Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 25 ed il 29 gennaio 2021
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) impugnazione del lodo arbitrale e mera delibazione dei motivi di nullità; (ii) vizi processuali e lesione del diritto di difesa; (iii) legittimazione ad agire e titolarità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio; (iv) atto di appello e specificità dei motivi addotti; (v) riassunzione del giudizio, richiesta d'ufficio del regolamento di competenza e limiti temporali; (vi) grave impedimento del difensore ed istanza di rinvio dell'udienza di discussione; (vii) interesse ad agire e suoi caratteri; (viii) sistema delle preclusioni e regime applicabile all'eccezione di decadenza dall'eccezione di prescrizione; (ix) giudizio di rinvio ed alterità del giudice.
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PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
ARBITRATO – Cassazione n. 1463/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, il giudice di legittimità afferma che nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale, la mera delibazione dei motivi di nullità del lodo arbitrale non dà luogo al passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria, né può ritenersi elemento idoneo ad attribuire natura decisoria, e conclusiva della prima fase del giudizio, a tale valutazione del giudice, la circostanza che quest'ultimo, a seguito della detta delibazione, abbia provveduto all'istruttoria della causa.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 1551/2021
Esaminando una controversia in materia di pubblico impiego, la decisione riafferma che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito.
AZIONE – Cassazione n. 1617/2021
La pronuncia, con ampia ed articolata motivazione, riafferma che mentre la legittimazione ad agire ed a contraddire si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione dell'attore, quest'ultimo ed il convenuto assumano la veste di – rispettivamente – soggetto che ha il potere di chiedere la pronunzia giurisdizionale e di soggetto tenuto a subirla, attiene invece al merito della lite la questione relativa alla reale titolarità attiva o passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, che si risolve nell'accertamento di una situazione di fatto favorevole all'accoglimento od al rigetto della pretesa azionata.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 1702/2021
Nell'ordinanza la Corte specifica che l'atto di appello deve possedere una intrinseca logicità ed il necessario e coerente collegamento tra la decisione impugnata che si intende sottoporre a critica, i motivi che lo sorreggono e le conseguenze che si vogliono far discendere rispetto alla decisione gravata.
COMPETENZA – Cassazione n. 1736/2021
La decisione ribadisce che il giudice indicato come competente da quello originariamente adito, e innanzi al quale la causa sia stata riassunta, può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza non oltre la prima udienza di trattazione, salvo che debba svolgere attività processuali, come assumere sommarie informazioni, strettamente funzionali alla valutazione riguardanti la prospettabilità del conflitto di competenza, nel qual caso la richiesta del regolamento deve seguire senza soluzione di continuità le dette attività processuali.
DIFENSORI – Cassazione n. 1793/2021
Con l'ordinanza in epigrafe, la Suprema Corte riafferma che l'istanza di rinvio dell'udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell'articolo 115 disp. att. c.p.c., deve fare riferimento all'impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad un collega, venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all'organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell'udienza.
AZIONE – Cassazione n. 1818/2021
Chiamata a pronunciarsi in merito ad un giudizio di accertamento della usurarietà degli interessi moratori pattuiti in sede di stipula di contratti di mutuo fondiario, la Suprema Corte ribadisce che l'interesse ad agire deve essere concreto, cioè effettivo ed attuale dovendo essere esistente fino al momento della decisione.
A ZIONE – Cassazione n. 1821/2021
Esaminando un giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, la pronuncia afferma che l'eccezione di decadenza dall'eccezione di prescrizione, a differenza dell'eccezione di prescrizione che, in quanto in senso stretto, deve essere sollevata dalla parte a favore del quale è prevista, è un'eccezione di natura processuale che può essere rilevata d'ufficio anche dal giudice e, come tale, può essere sollevata anche in appello.
