Casse dei professionisti: il contributivo fa sentire i primi effetti sugli assegni
Undici Casse previdenziali private, ciascuna con regole proprie (privatizzate tutte nel 1994): sono quelle dei liberi professionisti, anche se l’ente di previdenza dei giornalisti gestisce pure la componente di lavoratori dipendenti. Diversità che determinano un quadro degli assegni spaccato a metà (si veda la tabella): da una parte cinque categorie ben al di sopra dei 2.500 euro (avvocati, commercialisti, medici, giornalisti e notai), dall’altra tre (veterinari, giornalisti free lance e farmacisti) che non arrivano a mille euro lordi (più i consulenti del lavoro sul crinale con 1.015 euro).
Per alcuni professionisti, dunque, l’uscita dal lavoro non presenta particolari problemi di sostentamento, mentre per altre il futuro è più incerto, considerata l’esiguità dei redditi dichiarati. In prospettiva, comunque, tutti subiranno un ridimensionamento degli assegni, sui quali già inizia a farsi sentire il passaggio al contributivo (con cui già fanno i conti le Casse più giovani solo “contributive”, alle quali è dedicato un focus nelle pagine seguenti).
È il caso dei ragionieri, che ormai da 15 anni sono passati al contributivo e ora devono fronteggiare anche una contrazione degli iscritti. La prospettiva è quella di un forte calo del tasso di sostituzione, che dal 73% del 2018 «secondo le stime tecnico attuariali è destinato - sottolinea il presidente della Cassa Luigi Pagliuca - a scendere a un valore compreso tra il 41 e il 23 per cento». Anche per questo è stata innalzata «con la riforma del 2013 - prosegue Pagliuca -l’aliquota contributiva dall’8 al 15 per cento».
Anche i commercialisti dal 2004 sono alle prese con il contributivo, ma le pensioni si mantengono al di sopra dei 3mila euro. Agli iscritti con il contributivo puro, per bilanciare, la Cassa riconosce un versamento aggiuntivo del 3%, di più se si sceglie di andare oltre l’aliquota base (12%) . «L’obiettivo di queste premialità - dice Walter Anedda, presidente della Cassa - è mantenere l’attuale tasso di sostituzione, di circa il 40% per pensioni miste (retributivo e contributivo), anche in futuro». Non sono mai passati al regime contributivo puro gli avvocati: il loro è un sistema “retributivo sostenibile”. Dal 2013 la pensione si calcola con la media dei redditi dichiarati in tutta la vita contributiva. «La riforma ci assicura la sostenibilità a 30 anni e tendenziale a 50 anni – commenta il presidente Nunzio Luciano - ma il sistema deve essere monitorato sia per il calo degli iscritti che dei redditi, ora in leggera ripresa». «Se i redditi continueranno a salire non prevediamo correzioni».
Importi medi intorno ai 1.200 euro per i consulenti del lavoro. La Cassa (Enpacl) dal 2013 è passata al contributivo e ha portato dal 10 al 12% il contributo soggettivo. «Per mantnere l’adeguatezza delle pensioni Enpacl riversa sui montanti individuali ben il 75% del contributo integrativo, ossia oltre il 90% di tutta la contribuzione obbligatoria versata. In base all’ ultimo bilancio tecnico, la riforma garantirà nei prossimi anni un tasso di sostituzione netto vicino al 50 per cento». In ogni caso, il 62% dei consulenti ha anche contributi Inps.
Ammonta a 2.048 euro l’assegno medio di architetti e ingegneri. Nel 2019 la pensione di vecchiaia unificata (che ha preso il posto di anzianità e vecchiaia) è corrisposta ai professionisti con almeno sessantasei anni e tre mesi di età e 33 anni di contribuzione. L’aliquota sul reddito dichiarato è al 14,5%, mentre quella sul volume d’affari Iva si attesta al 4 per cento.
Contenuto anche l’assegno di vecchiaia dei veterinari, nonostante il sistema di calcolo utilizzato sia retributivo, basato sulla media dei redditi dichiarati. Per il 2019, la contribuzione è del 14,5% per i redditi fino a 93.250 euro. È previsto un aumento dello 0,5% l’anno fino ad arrivare al 22 per cento.
Del tutto peculiari le pensioni di notai, farmacisti e giornalisti. La pensione dei notai è calcolata in modo solidaristico, solo in base all’anzianità di servizio e non ai contributi versati. Dopo dieci anni (e in assenza di figli), il notaio percepisce, secondo l’ultimo bilancio tecnico della Cassa, un assegno di 4.106,87 euro, importo che aumenta del 2,70% annui fino a trenta di attività.
Anche i farmacisti hanno un contributo annuo fisso che prescinde dal reddito e subisce solo l’adeguamento Istat. Difatto i tre quarti degli iscritti sono dipendenti (quindi con posizione Inps) e versano alla Cassa solo una quota ridotta (la maggioranza, il 15% della quota fissa) . Da qui gli assegni così bassi. Discorso a parte anche per i medici: un universo variopinto che si divide tra Inps per la parte dei dipendenti ed Enpam per la libera professione. Per la medicina generale (liberi professionisti tout court) le aliquote si attestano sul 21% ( 20% per i pediatri).
Molto peculiare, invece, la situazione dei giornalisti, perché l’ente di previdenza (Inpgi) gestisce liberi professionisti (“Inpgi 2”) e dipendenti (Inpgi 1, i cui dati si riportano in tabella per completezza di informazione). Trattandosi di Casse di liberi professionisti, il confronto va, tuttavia, fatto con l’Inpgi 2, nata solo nel ’96, i cui iscritti percepiscono una pensione molto bassa. Per loro alcuni correttivi partiranno da gennaio.