Società

Come evitare l'esterovestizione societaria

Un contributo alla luce della sentenza n. 366 del 03/06/2020 della CTR Toscana

di Monica Peta*


L'esterovestizione, ricorrente nelle strategie di riorganizzazione aziendale e di pianificazione fiscale internazionale, pone sempre importanti interrogativi circa il criterio dell'identificazione della sede legale estera e delle conseguenze che possono derivare a fronte di una contestazione di omessa dichiarazione ex art. 5 d.lgs. 74/2000. A riguardo, è significativa la sentenza n. 366 del 03/06/2020 della sezione 5, della Comm. Trib. Reg. per la Toscana, che asserisce il valore del principio di diritto riguardante le caratteristiche che le società estere controllate da un soggetto italiano debbono avere, per potere essere definite esterovestite, anche quando tale soggetto è una persona fisica e non una società.

Il fatto afferisce ad un gruppo organizzato in holding statiche di settore, delle quali azionista di controllo è una persona fisica residente in Italia, ove secondo l'Ufficio accertatore svolgeva funzioni di controllo in qualità di amministratore di fatto. La Commissione, dopo aver studiato in concreto e con precisione, il contenuto della res judicata penale che assolveva il ricorrente per insussistenza dei fatti relativi ad accuse penali sostanzialmente coincidenti con i rilievi tributari, esclude de plano l'ipotesi di esterovestizione affermando che: la predisposizione di alcune deliberazioni nella sede italiana dell'azionista controllante, non costituisce valido argomento a favore dell'esterovestizione, quando le deliberazioni come nel caso di specie, sono volte alla realizzazione di una singola finalità ( nella fattispecie dare ossigeno finanziario al gruppo) che trascende la vita ordinaria delle singole società del gruppo e che sarebbe dovuta necessariamente coordinarsi nell'ambito di una strategia di gruppo complessiva. Tale strategia in mancanza di una holding di gruppo faceva capo personalmente al socio di maggioranza, quale attività di coordinamento e di controllo, non inquadrabile in attività di amministrazione.

La ratio della decisione si erige sui seguenti criteri:

-l'individuazione del domicilio fiscale, la sede amministrativa dei soggetti diversi dalle persone fisiche rilevante ai fini dell'individuazione del "domicilio fiscale" ai sensi dell'art. 59, comma 1, dpr 600/73 si identifica nel centro effettivo e di svolgimento della sua attività, ove cioè risiedono gli amministratori, sia convocata e riunita l'assemblea sociale, si trovino coloro che hanno il potere di rappresentare la società, il luogo deputato o stabilimento utilizzato per l'accentramento dei rapporti interni e con i terzi in vista del compimento di affari e della propulsione dell'attività dell'ente e nel quale, dunque hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti".

-In caso di società con sede legale all'estero controllata ai sensi dell'art. 2359 comma 1 c.c., non può costituire criterio esclusivo di accertamento della sede della direzione effettiva l'individuazione del luogo dal quale partono gli impulsi gestionali o le direttive amministrative ove esso si identifichi con la sede (legale o amministrativa) della società controllante italiana. In tal caso è necessario accertare anche che la società controllata estera non sia una costruzione di puro artificio, ma corrisponda ad un'entità reale che svolge attività in conformità al proprio atto costitutivo o allo statuto (comma 4, art, 73, DPR n. 917/86). Rileva la nozione di sede "effettiva" (comma 5, art. 73, DPR n. 917/86) intesa come il luogo dove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e dove si convocano le assemblee, cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e di impulso all'attività dell'ente, laddove il criterio calibrato sull'oggetto principale si identifica nel luogo in cui si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell'ente, nonché i rapporti economici intrattenuti con i terzi.

-La circostanza poi, che una società venga creata in uno stato europeo per fruire di una legislazione fiscale più vantaggiosa non costituisce abuso della libertà di stabilimento, né può ritenersi per questo sussistente una presunzione generale di frode fiscale. La costituzione di società aventi sede all'estero nell'ambito di un gruppo societario complesso di notevole consistenza può avere anche finalità di adeguare la struttura societaria a nuove esigenze strategico-operative. Tale operazione pur garantendo ingenti vantaggi fiscali, deve ritenersi del tutto lecita. A tale proposito la Corte di giustizia Europea ha più volte evidenziato che "a un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica una maggiore imposta". Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di riconduzione degli affari che gli permetta di limitare la sua contribuzione fiscale. Il vantaggio fiscale non è un indebito solo perché l'imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una conveniente legislazione fiscale, diviene tale solo dove lo attenga con una situazione di puro artificio.

Tali criteri divengono di più difficile applicazione nel caso delle holding o subholding statiche, per la carenza di una struttura materiale normalmente presente in una società operativa. Per le holding statiche, infatti, rileva l'attività tipica normalmente riconducibile ad attività di puro indirizzo e direzione unitaria, alla partecipazione delle assemblee delle controllate e alla riscossione dei dividendi, nel pieno rispetto del principio comunitario della libertà di stabilimento. La Sentenza in commento rafforza la necessità di considerare adeguatamente la peculiare natura di tali società, affermando che per di sé stessa l'holding statica non può rappresentare un limite all'esercizio del diritto comunitario di stabilimento.

Una corretta valutazione dovrebbe tenere in considerazione natura e funzioni proprie di una holding statica, con specifico riguardo alla padronanza e autonomia della stessa in relazione all'adozione delle decisioni di governo e di indirizzo delle partecipazioni detenute ed al trattamento di impiego dei dividendi percepiti.

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*Dottore Commercialista- Revisore Legale
PhD in Scienze Aziendale
Componente del Comitato Scientifico Nazionale Fondazione School University
Docente Unifedericiana

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