Cessione di ramo d'azienda: il licenziamento non contestato non si estingue lavorando per la cessionaria
Questo perché spiega la Cassazione se così non fosse il trasferimento diverrebbe una sorta di condono del licenziamento che ancora pende sul prestatore
In caso di trasferimento d'azienda il lavoratore licenziato presso la cedente (quindi prima di recarsi presso la società cessionaria) deve provvedere a impugnare nei termini la misura di recesso anche se nel frattempo si trovi presso altra società. Questo perché - spiega la Cassazione (sentenza 8039/22) -se così non fosse il trasferimento diverrebbe una sorta di condono del licenziamento che ancora pende sul prestatore.
La Corte a tal proposito chiarisce che il rapporto di lavoro del prestatore illegittimamente licenziato prima del trasferimento di azienda continua con il cessionario dell'azienda qualora per effetto della sentenza intervenuta tra le parti originarie del rapporto, il recesso sia stato annullato. Deve, invece, escludersi che possa "continuare" in capo alla cessionaria, un rapporto di lavoro non più esistente all'epoca del trasferimento, per la mancata impugnativa dell'atto di recesso. Nel caso concreto il lavoratore pensava che nonostante il licenziamento non fosse stato impugnato, potesse farla franca andando a lavorare presso altra azienda e così raggirare il recesso. Tuttavia - si legge nella decisione - che in caso di trasferimento d'azienda (ex articolo 2112 del codice civile) l'alienante conserva il potere di recesso attribuitogli dalla normativa generale, sicchè il trasferimento non può impedire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Il principio espresso dai Supremi giudici. La Cassazione per concludere esprime il principio secondo cui "Nell'ipotesi in cui, come accade nella fattispecie, in epoca anteriore al trasferimento, sia stato intimato il licenziamento (sia in connessione con la cessione e sia per autonomo giustificato motivo oggettivo), la norma di garanzia di cui all'articolo 2112 del codice civile può operare solo a condizione che sia dichiarata la nullità o l'illegittimità del licenziamento, con le conseguenze a ciò connesse in termini di ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze della cedente. Solo la declaratoria di nullità o l'annullamento dell'atto di recesso consentono di considerare il lavoratore dipendente della cedente al momento della cessione, con trasferimento e continuazione del suo rapporto di lavoro in capo alla cessionaria".