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Banche e governo societario: perché la procedura di autovalutazione non deve tradursi in autodichia

La board evaluation è spesso considerata soltanto una veloce "formalità" nelle complessive dinamiche aziendali. In realtà, il rigore applicativo sotteso alla ratio della norma disciplinatrice ci dice che essa comunica le sue inferenze in ambito di legittimo affidamento, valore reputazionale ed accountability dell'impresa sul mercato di riferimento, sia nei confronti degli investitori più importanti che del piccolo consumatore, più in generale

di Nicola Monticelli*

Il tema della periodica autovalutazione (c.d. board evaluation) cui si sottopongono gli organi con funzione di supervisione strategica e di gestione - ivi inclusi i comitati endoconsiliari se, e come esistenti - ed alla quale si conformano anche i componenti dell'organo con funzione di controllo, suggerisce riflessioni operative che si pongono quale utile ponte tra il diritto attualmente vigente e le auspicabili prospettive di aggiornamento normativo che mirino ad una maggiore oggettività ed efficacia del diritto positivo attualmente vigente.

Il punto di partenza non può che essere il contesto legale di riferimento, richiamando anche quelle "fonti" internazionali che, anche indirettamente, possono essere un valido supporto per un'interpretazione più aderente alla ratio sottesa, proprio come nel senso sopra indicato:
-Circolare Banca d'Italia n. 285 del 17/12/2013 e s.m.i. (Parte Prima, Titolo IV, Capitolo I, Sezione VI);
-Articolo 26 TUB;
-Art. 36 del D.L. 6 dicembre 2011, n.201 (L. 22 dicembre 2011, n.214) i.e. "Interlocking Directorates ";
-Circolare 229 della Banca d'Italia;
-Direttiva 2013/36/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013- Sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento - modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE;
-ECB, Guida alla verifica dei requisiti di professionalità ed onorabilità, 5/2018;
-D.M. n.169 del 23/11/2020 (per la parte di interesse);
-Norme e/o fonti internazionali con ricaduta indiretta nel nostro ordinamento;
oAltre norme di rango subordinato:
-Statuto societario / Capogruppo;
-Regolamenti interni nei vari settori di interesse;
-Codice Etico o di Autodisciplina;
-Codici di comportamento associativi a cui si è aderito;
-Buone prassi nazionali /internazionali di soft law
.

L'attività di valutazione quali-quantitativa di cui è epifania la relazione finale stilata dall'incaricato interno o (meglio) dall'advisor esterno e terzo, coinvolge l'organo gestorio e le sue appendici nella sua accezione più ampia, sino ad interessare la funzione di controllo ed, in ipotesi, senza poter escludere a priori l'intervento di altri soggetti che, per una serie di contingenze funzionali, hanno la possibilità di riferire fatti, circostanze, metodologie operative che possano contribuire a fornire una fotografia - quanto più dettagliata ed attendibile - sul funzionamento della compagine societaria, sulle auspicabili implementazioni da attuare, sulle criticità emergenti, sulla valutazione di procedure esistenti e la previsione di altre da introdurre, sull'apprezzamento dei metodi quali-quantitativi di lavoro, sulla regolarità e tempestività dei flussi informativi, sulla tempistica delle riunioni nonché, infine, sull'approntamento di altrettanto adeguati interventi posti in essere a supporto dei risultati già emersi nelle precedenti autovalutazioni ed altro ancora….

Il contributo in questione, non analizzerà l'integrale fase procedimentale, si soffermerà su taluni aspetti che – si auspica – possano diventare uno stimolo riflessivo per una migliore applicazione, in via interpretativa, della norma attualmente vigente ed, in futuro, veicolo per una riforma de jure condendo.

La Circolare Banca d'Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 e s.m.i. richiama l'attenzione degli operatori del settore sulla esigenza che l'autovalutazione sia svolta in modo rigoroso [1], approfondito e dialettico, in guisa tale che le evidenze inferite sulla composizione, sul funzionamento degli organi e sugli eventuali punti di debolezza possano essere quanto più veritiere ed attendibili.

