Veneto Banca, i componenti del Cda dovevano vigilare
La Cassazione, ordinanza n. 11219 depositata oggi, ha infatti respinto il ricorso di un manager bancario di lungo corso contro la sentenza di condanna della Corte di appello di Venezia del 2019
È definitiva la sanzione (di 15mila euro, inizialmente erano 35mila) irrogata nel 2017 dalla Consob nei confronti di un componente del Cda di Veneto Banca, manager bancario di lungo corso, per aver tenuto nel periodo 2009 -2014 comportamenti contrari alla diligenza e trasparenza nell’ambito dell’operazione di aumento di capitale e del collocamento dell’obbligazione Veneto Banca 4%; oltre a irregolarità in materia di pricing delle azioni di emissione della Banca. La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 11219 depositata oggi, ha infatti respinto il ricorso del banchiere contro la sentenza di condanna della Corte di appello di Venezia del 2019.
Tutti bocciati i motivi di ricorso. Per la Suprema corte, il giudice di secondo grado correttamente ha “dato conto dell’inerzia dell’amministratore, laddove ha richiamato la sua mancata attivazione nonostante gli esiti dell’accertamento ispettivo compiuto dalla Consob nel periodo 22/11/2010-23/5/2011, che avrebbe consentito al predetto di attivare i poteri informativi e di intervento messi a disposizione dalla legge e di rilevare e rimuovere le anomalie riscontrate”.
Nella motivazione la Cassazione, tra l’altro, ha affermato che «il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie … non va, del resto, rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega».
Non si tratta tuttavia, spiega la Corte, di una responsabilità oggettiva degli amministratori non esecutivi, «essendo gli stessi perseguibili ove ricorrano comunque sia la condotta d’inerzia, sia il fatto pregiudizievole antidoveroso, sia il nesso causale tra i medesimi, sia, appunto, la colpa, consistente nel non aver rilevato colposamente i segnali dell’altrui illecita gestione, pur percepibili con la diligenza della carica (anche indipendentemente dalle informazioni doverose ex art. 2381 cod. civ.), e nel non essersi utilmente attivati al fine di evitare l’evento».
Sotto il profilo probatorio, poi, questo significa che chi afferma la responsabilità deve allegare e provare l’esistenza di segnali d’allarme (anche impliciti) che avrebbero dovuto indurre i consiglieri “ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo (con la richiesta di convocazione del consiglio di amministrazione rivolta al presidente, il sollecito alla revoca della deliberazione illegittima o all’avocazione dei poteri, l’invio di richieste per iscritto all’organo delegato di desistere dall’attività dannosa, l’impugnazione delle deliberazione, la segnalazione al p.m. o all’autorità di vigilanza, e così via)”. Se tale onere è stato assolto, saranno gli amministratori a dover provare di “avere tenuto la condotta attiva dovuta o la causa esterna, che abbia reso non percepibili quei segnali o impossibile qualsiasi condotta attiva mirante a scongiurare il danno”.
Riguardo poi al motivo che sostiene un ritardo di Consob nell’emettere la sanzione rispetto alla comunicazione di Bankitalia del 2013, la Cassazione chiarisce che ai rilievi ispettivi di Via Nazionale sulla situazione aziendale, sono seguite, come previsto, delle indagini ulteriori poste in essere dalla Commissione “al fine di verificare e controllare la correttezza dei comportamenti nella distribuzione degli strumenti finanziari emessi dalla Banca, sicché solo all’esito dell’acquisizione completa ed effettiva dei documenti si può ritenere definita nella sua integralità l’attività di indagine e controllo da parte della stessa, alla quale solo deve far seguito la notificazione della contestazione nel termine perentorio stabilito dal primo comma dell’art. 195” del Tuf.