IMPUGNAZIONI– Cassazione n. 2114/2021
La sentenza riafferma che se il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull'alterità, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell'articolo 158 c.p.c. senza che necessiti la ricusazione (art.icolo52 c.p.c.), essendosi già pronunciata la sentenza cassatoria sull'alterità.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Arbitrato – Lodo – Impugnazione – Fasi – Delibazione motivi di nullità del lodo – Passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria – Configurabilità – Esclusione – Successiva istruttoria della causa – Valenza decisoria – Insussistenza. (Cpc, articoli 829 e 830)
Nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale, la mera delibazione dei motivi di nullità del lodo arbitrale non dà luogo al passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria, né può ritenersi elemento idoneo ad attribuire natura decisoria, e conclusiva della prima fase del giudizio, a tale valutazione del giudice, la circostanza che quest'ultimo, a seguito della detta delibazione, abbia provveduto all'istruttoria della causa (Nel caso di specie, rigettando il ricorso con cui parte ricorrente aveva dedotto la violazione da parte della corte d'appello del giudicato interno sulla fase rescindente del giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, la Suprema Corte, nel ritenere infondata la doglianza, ha concluso che soltanto l'eventuale accoglimento anche di un solo motivo di nullità del lodo dà luogo, in virtù del principio di indivisibilità del lodo arbitrale – che comporta che la nullità di uno dei capi del lodo si estenda anche agli altri – al necessario passaggio alla fase rescissoria, non determinandosi tale conseguenza ove la valutazione del giudice si limiti ad una mera delibazione dei medesimi motivi di nullità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 16 aprile 2018, n. 9387; Cassazione, sezione civile I, sentenza 17 luglio 2012, n. 12199; Cassazione, sezione civile I, sentenza 8 ottobre 2010, n. 20880).
• Cassazione, sezione I civile, ordinanza 25 gennaio 2021, n. 1463 – Presidente Genovese – Relatore Fidanzia
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Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Vizi del processo – Rilevanza – Condizioni – Lesione del diritto di difesa – Portata – Fattispecie relativa a trasferimento per incompatibilità ambientale disposta dall'Amministrazione nel comparto scolastico. (Cost, articolo 24; Cpc, articoli 345, 360 e 437)
La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta tra il ricorrente ed un'amministrazione ministeriale, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza con la quale la corte del merito aveva confermato il rigetto della domanda diretta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del decreto di trasferimento disposto nei confronti del ricorrente, la Suprema Corte ha osservato che quest'ultimo si era limitato a censurare l'affermazione della Corte territoriale che ha ritenuta nuova, e come tale inammissibile, la deduzione della violazione delle norme della contrattazione collettiva, senza tuttavia precisare in che modo l'omessa considerazione della normativa collettiva avrebbe inciso sulla decisione impugnata e sulla "ratio" che la sostiene, costituita dall'accertata sussistenza delle esigenze tecniche, organizzative e produttive idonee a giustificare il predetto trasferimento per incompatibilità ambientale; da tale incompleta e generica allegazione, conclude la sentenza in epigrafe, non è dato pertanto desumere non solo quale sia il contenuto effettivo delle norme invocate che la corte del merito non avrebbe applicato ma, soprattutto, in che modo la loro applicazione avrebbe comportato un risultato decisorio diverso e contrario rispetto a quello adottato, impedendo di valutare la decisività dell'"error in procedendo" eventualmente commesso dal giudice del merito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 20 novembre 2020, n. 26419; Cassazione, sezione civile V, sentenza 18 dicembre 2014, n. 26831).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 25 gennaio 2021, n. 1551 – Presidente e relatore D'Oronzo
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Azione – Diritto di azione – Elementi costitutivi – Legittimazione ad agire – "Legitimatio ad causam" – Titolarità del rapporto sostanziale oggetto del processo – Nozioni rispettive – Distinzione – Conseguenze. (Cpc, articoli 81, 99, 100, 183)
La legittimazione ad agire ("legitimatio ad causam") costituisce elemento costitutivo del diritto di azione, servendo ad individuare la titolarità dell'azione, ossia a chi essa spetti. Disciplinando la sostituzione processuale ("fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui"), l'articolo 81 cod. proc. civ. enuncia indirettamente, occupandosi della sua eccezione, la regola della legittimazione ad agire, la quale compete a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendone di esserne il titolare, restando a tal fine irrilevante la titolarità effettiva del rapporto. Oggetto di analisi, ai fini di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire, è quindi la domanda, nella quale l'attore deve affermare di essere il titolare del diritto dedotto in giudizio. Ciò che rileva