito e anche la mancata previsione di un indennizzo a favore del privato concessionario. Ciò non contrasta con la libertà distabilimento

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di Paola Rossi

La Corte di giustizia Ue ha affrontato il regime delle concessioni balneari in Italia e in particolare ha affermato che non contrasta con la libertà di stabilimento l’acquisizione gratuita da parte dello Stato delle opere inamovibili realizzate dal concessionario alla scadenza del rapporto e anche in caso di rinnovo della concessione. La sentenza sulla causa C-598/22 ha in particolare escluso che tali previsioni siano in contrasto con l’articolo 49 del Tfue. Secondo la Corte di giustizia la norma Ue non osta che una legge nazionale preveda - alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico, salva diversa pattuizione nell’atto concluso tra Stato e privato - che il concessionario sia tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da questi realizzate sull’area concessa. E anche in caso di rinnovo della concessione.

Quindi l’acquisizione gratuita delle opere inamovibili dall’area demaniale, che scatta alla scadenza del rapporto persino nel caso che la concessione venga rinnovata con lo stesso concessionario, non contrasta con la libertà di stabilimento.

La causa a quo italiana
La Società Italiana Imprese Balneari gestisce, sul territorio del Comune di Rosignano Marittimo, uno stabilimento balneare sul quale ha costruito una serie di opere. Al termine della concessione, al momento del rinnovo, le opere costruite dalla Siib su tale demanio sono state acquisite a titolo gratuito dallo Stato italiano, come previsto dal Codice della navigazione italiano, imponendo di conseguenza il pagamento di canoni demaniali maggiorati.

Il Consiglio di Stato, investito dell’appello presentato dalla Siib, si è rivolto alla Corte di giustizia Ue per chiedere se la norma nazionale che prevede che le opere non amovibili costruite su una spiaggia vengano automaticamente acquisite dallo Stato alla scadenza del periodo di prova, per di più senza un indennizzo per il concessionario che le ha realizzate, rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento prevista dall’articolo 49 del Tfue.

Libertà di stabilimento
Secondo la Cgue, la norma del Codice della navigazione italiano è legittima in quanto è opponibile a tutti gli operatori, nazionali e non, esercenti l’attività di balneare nel territorio italiano. E, quindi essa non crea un trattamento discriminatorio o un’indebita restrizione della libertà di stabilimento.

La lettura della Cgue
Di fronte a una tale previsione di fatto tutti gli operatori economici - italiani e non - si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite senza contropartita al demanio pubblico. Inoltre, la norma non riguarda le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano, ma prevede soltanto che alla scadenza della concessione, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo.

L’appropriazione gratuita e senza indennizzo da parte del soggetto pubblico concedente delle opere non amovibili costruite dal privato sul demanio pubblico è espressione dell’essenza stessa dell’inalienabilità del demanio pubblico. Il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili. La società ricorrente - conclude la Cgue - non poteva ignorare, sin dalla conclusione del contratto di concessione, che l’autorizzazione all’occupazione demaniale che le era stata attribuita aveva carattere precario ed era revocabile.

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