Cassa forense, il sistema di riscossione coattiva va alle Sezioni unite
La Prima sezione civile, ordinanza n. 24043/2024, decidendo su un ricorso del valore di oltre 20mln di euro ha rimesso diverse questioni al “Massimo consesso” affinchè valuti un eventuale uso “distorto” della funzione legislativa dovuto alle continue proroghe
Va alle Sezioni unite il sistema di riscossione coattivo dei crediti della Cassa di Previdenza Forense successivo all’abrogazione del regime “non riscosso per riscosso” che permetteva all’Istituto di previdenza di incassare il dovuto una volta consegnati i ruoli al concessionario. In particolare, a non convincere la Prima sezione civile, ordinanza n. 24043/2024, è un possibile uso “distorto” della funzione legislativa che attraverso continue proroghe ha minato la “fisiologica dinamica di una riscossione ordinata”, producendo una continua “incertezza” su procedimenti in corso e in definitiva incidendo negativamente sulla possibilità stesse di recupero diretto da parte della Cassa.
Il contenzioso parte dal ricorso dell’Istituto di previdenza contro la decisione della Corte di appello di Roma che nel 2020, ribaltando la decisione del tribunale (del 2015), aveva accolto l’appello proposto da Equitalia Sud e revocato il decreto ingiuntivo per quasi 23 milioni di euro in favore dell’Istituto per il pagamento di ruoli, relativi all’ambito di Napoli, negli anni 1996 suppletivo, 1997 ordinario e suppletivo, 1998 ordinario e suppletivo, 1999 ordinario, 2000, 2001, 2002, 2003, 2007 e 2008, in conseguenza del “mancato riversamento di somme non riscosse, iscritte nei ruoli trasmessi al concessionario e rimaste insolute, nonostante le procedure esecutive avviate nei confronti dei debitori della Cassa”.
La Suprema corte ricorda che ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del Dpr 43/1988, ora abrogato, la consegna dei ruoli faceva divenire il Concessionario addetto alla riscossione debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli, che dovevano essere versate alla Cassa alle scadenze stabilite, ancorché non riscosse. Il concessionario aveva quindi l’obbligo di anticipare alla Cassa il gettito delle procedure di riscossione (c.d. meccanismo del «non riscosso come riscosso»).
Con l’abrogazione di tale sistema da parte del Dlgs 112 del 1999, è dunque venuto meno l’obbligo dell’agente di versare anticipatamente alla Cassa, a scadenza fissa, gli importi da riscuotere. Si è invece introdotto un diverso sistema in base al quale il concessionario, una volta ricevuti i ruoli, provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l’obbligo di riversarli alla Cassa (art. 2 d.lgs. 37/1999; art. 22 d.lgs. 112/1999); in caso di omessa riscossione, il concessionario può ottenere il «discarico per inesigibilità» solo ove abbia rispettato determinati adempimenti, mentre perde il diritto al discarico ove, al termine della procedura venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione.
In materia è poi intervenuta la legge 228/2012, in vigore dal 1.1.2013 (legge di stabilità per il 2013), in combinato con il decreto attuativo 15.6.2015 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che, per tutti i ruoli antecedenti al 31.12.1999 ha stabilito l’annullamento automatico dei crediti di importo sino a 2.000 euro iscritti in ruoli resi esecutivi e per quelli di importo superiore ad 2.000 euro, di dare notizia all’ente impositore dell’esaurimento dell’attività di riscossione, per il discarico. L’annullamento del ruolo, precisa la Corte, non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato dall’ente secondo l’ordinaria procedura.
Per i ruoli post dicembre ’99 successivamente è intervenuta la legge n. 190/2014 che si configura come un intervento “innovativo e straordinario” del legislatore giustificato dalla scadenza contemporanea di tutte le comunicazioni di debito/credito tra agenti della riscossione e enti creditori che in sintesi prevede: i) la parziale revisione della disciplina delle comunicazioni di inesigibilità e del relativo controllo, con applicazione retroattiva della nuova disciplina alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 2000; ii) lo scaglionamento in ordine cronologico, inverso a quello dell’affidamento in carico, dei termini di presentazione e controllo delle comunicazioni di inesigibilità; iii) l’allineamento a queste nuove regole di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l’applicazione anche alle comunicazioni già presentate.
I termini sono stati poi ulteriormente prorogati dall’art. 3, comma 20, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119. Da ultimo è intervenuta la normativa di definizione agevolata -cd. “rottamazione quater”- dei carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, introdotta dall’ articolo 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/2022 e dal d. l. 51/2023 conv. in l.n.87/2023, con cui il termine è stato differito al 30 giugno 2023 per i ruoli da gennaio 2000.
Secondo la Corte di merito con riferimento ai ruoli post riforma azionati nel presente giudizio (ruoli dal 2000 al 2008), il mancato invio delle comunicazioni (articolo 19, 2 co., lett. b)), nella versione riformulata con la legge di stabilità 2015, non costituisce più causa di perdita del diritto al discarico e i rapporti non possono ancora ritenersi definiti, perché non sono ancora scaduti i termini per le comunicazioni di inesigibilità.
Per la Suprema corte però le leggi nn. 228/2012 e 190/2014 sono intervenute, con effetto retroattivo, nel corso del giudizio di primo grado, alterandone l’esito. Sono stati infatti sia prorogati i termini per la dichiarazione di inesigibilità – e le proroghe sono tuttora in corso per i ruoli post 2000 – “ma soprattutto il discarico dell’agente di riscossione non è stato più subordinato alla dimostrazione del diligente espletamento dell’attività esecutiva ed informativa”.
Le Prima sezione civile ha così posto alle Sezioni unite la seguente questione, rubricata come di “particolare importanza”, sia perché riguarda il “delicato tema della parità delle armi processuali” e la “retroattività nel diritto CEDU”, sia perché attinente a un contenzioso di “rilevanza consistentissima”, che è venuto in rilievo anche in analoghe controversie decise da altre Sezioni della Corte, e cioè: «Se, in tema di riscossione coattiva tramite ruoli dei crediti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, il quadro normativo complessivo, in particolare quello disciplinato dalle leggi n. 228/2012 e n. 190/2014, sia compatibile o meno con l’art. 6 par. 1 CEDU, quale norma interposta in relazione al parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost., avuto riguardo ai seguenti profili: a) la ricorrenza, nella specie, di elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, come individuati nella pronuncia n. 210/2021 della Corte Costituzionale (ADER, ente pubblico, è parte del giudizio; il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999); b) l’incidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria (Cfr. Corte Cost. n.145/2022), sia della necessità di bilanciamento dell’interesse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dell’elevato numero di debitori, dell’accumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dell’ingentissimo importo complessivo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità; c) il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, in quanto i “meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (Corte Cost. n.51/2019 e Corte Cost. n.18/2019); d) la duratura incertezza, derivante dalle suddette proroghe, sull’esito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, l’allungamento considerevole della durata del processo; e) l’incidenza delle suesposte considerazioni sull’efficace esperibilità di rimedi alternativi (azione diretta della Cassa verso gli iscritti debitori), che deve concretarsi nella “ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte” (Corte Cost. n.210/2021)».