Dall'analisi dell'indicato contesto normativo e di prassi emerge un aspetto strettamente operativo del processo di autovalutazione che inevitabilmente si riverbera sulla qualità, attendibilità ed asettica oggettività che dovrebbe qualificare la relazione finale, rispondendo così al quesito - al momento, solo di maggiore opportunità, affidabilità reputazionale ed accountability del proprio standing sul mercato - se sia preferibile che la procedura autovalutativa sia condotta da un soggetto interno alla compagine societaria o da un advisor esterno, come noi reputiamo, possa ritenersi più corretto e veritiero.

La Circolare di Banca d'Italia nella Parte Prima, Titolo IV, Capitolo I, Sezione VI , § 2,"Linee applicative" recita che "[...] a) Le banche conducono il processo di autovalutazione degli organi con funzione di supervisione strategica e gestione tenendo conto dei criteri indicati nella Sez. IV. Il processo è formalizzato in un regolamento interno. b) [...] iii) è condotto dal personale individuato dal presidente, su proposta del comitato nomine, quando costituito. E' buona prassi, nelle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, che almeno una volta ogni 3 anni, l'autovalutazione sia svolta con l'ausilio di un professionista esterno in grado di assicurare autonomia di giudizio [...]" [2].

Dalla lettura della disposizione si evincono alcuni passaggi utili per un'interpretazione che, partendo da oggettive, quanto evidenti, ragioni di opportunità, suggerisca un'applicazione del dettato normativo maggiormente rispondente alla ratio di veridicità ed effettiva attendibilità sottesa alla procedura. Per questa ragione, è altresì richiesto che il processo di autovalutazione sia preventivamente disciplinato da un regolamento interno che ne supporti la modalità di svolgimento e ne evidenzi le garanzie sottese, secondo un iter verificabile ed apprezzabile ex ante.

La predisposizione regolamentare interna, infatti, non è un aspetto meramente secondario. Da un lato, risponde alla esigenza di "processualizzare" e rendere conoscibile per tempo la modalità di svolgimento dell'indagine, così garantendo: sia la periodica scadenza che la successiva esecuzione dell'attività richiesta. Per altro verso, appare utile strumento atto ad informare il mercato di riferimento, sul grado di attendibilità reputazionale che può essere attribuito all'aspetto formale della cornice entro la quale si dipana l'iter valutativo. In tal modo, risultano più chiari i termini di complessiva credibilità operativa standardizzata e tradotta nel modus procedendi prescelto e già reso noto per tempo.

Come ampiamente noto, l'attività di intervista valutativa dovrà svolgersi con cadenza almeno annuale, e sarà condotta secondo la seguente alternativa: a) da personale interno individuato dal Presidente del CdA, su proposta del Comitato Nomine (ed in conformità del già varato Regolamento di Autovalutazione); b) oppure da un advisor esterno al quale possa essere riconosciuta "autonomia di giudizio" - almeno una volta ogni triennio - per le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa.

Sulla scorta di questa opzione oggi possibile, ci chiediamo se la stessa sia del tutto giustificabile dal punto di vista della complessiva affidabilità/credibilità dei risultati da acquisire: specialmente, in occasione di un'autovalutazione totalmente interna oppure - se, in una prospettiva futura, i cui semi per un cambiamento sono già insiti nel dettato normativo vigente – non sia maggiormente auspicabile virare definitivamente, ed in modo esclusivo, verso un'attività di analisi svolta da un advisor terzo che possa, davvero, con la sua autonomia di giudizio, consentire di "certificare", come attendibili, le complessive informazioni collazionate nel corso della procedura valutativa.

In tema, infatti, pare opportuno ricordare che la normativa italiana, derivata da quella internazionale, parla di "auto - valutazione" mentre negli altri contesti legali si fa più semplicemente riferimento alla espressione di "board evaluation", e non alla self-evaluation nel senso applicato dalla prassi del nostro sistema giuridico. Probabilmente, in ambito domestico è stato fin troppo esaltato l'aspetto di "auto - referenzialità" che va certamente bene allorquando lo si intenda come atto di impulso dal quale deve promanare l'incipit per la periodica procedura valutativa; discorso diverso, quando questo concetto di "auto - valutazione" lo si traduca o degeneri, di fatto, in una molto inopportuna autodichia fuorviante, lesiva a livello reputazionale, ingannevole dal punto di vista della prospettiva endosocietaria ma anche offensiva della fiducia e dell'affidamento che il mercato degli investitori ed il consumatore vorrebbero poter riconoscere alla procedura in sé, a disclosure avvenuta.

