Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 20 ed il 24 settembre 2021

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) riconoscimento indennità di maternità e litisconsorzio necessario; (ii) sentenza, anomalia motivazionale e sindacato in sede di legittimità; (iii) esecuzione forzata, sopravvenuta caducazione del titolo giudiziale e regime delle spese di lite; (iv) esecuzione forzata, sopravvenuta caducazione del titolo giudiziale, e giudice competente per la domanda risarcitoria; (v) giudizio di appello e specificità dei motivi; (vi) liquidazione spese di lite per la chiamata del terzo tra principio di causazione e principio di soccombenza; (vii) azione di rivendicazione ed attenuazione dell'onere probatorio; (viii) spese processuali limiti alla loro compensazione; (ix) cause relative a diritti di obbligazione ed incompleta formulazione dell'eccezione di incompetenza territoriale.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

LITISCONSORZIO NECESSARIO –
Cassazione n. 25401/2021
L'ordinanza riafferma che la domanda della lavoratrice dipendente volta al riconoscimento dell'indennità di maternità va proposta non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche dell'Inps, ricorrendo nei loro confronti un'ipotesi di litisconsorzio necessario ex articolo 102 cod. proc. civ., in quanto, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, l'Inps è l'unico soggetto obbligato ad erogare le indennità di malattia e maternità ex articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, mentre il datore di lavoro ha solo il dovere di anticiparne l'importo, salvo conguaglio con i contributi e le altre somme da corrispondere all'Istituto, sempreché la prestazione sia effettivamente dovuta dall'Istituto previdenziale.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 25423/2021
La pronuncia riafferma che l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è costituita dal mancato rispetto del minimo costituzionale la quale si traduca in mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, in motivazione apparente, tale da impedire alla motivazione di ripercorrere il percorso logico della decisione avendo il giudice del merito l'onere di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione.

ESECUZIONE FORZATA Cassazione n. 25478/2021
Enunciando nell'interesse della legge il principio di diritto ai sensi dell'articolo 363, comma 3, c.p.c., relativo ad una questione di massima di particolare importanza posta dall'ordinanza interlocutoria n. 6422/2020, le Sezioni Unite hanno affermato che in caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie, ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione.

SPESE PROCESSUALICassazione n. 25478/2021
Enunciando nell'interesse della legge il principio di diritto ai sensi dell'articolo 363, comma 3, c.p.c., relativo ad una questione di massima di particolare importanza posta dall'ordinanza interlocutoria n. 6422/2020, le Sezioni Unite hanno affermato che l'istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell'articolo 96, secondo comma, c.p.c., per aver intrapreso o compiuto l'esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest'ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell'opposizione all'esecuzione; e, solamente quando sussista un'ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all'esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 25494/2021
La decisione, nel ribadire che gli articoli 342 e 434 cod. proc. civ. devono essere interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, conferma l'esclusione di un l'atto di appello tale da rivestire particolari forme sacramentali o contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 25512/2021
La pronuncia dà continuità al principio secondo cui in forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa.

PROVA CIVILE Cassazione n. 25865/2021
La sentenza consolida il principio secondo cui nell'azione per rivendicazione l'onere della cosiddetta "probatio diabolica" incombente sull'attore si attenua quando il convenuto si difenda deducendo un proprio titolo d'acquisto, quale l'usucapione, che non sia in contrasto con l'appartenenza del bene rivendicato ai danti causa dell'attore; in tali ipotesi, detto onere può ritenersi assolto, in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, con la dimostrazione della validità del titolo di acquisto da parte del rivendicante e dell'appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere.

SPESE PROCESSUALICassazione n. 25938/2021
La decisione riafferma che, ai sensi dell'articolo 92 c.p.c., nel testo in vigore novellato dal decreto legge n. 132/2014, (applicabile "ratione temporis"), la compensazione delle spese può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), nelle ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, nonché – per effetto della sentenza 7 marzo 2018, n. 77 della Corte costituzionale – nelle analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti ed in quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle ipotesi tipiche espressamente previste dal citato articolo 92, comma 2, c.p.c.

