Botte alla figlia col cucchiaio di legno: maltrattamenti per la madre
La Cassazione conferma la condanna per maltrattamenti nei confronti di una madre che colpiva la figlia con un cucchiaio di legno
Usare il cucchiaio di legno per colpire un figlio è reato. È quanto afferma la sesta sezione penale della Cassazione (sentenza n. 45405/2021), confermando la condanna per il reato di maltrattamenti nei confronti di una madre che picchiava la propria figlia con un cucchiaio di legno, facendola anche inginocchiare per ore con le braccia alzate.
La vicenda
La donna era stata già condannata in appello a un anno mezzo di reclusione, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, oltre al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, subordinando la sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 8.500 euro.
Le veniva contestato di avere reiterato condotte violente, aggressive e ingiuriose nei confronti della figlia minorenne, percuotendola ripetutamente con un cucchiaio di legno, tirandole i capelli e costringendola a stare inginocchiata per ore con le braccia alzate.
La tesi difensiva
La donna non ci sta e adisce il Palazzaccio, lamentando la risalenza del tempo nel fatto, l'inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa (nella specie, una bambina di 10 anni a suo dire molto condizionabile) e soprattutto il vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, si doleva il legale della madre che la Corte territoriale non avesse tenuto conto, omettendo al proposito qualsivoglia argomentazione, dei rilievi sviluppati nell'atto di appello ritualmente proposto nei quali si contestava la subordinazione della sospensione condizionale al pagamento di una provvisionale incompatibile - quanto all'entità della somma - alle disagiate condizioni economiche dell'imputata.
La decisione
Per la S.C. il ricorso però è inammissibile, fatta eccezione che per l‘apparato sanzionatorio.
Infondate, innanzitutto, le censure con cui la difesa mette in dubbio l'attendibilità della minore, tentando di ottenere una rivisitazione e una diversa valutazione dei fatti. Il contributo narrativo offerto dalla persona offesa, infatti, per la Corte è stato attentamente e criticamente esaminato dai giudici di merito, confrontandosi con la portata delle dichiarazioni - rese con l'assistenza dell'esperta psicoterapeuta infantile - esplicative di condotte precise ed inequivoche, i quali hanno sottolineato "come non sia emerso alcun elemento tale da far ritenere la versione dei fatti frutto di fantasia infantile o di manipolazione" da parte del teste (ndr la zia della minore).
*a cura di Marina Crisafi