Infatti, proprio per queste ragioni, la divulgazione della valutazione effettuata assume una notevole importanza nel corretto apprezzamento dell'accountability dell'impresa, nel senso più ampio del termine, fornendo indicazioni su cosa è stato fatto, su come il lavoro è stato svolto dal management (what and how), da chi lo ha posto in essere (who), in particolare, ma non solo, quali strumenti sono stati prefigurati nella gestione e nella prevenzione finalizzata al contenimento del rischio operativo [3].

Non secondario aspetto, è anche l'argomento secondo cui si dovrà garantire un'adeguata riservatezza - non solo apparente, ma di effettiva sostanza - alle risposte fornite dagli intervistati nel corso della procedura, al fine di meglio tutelare la genuinità della informazione acquisita e la concreta affidabilità delle considerazioni rassegnate: tanto dei consiglieri di amministrazione (in particolare, degli indipendenti) quanto del collegio sindacale, proprio per meglio adempiere alla delicata funzione di garanzia e controllo cui, essi, nel complesso, sono deputati ex lege, naturalmente con le tipicità che sono proprie del singolo ruolo ricoperto. Tutto questo, nel tentativo di evitare che le considerazioni o le criticità motivatamente espresse si traducano agli occhi degli altri componenti del board, del management della Capogruppo o dell'Azionista di riferimento, in una sui generis prospettiva di giudizio-test (cioè, in un esame indiretto) sulla persona audita in termini di "pass" or "fail"[4] .

Ove tale risultato fosse perseguito o conseguito - direttamente o indirettamente - ne deriverebbe un evidente uso distorto ed abnorme della procedura di autovalutazione che, notoriamente, nasce con presupposti e, per finalità, del tutto diverse. Considerazione a latere di questa evenienza è quella secondo la quale, è purtroppo tristemente evidente che non ci siano strumenti invincibili per scongiurare, in radice, tale utilizzo inappropriato delle valutazioni espresse. In tal caso, si aprirebbe infatti un altro interessante argomento di discussione - non oggetto del presente contributo - ovvero come evitare che la board evaluation e le informazioni acquisite in tale sede, si trasformino, in più o meno, (in) volontarie "armi bianche" nella dialettica delle nomine o degli assetti consiliari oppure in silenti liste di proscrizione. Non sfuggirà che, almeno in tesi, tale degenerazione sarebbe maggiormente evitabile ove l'attività di evaluation fosse (sempre) condotta da un advisor esterno alla compagine societaria o azionaria di riferimento, pertanto autonomo nell'esprimere il proprio giudizio (almeno in prospettiva teorica) e maggiormente custode della riservatezza e della fiducia degli intervistati.

La soluzione proposta ovviamente non può ritenersi quale "panacea" per tutte le degenerazioni della procedura di board evaluation. Per esempio, si è constatato che, se da una parte, la valutazione totalmente interna rischia di essere poco attendibile per gli oggettivi rischi di reticenza o di "dire meno" rispetto a quello che si vorrebbe o dovrebbe dire, proprio per timore di ripercussioni sugli assetti interni dei ruoli apicali del complessivo management o del consiglio di amministrazione; dall'altra, l'utilizzo dell' advisor esterno, non di rado, porta con sé il rischio di produrre ed acquisire relazioni conclusive che hanno il poco apprezzabile difetto della eccessiva "standardizzazione"[5] delle domande e delle risposte, segno di poca attenzione da parte del consulente terzo per l'erogazione di un servizio davvero mirato e maggiormente "sartoriale". Tuttavia, in questo ultimo caso, la degenerazione potrebbe essere evitata: a) scegliendo degli advisors che siano accreditati, professionali, affidabili o certificati nel campo della board evaluation; b) redigendo un contratto di conferimento incarico con delle specifiche tecniche stringenti ed ineludibili che impongano al consulente delle attività peculiari, effettivamente verificabili ex post ed oggettivamente custom-made.