COMPETENZA Cassazione n. 25969/2021
L'ordinanza ribadisce il principio secondo cui nelle cause relative a diritti di obbligazione la disciplina dettata dall'articolo 38 c.p.c. comporta che il convenuto sia tenuto ad eccepire l'incompetenza per territorio del giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli articoli 18, 19 e 20 c.p.c., con l'indicazione specifica del giudice ritenuto competente in relazione a ciascuno dei predetti criteri, senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata comunque inefficace l'eccezione, il giudice possa rilevare d'ufficio profili d'incompetenza non prospettati, con il conseguente radicamento della competenza del giudice adito in base al profilo non (o non efficacemente) contestato.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Litisconsorzio necessario – Assicurazioni sociali – Domanda giudiziale di indennità di maternità – Proposizione nei confronti del datore di lavoro e dell'Inps – Litisconsorzio necessario – Sussistenza – Fondamento. (Cc, articolo 2110; Cpc, articoli 102 e 331; Dl, n. 663/1979, articolo 1; Legge n. 833/1978, articolo 74)
La domanda della lavoratrice dipendente volta al riconoscimento dell'indennità di maternità va proposta non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche dell'Inps, ricorrendo nei loro confronti un'ipotesi di litisconsorzio necessario ex articolo 102 cod. proc. civ., in quanto, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, l'Inps è l'unico soggetto obbligato ad erogare le indennità di malattia e maternità ex articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, mentre il datore di lavoro ha solo il dovere di anticiparne l'importo, salvo conguaglio con i contributi e le altre somme da corrispondere all'Istituto, sempreché la prestazione sia effettivamente dovuta dall'Istituto previdenziale (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio in cui in primo grado la lavoratrice aveva agito tanto nei confronti dell'Inps quanto del datore di lavoro, la Suprema Corte ha accolto il ricorso incidentale con cui il datore di lavoro aveva dedotto la nullità della sentenza impugnata per difetto di integrità del contraddittorio in sede di gravame in quanto l'atto di appello non gli era stato notificato, né la corte territoriale aveva provveduto a disporre l'integrazione del contradditorio nei suoi confronti; una volta che il giudizio di primo grado era stato instaurato nei confronti di entrambi, specifica la decisione in epigrafe, esso aveva dato luogo ad un litisconsorzio processuale, divenuto necessario nel giudizio d'impugnazione, avente ad oggetto temi comuni ad ambedue le parti, sicché il giudice d'appello avrebbe comunque dovuto integrare il contraddittorio nei confronti della parte pretermessa a norma dell'articolo 331 cod. proc. civ). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 22 gennaio 2015, n. 1172).
Cassazione, sezione L civile, sentenza 20 settembre 2021, n. 25401 – Presidente Manna – Relatore Marchese

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di Cassazione – Denunzia di anomalia motivazionale – Ammissibilità – Condizioni e limiti – Fattispecie in materia tributaria. (Cost, articolo 111; Cpc, articoli 132 e 360)
L'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è costituita dal mancato rispetto del minimo costituzionale la quale si traduca in mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, in motivazione apparente, tale da impedire alla motivazione di ripercorrere il percorso logico della decisione avendo il giudice del merito l'onere di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento redatti con metodo sintetico ed emessi per il recupero a tassazione di imposte dirette con relative sanzioni, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del contribuente, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la stessa, pur formalmente esistente da un punto di vista meramente grafico, risultava inidonea ad esplicitare le ragioni della decisione; la pronuncia, in particolare, rimarca il giudice di legittimità, non dà contezza circa l'esame degli elementi di prova allegati dal contribuente relativi alle giustificazioni da questi addotte in base agli apporti provenienti dal proprio nucleo familiare, limitandosi ad una valutazione apodittica di tali elementi, senza alcun esame del loro contenuto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, sentenza 25 settembre 2018, n. 22598;
Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 7 aprile 2014, n. 8053
).
Cassazione, sezione V civile, ordinanza 20 settembre 2021, n. 25423 – Presidente Sorrentino – Relatore D'Aquino

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Opposizione all'esecuzione – Titolo giudiziale non definitivo – Sopravvenuta caducazione per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione – Declaratoria di cessazione della materia del contendere – Necessità – Regime delle spese processuali – Criterio della soccombenza virtuale. (Cpc, articoli 474, 615 e 91)
In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie, ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione (Nel caso di specie, le Sezioni Unite hanno enunciato nell'interesse della legge il principio di diritto ai sensi dell'articolo 363, comma 3, cod. proc. civ., relativo alla questione di massima di particolare importanza posta dall'ordinanza interlocutoria n. 6422/2020). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 6 marzo 2020, n. 6422).
Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 21 settembre 2021, n. 25478 – Presidente Spirito – Relatore Cirillo

