Penale

Carcere va sostituito con misura cautelare meno afflittiva per condanna inferiore a tre anni anche non definitiva

L'applicazione della misura impone la prognosi del giudice sulla condanna, la cui entità spiega i suoi effetti anche dopo l'irrogazione

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di Paola Rossi

La custodia cautelare carceraria va sostituita da misura meno afflittiva non solo in fase applicativa, quando il giudice prognostica come infratriennale la futura condanna, ma anche quando durante l'esecuzione intervenga condanna - anche non definitiva - inferiore a tre anni. La Cassazione, con la sentenza n. 4948/2021, ha posto rimedio alle diverse interpretazioni dovute alla lacuna normativa che espressamente esclude - per le esigenze cautelari - l'applicazione della misura maggiormente afflittiva del carcere solo nella fase applicativa, cioè quando la prognosi del giudice sulla futura condanna si assesti entro i tre anni.

La vicenda prende le mosse da due errori dei giudici di merito in questo caso. Il primo l'assenza di tale giudizio prognostico che non può assolutamente mai mancare al fine di applicare o escludere la misura cautelare. Il secondo la non presa in considerazione dell'intervenuta condanna, non superiore a tre anni, per quanto non definitiva. Spiega, infatti, la Cassazione che se è vero che il comma 2 bis dell'articolo 275 del Codice penale prescrive esplicitamente tale obbligo prognostico da parte del giudice solo al momento di decidere, ciò non azzera la previsione dell'articolo 299 dello stesso Codice, che impone al giudice di valutare adeguatezza e proporzionalità delle misure restrittive della libertà personale, anche nelle fasi successive all'irrogazione.

Quindi anche nella seconda fase, cioè dopo l'applicazione, che la Cassazione definisce "dinamica", si impone appunto di provvedere a sostituire con misura meno afflittiva del carcere il rispetto delle esigenze cautelari, nel caso in cui sia intervenuta condanna inferiore a tre anni anche se non ancora definitiva.

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