C'è un limite alla riduzione del compenso anche se l'avvocato è scorretto
La Cassazione afferma che non si può ridurre il compenso oltre il limite del 50% anche se la condotta dell'avvocato non è conforme alle regole deontologiche
L'avvocato si "macchia" di condotte scorrette? Ciò può legittimazione una riduzione dei suoi compensi ma non oltre il 50%. È quanto ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 34573/2021.
La vicenda
Nella vicenda, portata all'attenzione della S.C., un avvocato trascinava in giudizio una società per sentirla condannare al pagamento di quasi 7mila euro a saldo dei compensi maturati per le prestazioni professionali svolte in suo favore.
A seguito dell'abbandono dell'udienza da parte dell'avvocato, tuttavia, il giudice accoglieva la domanda condannando la società al pagamento di oltre 5mila euro, liquidando soltanto 500 euro a titolo di compensi, in considerazione della condotta tenuta dal legale che nel corso dell'udienza abbandonava l'aula senza autorizzazione del giudice e per di più senza salutare.
Le tesi dell'avvocato
Avverso l'ordinanza del tribunale il legale ricorreva al Palazzaccio, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 del Dm n. 55/2014, come modificato dal Dm n. 37/2018, e dell'articolo 132 co. 2 n. 4 c.p.c. nella parte in cui erano state liquidate le spese di lite a carico della convenuta soccombente senza una distinzione delle varie fasi e nella complessiva misura di 500 euro, in violazione della regola minima inderogabile dettata dal citato articolo 4.
I parametri per la liquidazione dei compensi
Per gli Ermellini, l'avvocato ha ragione.
In tema di spese processuali, premettono, intanto, "la liquidazione dei compensi in applicazione del d.m. n. 55 del 2014 deve essere effettuata per ciascuna fase del giudizio, in modo da consentire la verifica della correttezza dei parametri utilizzati ed il rispetto delle relative tabelle, cassando quindi la sentenza di merito che aveva liquidato in termini complessivi ed in misura inferiore ai minimi tariffari le spese di lite".
Ma a prescindere da tale profilo, evidenziano, inoltre, che l'articolo 4 del Dm n. 55/2014, come modificato dal Dm n. 37/2018 nel testo quindi applicabile ratione temporis, prevede al comma 1 che "Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell'affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all'80%, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50%".
Limite del 50% non superabile
Premessi questi principi generali, proseguono i giudici, dal raffronto tra il testo modificato e quello originario emerge come a seguito della novella la diminuzione dei compensi, prima prevista solo "fino al 50%" oggi è contemplata con una indicazione lessicale che depone nel senso che la riduzione del 50% "costituisca un limite oltre il quale il giudice non ha la possibilità di spingersi, rafforzando in tal modo il vincolo di inderogabilità dei minimi tariffari".
Per cui, a differenza di quanto sostenuto in passato dalla stessa Cassazione (n. 2386/2017), deve ritenersi oggi "esclusa la possibilità di scendere al di sotto della riduzione del 50% dei valori medi" (cfr. ex multis Cass. n. 1018/2018).
La decisione
In definitiva, anche a voler superare la mancata distinzione delle varie fasi ai fini della liquidazione, e pur a voler ritenere che "la condotta dell'avvocato tenuta nel corso dell'udienza, in quanto non ritenuta conforme alle regole deontologiche, potesse legittimare una riduzione dei compensi, tale riduzione non potrebbe spingersi oltre il detto limite".
Da qui la cassazione dell'ordinanza impugnata. Parola al giudice del rinvio.