Bancarotta e autoriciclaggio: custodia in carcere per l’imprenditore che distrae beni e li impiega all’estero
Bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio per l'imprenditore che distrae circa 3 milioni di euro da due società fallite, di cui era amministratore, per poi impiegarli all'estero per avviare altre attività. Il tutto distruggendo le scritture contabili per impedire di ricostruire le vicende societarie, denunciandone falsamente il furto. La Cassazione, con la sentenza 48244, conferma la custodia in carcere, respingendo la richiesta dei domiciliari, considerati non idonei, neppure se presidiati dal braccialetto elettronico, a scongiurare il rischio di contatti con terzi, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove. Per la Suprema corte legittimamente il tribunale del riesame ha affermato i pericoli ritenendo ininfluente sia il fatto che le società gestite dal ricorrente fossero fallite, sia che i suoi beni fossero sottoposti ad un sequestro del quale, tra l'altro, non era nota l'estensione. Ad avviso dei giudici la reiterazione dei reati come quelli oggetto del procedimento, non richiede affatto l'impiego dei grossi mezzi che l'imputato negava di avere. Lo stesso vale per il rischio di inquinamento delle prove, perché l'occultamento o la distruzione della documentazione contabile non hanno consentito agli inquirenti di acquisire tutti gli atti necessari al dibattimento. Non è abbastanza per negare il rischio di fuga neppure la circostanza che dopo il trasferimento all'estero, il ricorrente abbia continuato a frequentare l'Italia, certo non per sottostare alla giustizia interna, costretta a ricorrere ad un mandato d'arresto europeo, per ottenere la consegna per farlo rientrare. I giudici danno un peso anche alla destrezza con la quale l'imprenditore si muoveva nel contesto sovranazionale, riprendendo all'estero l'esercizio di attività dismesse in Italia con capitali sottratti a società italiane. Uno scopo ottenuto occultando, prima del trasferimento oltreconfine, ogni traccia della sua attività illecita e chiedendo alla segretaria di custodire il personal computer della società e un quaderno con tutti i dati utili ad accedere ai conti correnti bancari.