è la prospettazione: la sussistenza della legittimazione va verificata ed accertata sulla sola base della domanda e dei suoi contenuti. Nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio non indichi l'attore come titolare del diritto di cui si chiede l'affermazione, l'azione è inammissibile. La legittimazione ad agire si risolve pertanto nella titolarità del potere di promuovere un giudizio indipendentemente dalla titolarità della situazione sostanziale attiva del rapporto giuridico controverso e va determinata in base agli effetti del provvedimento richiesto. Il controllo del giudice sulla sussistenza della "legitimatio ad causam", nel suo aspetto di legittimazione ad agire, si esplica nell'accertare se, secondo la prospettazione dell'attore, questi assuma la veste di soggetto che ha il potere di chiedere la pronuncia giurisdizionale. Può aversi così difetto di "legitimatio ad causam" tutte le volte che (e solo se) si faccia valere, in sede giudiziaria, un diritto rappresentato come altrui, ovvero un diritto rappresentato come oggetto della propria sfera di azione e di tutela giurisdizionale al di fuori del relativo modello legale tipico. Viceversa, la questione della reale titolarità del diritto sostanziale fatto valere in giudizio attiene, invece, al merito della causa. Ben può accadere quindi che, all'esito del processo, si accerti che la parte non era titolare del diritto che aveva prospettato come suo, ma ciò riguarda il fondo della controversia e non esclude la legittimazione a promuovere un processo. L'attore, in altri termini, perderà la causa, ma aveva diritto di intentarla. Occorre, in definitiva, distinguere tra il caso in cui un soggetto faccia valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio, ed allora rimane violato l'articolo 81 cod. proc. civ., dal caso in cui il soggetto abbia fatto valere in giudizio come proprio un diritto spettante invece ad altro soggetto, ed allora la decisione è di merito (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in seguito alla stipulazione di una compravendita immobiliare, accogliendo il ricorso di una società di persone, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia gravata avendo la corte territoriale, nel dichiarare il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, con conseguente travolgimento dell'intera attività processuale svolta successivamente all'introduzione del giudizio, indebitamente sovrapposto i concetti di "legitimatio ad causam" e di titolarità effettiva del diritto sostanziale controverso). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 16 febbraio 2016, n. 2951; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 novembre 2013, n. 25104; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 14 giugno 2006, n. 13756; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 6 marzo 2006, n. 4796).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 26 gennaio 2021, n. 1617 – Presidente Di Virgilio –Relatore Giusti
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Impugnazioni – Giudizio di appello – Forma – Atto di appello – Specificità dei motivi – Formulazione – Condizioni. (Cpc, articolo 342)
In base alla novellata formulazione dell'articolo 342 cod. proc. civ., l'appellante, a pena di inammissibilità, ha l'onere di motivare l'atto di impugnazione, il che di per sé implica che chi propone il gravame ha il dovere di formulare critiche conferenti alla decisione impugnata, traendone, ai fini della modifica richiesta al giudice dell'appello, le logiche conseguenze in linea, per così dire, con le premesse su cui si fonda la richiesta di riforma della sentenza di primo grado. In altri termini, l'atto di appello deve possedere una intrinseca logicità ed il necessario e coerente collegamento tra la decisione impugnata che si intende sottoporre a critica, i motivi che lo sorreggono e le conseguenze che si vogliono far discendere rispetto alla decisione gravata (Nel caso di specie, relativo ad una controversia in materia di insidia stradale, accogliendo il ricorso, il giudice di legittimità ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte distrettuale, nel dichiarare l'appello inammissibile ex articolo 342 cod. proc. civ. aveva testualmente motivato: "per assenza di alcuna specifica e argomentata confutazione del ragionamento seguito dal Tribunale per affermare l'insussistenza della prova della dinamica dell'incidente e del nesso di causalità" aggiungendo "sotto altro autonomo profilo questa Corte fa propria e condivide nel merito l'impugnata sentenza"; a giudizio della S.C., l'appello proposto dal ricorrente era invece formulato in modo tale da consentire non solo l'individuazione delle parti della sentenza di cui si chiedeva la riforma — osservandosi che la specificità dei motivi di appello deve essere commisurata alla specificità della motivazione e non è ravvisabile solo ove l'appellante, nel censurare le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, ometta di indicare, per ciascuna delle ragioni esposte nella sentenza impugnata sul punto oggetto della controversia, le contrarie ragioni di fatto e di diritto che ritenga idonee a giustificare la doglianza — ma anche la comprensione delle ragioni di dissenso rispetto alla sentenza impugnata, sì da consentire al giudice del gravame di avere una chiara rappresentazione dei motivi di impugnazione ed alla parte appellata di poter formulare le pertinenti argomentazioni difensive). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 26 gennaio 2021, n. 1702 – Presidente De Stefano –Relatore Gorgoni
