Bancarotta: è reato solo la vendita sottocosto sistematica
La vendita di merce sottocosto non fa scattare il reato di bancarotta per dissipazione se è funzionale alle esigenze dell’impresa. La Corte di cassazione, con la sentenza 5317 deposiata ieri, accoglie il ricorso dell’amministratore di fatto e dell’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, attiva nel settore dell’abbigliamento, entrambi condannati per bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’accusa era di aver dissipato la merce di magazzino e quella acquistata nel corso di un anno. Conclusione alla quale i giudici erano arrivati guardando al risultato negativo, dato dalla differenza tra il valore della merce e l’ammontare dei ricavi di esercizio. Agli imputati era stata contestata anche la distrazione, sulla base dei dati contabili acquisiti dal curatore, era emerso un costo del venduto più alto dei ricavi.
Un andamento anomalo delle vendite che, secondo la difesa, poteva essere giustificato da una sopravvalutazione delle giacenze del precedente esercizio: espediente utilizzato per non presentare un bilancio in perdita.
La Cassazione annulla la condanna, iniziando a smontare l’ipotesi della bancarotta fraudolenta per dissipazione.
Perché si possa parlare di dissipazione è, infatti, necessario che, sotto il profilo oggettivo, non ci sia alcuna coerenza tra le azioni compiute e le esigenze dell’impresa, mentre, sotto il profilo soggettivo, serve la consapevolezza da parte dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio per scopi del tutto estranei alla società. Nel caso esaminato invece, la vendita della merce sottocosto era in linea con l’attività svolta dai ricorrenti nel settore dell’abbigliamento e tesa ad evitare l’accumulo in magazzino di merce invendibile.
Non provata neppure la bancarotta per distrazione, perché i giudici di merito non avevano verificato l’esistenza di un ulteriore condizione: la sistematica e preordinata vendita sottocosto ,o comunque in perdita, dei beni aziendali.
La corte d’Appello - sottolineano i giudici della quinta sezione penale - si limita a escludere la giustificazione della supervalutazione del valore iniziale, senza però “cercare” gli elementi richiesti per configurare la distrazione .
Con l’occasione la Suprema corte ricorda che costituisce vendita in perdita anche quella effettuata al prezzo di costo, o meglio al prezzo di acquisto pagato da rivenditore, se in questo non è incorporata la corrispondente quota delle spese fisse dell’impresa, che devono essere calcolate per non operare in perdita.