Camere penali: bene divieto di pubblicazione ordinanze cautelari
Per Francesco Petrelli, Presidente Unione Camere Penali Italiani, si tratta di un “primo passo importante”
“La materia va interamente rivisitata, ma quello del divieto di pubblicazione delle ordinanze cautelari è già un primo passo importante con il quale si ripristina un principio di diritto che era già presente nel nostro codice e che non incide affatto sul diritto di cronaca e di informazione, ma può al contrario certamente contribuire a limitare il fenomeno della gogna mediatica”. Così Francesco Petrelli, Presidente Unione Camere Penali Italiane, in una nota, in riferimento al decreto legislativo, approvato in esame preliminare dall’ultimo Consiglio dei ministri, che dà attuazione all’articolo 4 della legge di delegazione europea 2022-2023 (legge 21 febbraio 2024, n. 15) per l’adeguamento alla normativa Ue.
“Ciò che raggiunge il grande pubblico – prosegue Petrelli - non è certo il testo integrale delle ordinanze ma solo singole parti di intercettazioni o affermazioni stigmatizzanti del giudice, selezionate in base all’efficacia. Sono esclusivamente quelle che finiscono in pasto ai media al di fuori di ogni vaglio critico, spesso prima ancora che la difesa abbia conoscenza degli atti di indagine”.
“Occorre poi chiarire come in ogni caso una ordinanza cautelare resta il frutto di un giudizio necessariamente sommario formato in base ad atti selezionati esclusivamente dal pm in una fase che è sottratta al contraddittorio”.
“Assurdo gridare allo scandalo – prosegue - perché il divieto di pubblicazione di atti giudiziari è connaturato al nostro sistema processuale ed è in vigore in maniera severa in molti altri paesi europei, in quanto funzionale sia alla tutela delle indagini che della presunzione di innocenza. Si tratta dunque di un condiviso principio di civiltà”.
“L’uso indebito che si fa nel nostro paese di notizie e di atti di indagine, come intercettazioni di colloqui in carcere con familiari o di interrogatori di minorenni, come è accaduto di recente – conclude il Presidente dei penalisti -, impone una riflessione importante perché investe drammaticamente i diritti della persona, indagata o meno che sia, e dunque i valori fondamentali di una democrazia. È per questo motivo che una più complessiva riforma si impone”.