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Competenza – Regolamento di competenza – Richiesta d'ufficio del regolamento di competenza – Limiti temporali – Sussistenza – Svolgimento attività processuali funzionali alla elevazione del conflitto – Ammissibilità – Condizioni. (Cpc, articoli 38 e 45; Rd, n. 1775/1933, articoli 161 e 208)
Il giudice indicato come competente da quello originariamente adito, e innanzi al quale la causa sia stata riassunta, può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza non oltre la prima udienza di trattazione, salvo che debba svolgere attività processuali, come assumere sommarie informazioni, strettamente funzionali alla valutazione riguardanti la prospettabilità del conflitto di competenza, nel qual caso la richiesta del regolamento deve seguire senza soluzione di continuità le dette attività processuali (Nel caso di specie, nel dichiarare inammissibile il ricorso in quanto tardivo, la Suprema Corte ha evidenziato l'applicabilità dei principi espressi anche con riferimento al conflitto di competenza sollevato dal Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, riaffermando, quindi, che, anche nel procedimento dinanzi a tale giudice, il regolamento di competenza d'ufficio non può essere richiesto oltre la prima udienza di trattazione, essendo applicabile anche in tale giudizio l'articolo 38 cod. proc. civ., in virtù del rinvio residuale alla disciplina del codice di procedura civile operato dalla norma di salvaguardia dell'articolo 208 del Rd n. 1775 del 1933, posto che l'articolo 161 dello stesso regola specificamente soltanto l'ipotesi del regolamento di competenza rimesso all'iniziativa delle parti). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 2 agosto 2018, n. 20445; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 settembre 2016, n. 18357; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 25 novembre 2011, n. 24903).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 gennaio 2021, n. 1736 – Presidente e relatore Scrima
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Difensori – Udienza di discussione – Istanza di rinvio per grave impedimento del difensore – Impossibilità di sostituzione mediante conferimento di delega ad un collega – Allegazione – Necessità – Fondamento. (Disp. att. c.p.c., articolo 115; Legge, n. 247/2012, articolo 14)
L'istanza di rinvio dell'udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell'articolo 115 disp. att. cod. proc. civ., deve fare riferimento all'impossibilità di sostituzione mediante delega conferita a un collega (facoltà generalmente consentita dall'articolo 14, comma 2, della legge n. 247/2012 e tale da rendere riconducibile all'esercizio professionale del sostituito l'attività processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all'organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell'udienza. La carenza organizzativa del professionista incaricato non consente infatti la concessione del differimento dell'udienza fissata, di modo che è del tutto legittima la sentenza pronunciata a seguito del corretto diniego del provvedimento di rinvio (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il motivo di ricorso diretto a denunziare, da parte della società ricorrente, la violazione dell'articolo 115 disp. att. cod. proc. civ., per il mancato rinvio dell'udienza pur a fronte del grave impedimento del difensore rappresentato al giudice relatore, ha ritenuto incensurabile la valutazione operata sul punto dalla corte del merito la quale aveva rilevato come non risultasse adeguatamente dimostrato non l'impedimento, ma il presupposto dell'impossibilità di sostituzione (con delega al collega dell'esame della relazione peritale da pochi giorni depositata e di eventuali istanze a questa conseguenti), non potendo risolversi lo stesso nella mera allegazione di una generica delicatezza della controversia) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25783; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 26 marzo 2012, n. 4773).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1793 – Presidente Scaldaferri – Relatore Pazzi
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Azione – Interesse ad agire – Caratteri – Effettività ed attualità – Principio enunciato in controversia avente ad oggetto l'azione di accertamento della usurarietà degli interessi moratori pattuiti in sede di stipula di contratti di mutuo fondiario. (Cc, articolo 1421; Cp, articolo 644; Cpc, articolo 100)