Procedimento civile – Spese processuali – Responsabilità processuale aggravata – Esecuzione forzata – Inizio o compimento senza la normale prudenza – Titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo successivamente caducato – Domanda di risarcimento dei danni – Giudice competente – Individuazione. (Cpc, articoli 474 e 96)
L'istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni, ai sensi dell'articolo 96, secondo comma, cod. proc. civ., per aver intrapreso o compiuto l'esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Ricorrendo, invece, quest'ultima ipotesi, la domanda andrà posta al giudice dell'opposizione all'esecuzione; e, solamente quando sussista un'ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all'esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo (Nel caso di specie, le Sezioni Unite hanno enunciato nell'interesse della legge il principio di diritto ai sensi dell'articolo 363, comma 3, cod. proc. civ., relativo alla questione di massima di particolare importanza posta dall'ordinanza interlocutoria n. 6422/2020). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 6 marzo 2020, n. 6422).
Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 21 settembre 2021, n. 25478 – Presidente Spirito – Relatore Cirillo

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Motivi – Specificità – Condizioni – Chiarezza dei punti contestati e delle ragioni di dissenso – Sufficienza – – Fattispecie relativa a contenzioso in materia di infrazioni stradali. (Cpc, articoli 342 e 434)
Gli articoli 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto–legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Nel caso di specie, relativo ad un contenzioso insorto in materia di violazioni al Codice della Strada, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto dalle ricorrenti amministrazioni pubbliche per assenza di specificità dei motivi privilegiando tuttavia una non corretta formulazione del motivo di appello, secondo canoni da ritenere esplicitamente irrispettosi dei principi di diritto analiticamente formulati in seno alla giurisprudenza di legittimità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 21 settembre 2021, n. 25494 – Presidente Manna – Relatore Bellini

Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione delle spese di lite per la chiamata del terzo in giudizio – Contemperamento tra il principio di causazione e quello di soccombenza – Necessità – Regime applicabile – Individuazione – Fattispecie in tema di azione risarcitoria conseguente ad infortunio sul lavoro ad esito mortale. (Cpc, articoli 91, 106 e 269)
La liquidazione delle spese di lite per la chiamata del terzo in giudizio avviene contemperando il principio di causazione con quello di soccombenza, nient'affatto coincidenti. Alla stregua del primo, l'attore processualmente causa le iniziative difensive adottate dalla controparte del suo rapporto, incluse logicamente pure le espansioni del giudizio suscitate con le chiamate in causa. Il secondo, viene utilizzato per temperare il primo, negando la responsabilità per le spese di lite del terzo chiamato in capo all'attore principale ove la chiamata del terzo da parte del convenuto risulti eccentrica rispetto all'oggetto della controversia o comunque manifestamente priva di fondatezza, preservando in tale ipotesi autonomia al rapporto instauratosi tra convenuto/chiamante e terzo chiamato per non essere realmente accessorio quest'ultimo rapporto a quello che ha originariamente acceso il processo, essendo stato invece posto in essere mediante un impulso processuale radicalmente privo di pertinenza/fondatezza, id est, arbitrario (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto l'azione di risarcimento danni intentata dagli eredi di un lavoratore rimasto vittima di un incidente sul lavoro, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la decisione gravata in quanto il giudice d'appello, nel porre le spese di lite per la chiamata in causa di Inail a carico della società ricorrente, aveva fatto corretta applicazione degli enunciati principi). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31889).
Cassazione, sezione III civile, sentenza 21 settembre 2021, n. 25512 – Presidente Travaglino – Relatore Gorgoni

Procedimento civile – Prova civile – Onere della prova – Azione di rivendicazione – Onere della cosiddetta "probatio diabolica" – Assolvimento da parte dell'attore – Attenuazione – Condizioni. (Cc, articoli 948, 1158 e 2697)
Nell'azione per rivendicazione l'onere della cosiddetta "probatio diabolica" incombente sull'attore si attenua quando il convenuto si difenda deducendo un proprio titolo d'acquisto, quale l'usucapione, che non sia in contrasto con l'appartenenza del bene rivendicato ai danti causa dell'attore; in tali ipotesi, detto onere può ritenersi assolto, in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, con la dimostrazione della validità del titolo di acquisto da parte del rivendicante e dell'appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere (Nel caso di specie, relativo ad una azione di rivendicazione della proprietà di un cortile, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata in quanto, avendo i ricorrenti allegato un titolo di acquisto risalente ad un'epoca precedente rispetto al momento in cui controparte aveva dedotto di aver iniziato a possedere il cespite conteso, la predetta "probatio diabolica" posta a loro carico avrebbe dovuto essere considerata assolta). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 16 marzo 2006, n. 5852; Cassazione, sezione civile II, sentenza 26 settembre 2003, n. 14320; Cassazione, sezione civile II, sentenza 17 aprile 2002, n. 5487).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 23 settembre 2021, n. 25865 – Presidente Manna – Relatore Oliva