Per questa ragione, nel mondo anglo-americano si sta rapidamente diffondendo una terza via, talvolta autonoma, altre volte integrativa delle due precedenti, individuata nella prassi di affidarsi alla tecnologia, mediante l'utilizzo di software appositamente dedicati all'espletamento di tali attività che per tal via eliminerebbero: da un lato, il rischio della eccessiva "personalizzazione" della informazione resa da parte dell'incaricato interno alla compagine societaria o del consulente terzo; dall'altro, la perdita della confidenzialità rispetto al soggetto dichiarante.

In uno studio, seppur non recentissimo, che riesamina i risultati dei processi di autovalutazione, il Regolatore [6] rileva che il 37% delle banche analizzate ha affidato la board evaluation ad una società esterna (HR services, board consulting e Law & Compliance Firm). In tale contesto - dicasi con attività svolta da un consulente esterno - Banca d'Italia ne segnala gli indubbi aspetti positivi e, diversamente da quanto accade nella valutazione integralmente autoreferenziale, osserva che "[...] Rispetto alle autovalutazioni compiute in autonomia, gli esercizi condotti da un consulente esterno denotano una maggiore attenzione ai risultati ed alle azioni da intraprendere e riportano con un maggior grado di dettaglio la metodologia utilizzata [...]". Questo favor appare anche testuale allorquando la Circolare Banca d'Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 e s.m.i. richiede che, almeno ogni triennio, la valutazione sia effettuata da un soggetto terzo e dotato di autonomia di giudizio, con ciò denotando una certa "sfiducia" nella procedura interna di "autodichia" che sembrerebbe residuale rispetto alla preferita "buona prassi" dell'incarico esterno.

Criticità che emergono alla luce dei risultati cui si perviene [7] dai quali si evince, proprio in relazione alle autovalutazioni svolte in totale autonomia, un (forse, poco credibile?) troppo diffuso esito positivo pari al 63%, raggiunto con evidenti lacune su diversi fronti, per esempio: con scarsa attenzione sulle metodologie seguite, omessa indicazione sui criteri di scelta del soggetto deputato alla valutazione, sul mancato coinvolgimento in tale attività da parte del comitato nomine e dei consiglieri indipendenti, sull'insufficiente individuazione di aree critiche e di miglioramento operativo, sulla ricerca delle migliori strategie per rafforzare l'adeguata e tempestiva condivisione del flusso informativo, sul consapevole apprezzamento del RAF da parte dei componenti del board a guida dell'intermediario, e molte altre lacune ancora... . Insomma, tutti aspetti che lasciano insoluti i forti interrogativi sulla bontà della valutazione svolta in totale autonomia.

In tale contesto, anche il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione deve essere adeguatamente collocato e maggiormente responsabilizzato quale punto di equilibrio e di propositivo, quanto franco stimolo dialettico, tra il ruolo esecutivo dell'amministratore delegato e gli indipendenti e/o gli altri consiglieri non esecutivi; il tutto dovrà essere finalizzato ad ottenere un confronto davvero aperto tra tutte le componenti, magari mediante incontri riservati con i soli amministratori indipendenti e, conclusivamente, ricorrendo al miglior supporto fornito dai consulenti esterni nella periodica attività di board evaluation [8] .

In quasi tutte le fonti internazionali di riferimento comparativo, si richiamano vari principi che devono auspicabilmente guidare l'attività di autovalutazione che, non può e non deve tradursi, in una retorica e poco credibile autodichia, ma deve essere guidata da principi cardine quali: l'effettività della indagine, il rigore metodologico, l'oggettività delle informazioni acquisite, il favorire un confronto, tanto critico quanto positivamente dialettico, tra tutte le parti gestorie, di controllo e strategiche interessate, per far sì che tutto il management rilevante e, nel suo complesso, sia coinvolto in termini propositivi nelle scelte e nelle decisioni più importanti e nelle attività da compiere per elidere le criticità emerse o quelle che potrebbero sopraggiungere.