L'interesse ad agire deve essere concreto, cioè effettivo ed attuale e deve essere esistente fino al momento della decisione (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha confermato la carenza dell'interesse ad agire ex articolo 100 cod. proc. civ. in capo ai ricorrenti in riferimento ai contratti di mutuo dagli stessi stipulati con la banca controricorrente, in quanto estinti già al momento della decisione di primo grado dell'azione di accertamento e restituzione da essi proposta; in particolare, tale interesse, volto all'accertamento in astratto della eventuale nullità contrattuale per usurarietà del tasso degli interessi moratori pattuito, al fine di ottenere la formazione di un giudicato idoneo a paralizzare la eventuale futura richiesta della banca di interessi moratori in misura superiore al tasso soglia, non sussisteva più al momento della pronuncia del provvedimento di primo grado, in quanto, in ragione dell'avvenuto puntuale pagamento di tutte le rate da parte dei ricorrenti, era ormai certo che nel futuro non sarebbe mai stato applicato a loro carico alcun interesse moratorio) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 18 settembre 2020, n. 19597).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1818 – Presidente Scaldaferri – Relatore Fidanzia
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Azione – Eccezioni – Eccezione di decadenza dall'eccezione di prescrizione – Natura processuale – Rilievo officioso anche in appello – Sussistenza – Principio espresso in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare. (Cpc, articoli 166 e 167; Rd, n. 267/1942, articolo 99)
L'eccezione di decadenza dall'eccezione di prescrizione, a differenza dell'eccezione di prescrizione che, in quanto in senso stretto, deve essere sollevata dalla parte a favore del quale è prevista, è un'eccezione di natura processuale che può essere rilevata d'ufficio anche dal giudice e, come tale, può essere sollevata anche in appello (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, la Suprema Corte ha cassato con rinvio il decreto impugnato avendo il giudice del merito omesso di dichiarare l'inammissibilità dell'eccezione di prescrizione del credito sollevata dalla curatela per effetto della tardività della costituzione di quest'ultima; il curatore, infatti, a seguito della sua costituzione tardiva in giudizio, era decaduto dalla possibilità di sollevare l'eccezione di prescrizione del credito ai sensi dell'articolo 99, commi 6 e 7, della legge fallimentare, la cui formulazione riproduce lo stesso sistema di preclusioni regolato dagli articoli 166 e 167 cod. proc. civ., prevedendosi parimenti l'obbligo della parte convenuta in giudizio di costituirsi entro un certo termine – dieci giorni – prima dell'udienza fissata per la comparizione delle parti – venti giorni prima nel giudizio ordinario di cognizione o dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini – nonché l'obbligo, in sede di costituzione, di sollevare, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, tra cui rientra a pieno titolo l'eccezione di prescrizione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 febbraio 2020, n. 4689).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1821 – Presidente Scaldaferri – Relatore Fidanzia
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Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Giudizio di rinvio – Rinvio prosecutorio – Portata – Duplice statuizione – Individuazione del giudice di rinvio da parte della Corte di cassazione – Competenza funzionale – Sussistenza – Alterità del giudice persona fisica rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata – Doverosità – Partecipazione al collegio, in sede di rinvio, di un giudice già componente del collegio della decisione cassata – Nullità relativa alla costituzione del giudice – Configurabilità – Necessità della ricusazione – Insussistenza. (Cpc, articoli 52, 158 e 383)
La sentenza che dispone il rinvio ex articolo 383, comma 1, cod. proc. civ. contiene una duplice statuizione, di competenza funzionale, nella parte in cui individua l'ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio (che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado), e sull'alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato; ne consegue che, se il giudizio viene riassunto davanti all'ufficio giudiziario individuato nella sentenza predetta, indipendentemente dalla sezione o dai magistrati che lo trattano, non sussiste un vizio di competenza funzionale, che non può riguardare le competenze interne tra sezioni o le persone fisiche dei magistrati; se, invece, il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica (in caso di giudizio monocratico) o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull'alterità, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell'articolo 158 cod. proc. civ., senza che necessiti la ricusazione (articolo 52 cod. proc. civ.), essendosi già pronunciata la sentenza cassatoria sull'alterità (Nel caso di specie, relativo ad una controversia in materia di giudizio di responsabilità disciplinare di un professionista, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la decisione gravata in quanto il raffronto tra i nominativi dei membri dei due collegi pronunciatisi dapprima nella decisione cassata e poi in quella emessa in sede di rinvio aveva confermato la parziale identità delle persone fisiche che avevano partecipato alla decisione nelle due occasioni). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 5 maggio 2017, n. 11120; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 2 febbraio 2012, n. 1527).
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 29 gennaio 2021, n. 2114 – Presidente San Giorgio – Relatore Criscuolo