Procedimento civile – Spese processuali – Compensazione – Regime introdotto dal decreto-legge n. 132 del 2014 – Pronuncia della Corte costituzionale n. 77 del 2018 – Incidenza – Condizioni. (Cpc, articolo 92; Dl, n. 132/2014, art. 13)
Ai sensi dell'articolo 92 cod. proc. civ., nel testo in vigore novellato dal decreto legge n. 132/2014, (applicabile "ratione temporis"), la compensazione delle spese può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), nelle ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, nonché – per effetto della sentenza 7 marzo 2018, n. 77 della Corte costituzionale — nelle analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e in quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle ipotesi tipiche espressamente previste dal citato articolo 92, comma 2, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto il tribunale, nel dichiarare inammissibile l'appello proposto dal controricorrente Condominio avverso la sentenza del giudice di prime cure resa nel contraddittorio con la ricorrente, aveva disposto la compensazione delle spese di lite invocando "…difficoltà interpretative della vicenda processuale…", senza che quest'ultime però trovassero riscontro, risultando, al contrario, con chiarezza che la declaratoria di inammissibilità dell'appello aveva fatto seguito ad una verifica oggettiva della fattispecie, fondata sulla considerazione del valore della causa e sull'analisi delle ragioni di censura mosse dall'appellante, ritenute all'evidenza estranee al novero dei motivi che rendono appellabili le decisioni del giudice di pace pronunciate secondo equità; in rapporto alle ragioni del decidere, la motivazione addotta dal giudice del gravame, a giustificazione della compensazione delle spese di lite, conclude la Suprema Corte, risulta palesemente incongrua, essendo perciò sindacabile in sede di legittimità, con consequenziale cassazione della pronuncia oggetto di impugnazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2019, n. 4696; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 3977).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 24 settembre 2021, n. 25938 – Presidente Lombardo – Relatore Tedesco

Procedimento civile – Competenza – Per territorio – Cause relative a diritti di obbligazione – Eccezione di incompetenza – Formulazione nella comparsa di risposta a pena di decadenza – Riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. – Necessità – Sussistenza – Decadenza dall'eccezione – Rilevabilità d'ufficio di profili di incompetenza non dedotti dal convenuto – Esclusione – Conseguenze. (Cpc, articoli 18, 19, 20, 38, 167)
Nelle cause relative a diritti di obbligazione la disciplina dettata dall'articolo 38 cod. proc. civ. comporta che il convenuto sia tenuto ad eccepire l'incompetenza per territorio del giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli articoli 18, 19 e 20 cod. proc. civ., con l'indicazione specifica del giudice ritenuto competente in relazione a ciascuno dei predetti criteri, senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata comunque inefficace l'eccezione, il giudice possa rilevare d'ufficio profili d'incompetenza non prospettati, con il conseguente radicamento della competenza del giudice adito in base al profilo non (o non efficacemente) contestato. Ne consegue che l'incompletezza della formulazione dell'eccezione è profilo deducibile e controllabile anche d'ufficio in sede di regolamento di competenza, in quanto la Corte di Cassazione, cui appartiene il potere di riscontrare la competenza o meno del giudice adito ancorché per ragioni diverse da quelle sostenute dalla parte ricorrente, è tenuta ad accertare d'ufficio l'osservanza del disposto dell'articolo 38 cod. proc. civ., comma 3, con riguardo alla rituale e valida proposizione dell'eccezione di incompetenza, che, pur se espressamente esaminata e decisa in senso affermativo dalla sentenza, non sia stata adeguatamente censurata dal ricorrente, il quale si sia limitato a contestare la declinatoria di incompetenza sotto il profilo dell'inesatta applicazione dei criteri di collegamento della competenza territoriale. L'esistenza di una situazione di incompletezza della formulazione dell'eccezione di incompetenza territoriale sotto il profilo della competenza territoriale derogabile, rende superfluo ed inutile l'esame della questione della sussistenza della competenza (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha dichiarato la competenza del giudice adito innanzi al quale ha rimesso le parti; infatti, essendo stata nella circostanza l'eccezione di incompetenza territoriale dedotta in modo incompleto, non avendo la convenuta assolto all'onere di precisare i termini esatti della relativa deduzione (trattandosi di eccezione in senso proprio), contestando specificamente l'applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e fornendo la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione, l'eccezione doveva essere rigettata, restando, per l'effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall'attore, con correlativa competenza del giudice adito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 agosto 2011, n. 17020; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 21 luglio 2011, n. 15996; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2011, n. 3989; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 maggio 2010, n. 11192; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 9 giugno 2005, n. 12121).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 24 settembre 2021, n. 25969 – Presidente Orilia – Relatore Giannaccari

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