Nel perorare tale approccio, pertanto, è ritenuto senz'altro preferibile l'intervento di un consulente esterno [9], tanto nelle società di grandi dimensioni quanto in quelle più piccole, essendo identica la ratio sottesa ed i principi che ne governano lo svolgimento [ 10].

In conclusione, se è impossibile stabilire definitivamente ed a priori quale sia la procedura migliore, si può però indicare quella che, allo stato - almeno sulla carta - possa offrire minori rischi di risultare inattendibile, carente o condizionata. In tale prospettiva, riteniamo che la soluzione per una board evaluation curata da un consulente esterno, sembrerebbe essere la scelta più opportuna e meno fuorviante, salvo le future prospettive di evaluation condotte, in tutto o in parte, con l'ausilio di procedure informatiche appositamente dedicate.

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*A cura dell'Avv. Nicola Monticelli, Name & Founding partner SLM-Studio Legale Monticelli (Roma); Dottore di Ricerca in Diritto Privato Comparato, già Docente a contratto di Diritto Commerciale; Diritto dell'Impresa e dei Mercati Finanziari presso Università LUISS Guido Carli di Roma; Amministratore Indipendente SGR.


[1] Banca d'Italia, Comunicazione del 5 gennaio 2012 – Applicazione delle disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche, in Banca d'Italia, Bollettino di Vigilanza n. 1, gennaio 2012. Esortazione cui peraltro aderiscono tutte le fonti internazionali le quali pongono l'accento sui principi di effettività, veridicità, affidabilità ed autonomia delle valutazioni operate.
[2] La sottolineatura in grassetto è dell'autore del presente contributo.
[3] https://www.oecd.org, OECD, Board Evaluation: Overview of International Practices, 2018, pag. 19.
[4] OECD, Board Evaluation: Overview of International Practices, 2018, pag. 18, "...For instance, a rule or guideline to use questionnaires may be construed as a test for board members, which they can"pass" or "fail". Although this may sound unlikely, confusion often dominates board evaluation discussions...".
[5] https://www.oecd.org, OECD, Board Evaluation: Overview of International Practices, 2018, pag. 19 "... But, at the same time, these disclosure requirements seem to have resulted in a standardisation of how the information is presented...".
[6] https://www.bancaditalia.it, Banca d'Italia, Analisi dei risultati e dei processi di autovalutazione, Sez. III - Analisi del processo di assessment, novembre 2013, pagg. 15-16.
[7] https://www.bancaditalia.it, Banca d'Italia, Analisi dei risultati ... (cit.), pag.16.
[8] FRC -Financial Reporting Council, Guidance on board effectiveness, July, 2018, pag. 18 "[...] It is up to the chair to make certain that all directors are aware of their responsibilities and to hold meetings with the non-executive directors without the executives present in order to facilitate a full and frank airing of views [...] The chair's role includes [...] leading the annual board evaluation, with support from the senior independent director as appropriate, and acting on the results considering having regular externally facilitated board evaluations [...]".
[9] Nestor Stilpon, Asian infrastructure investment bank (aiib) - Board Effectiveness in International Financial Institutions: A Comparative Perspective on the Effectiveness Drivers in Constituency Boards " ove si legge " A 2015 IMF review of evaluation processes at the organization noted that, Directors expressed skepticism about formal Board self-assessments […] Significantly, the externally facilitated assessment resulted in recommendations, some of which have been implemented but all of which were fully discussed by the board and implementation of the agreed recommendations is now part of the annual self-assessment of the board, 2019, Chapter I, pag. 22 in https: //www. brill. com
[10] FRC - Financial Reporting Council, Guidance…(cit.), pag.21, ove è riportato "[…] Chairs of smaller companies are also encouraged to consider doing this periodically. External facilitation can add value by introducing a fresh perspective and new ways of thinking, and a critical eye to board composition, dynamics and effectiveness. It may also be useful in certain circumstances, such as when there is a new chair, if there is a known problem requiring tactful handling or there is an external perception that the board is, or has been, ineffective […]".