"Certificato di sicurezza" dei portuali in Belgio legittimo se adeguato a prevenire infortuni
Il riconoscimento amministrativo su competenze e valutazione psicologica non deve impedire libertà di lavoratori e imprese Ue
Il fine pubblico di garantire la sicurezza delle aree portuali e la prevenzione degli infortuni al loro interno può ben giustificare la previsione nazionale, anche discendente dalla contrattazione collettiva, che subordina il lavoro portuale all'ottenimento di un riconoscimento amministrativo delle qualità e competenze. Meno scontato è, invece, che il vaglio sia affidato a una commissione paritetica lavoratori-imprese se ciò restringe la possibilità di accesso di altri soggetti dell'Unione europea. Ma la restrizione del perimetro della platea del lavoro portuale non deve impedire l'accesso di lavoratori Ue e la concreta possibilità delle imprese di stabilirsi in Beglio. Infatti, la Corte Ue con la sentenza sulle cause riunite C7407/19 e C-471/19, ha chiarito che la previsione di un iter amministrativo affidato a una commissione paritetica per il riconoscimento del lavoratore portuale di per sé non appare commisurata allo scopo di perseguire un interesse generale se non consente ai lavoratori di altri Stati membri di dimostrare il possesso dei requisiti necessari a ottenere il "certificato di sicurezza". Lo stesso dicasi per la previsione di contingenti di lavoratori portuali che, nel caso di esclusione, limitano la validità del "riconoscimento" all'esecuzione dello specifico contratto di lavoro per cui è richiesto. Ciò che, infatti, il giudice belga dovrà valutare è che le condizioni per il rilascio di un simile certificato siano necessarie e proporzionate rispetto all'obiettivo di garantire la sicurezza nelle zone portuali e la procedura prevista per il suo ottenimento non imponga oneri amministrativi irragionevoli e sproporzionati. Aggiunge la Corte che di per sé l'intervento di una commissione amministrativa paritetica nel riconoscimento dei lavoratori portuali non è né necessario né appropriato per conseguire l'obiettivo se, ad esempio, non è previsto un termine per deliberare il riconoscimento. La Cgue statuisce, quindi, che una simile normativa è compatibile con le libertà di circolazione dei lavoratori, di prestazione dei servizi e di stabilimento, a patto che le condizioni e le modalità stabilite, da un lato, siano fondate su criteri obiettivi, non discriminatori, predeterminati e che consentano ai lavoratori portuali di altri Stati membri di dimostrare di soddisfare, nel loro Stato di origine, requisiti equivalenti a quelli applicati ai lavoratori portuali nazionali e, dall'altro, non stabiliscano un contingente limitato di lavoratori che possono essere oggetto di un simile riconoscimento.