Lavoro

Compensi avvocati, per controversie oltre 1,5mln criteri di liquidazione da chiarire nel dettaglio

La Corte di cassazione, sentenza n. 5674 depositata oggi, accoglie il ricorso del legale

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di Francesco Machina Grifeo

Nella liquidazione del compenso per l'attività prestata dal legale, sotto la vigenza del Dm n. 140/2012, in una controversia di valore superiore all'ultimo scaglione, il giudice deve chiarire le ragioni per cui ha applicato i valori minimi, medi o massimi ed anche le ragioni che l'hanno portato ad incrementarli. Lo ha deciso la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5674 depositata oggi, accogliendo parzialmente, e con rinvio, il ricorso di un legale contro la decisione del Tribunale di Como che aveva escluso il credito professionale dall'ammissione al passivo di un Fallimento.

Il Tribunale infatti preso atto del valore del controversia, superiore ai 5mln di euro, si è rifatto, come prevede il Dm 140/2012, all'ultimo scaglione ivi previsto – liti da 500mila e 1,5mln di euro – e senza nulla puntualizzare "quanto alla natura o complessità della controversia, oppure al numero ed all'importanza delle questioni trattate dal professionista, né al pregio dell'opera prestata dall'avvocato", ha quantificato il compenso (per le fasi di studio, introduzione ed istruzione) procedendo alla mera maggiorazione del 60% degli importi medi previsti. Arrivando ad un cifra di poco superiore ai 20mila euro.

Per la Suprema corte "non può ritenersi rispettato il percorso procedimentale complessivamente descritto dall'art. 11, comma 9, del D.M. predetto, che, invece, imponeva al tribunale di giustificare compiutamente le modalità di determinazione del concreto importo originario - ricompreso tra quelli minimo, medio e massimo, riferiti, di regola, allo scaglione precedente (fino a 1.500.000,00 euro) - successivamente da incrementarsi, specificandosene il criterio concretamente adottato". E ciò sia facendo riferimento al valore, alla natura e complessità della controversia ma anche al rilievo ed alla difficoltà delle questioni affrontate. Oltreché al pregio dell'intervento tecnico ed ai concreti vantaggi raggiunto dall'assistito.

In definitiva, affermando un principio di diritto, la Cassazione ha statuito che: "La liquidazione giudiziale del compenso spettante ad un avvocato, da effettuarsi alla stregua dei parametri sanciti dal DM n. 140 del 2012 ed in relazione all'attività professionale da lui svolta, nell'interesse del proprio cliente, in una controversia di valore superiore ad euro 1.500.000,00, postula che l'operato del giudice, ai sensi dell'art. 11, comma 9, del Dm predetto, consenta di individuare le modalità di determinazione del concreto importo originario - ricompreso tra quelli minimo, medio e massimo, riferiti, di regola, allo scaglione precedente (fino ad 1.500.000,00) - successivamente da incrementarsi, specificandosene il criterio concretamente adottato, in funzione dell'effettivo valore della controversia, della natura e complessità della stessa, del numero e dell'importanza e complessità delle questioni trattate, nonché del pregio dell'opera prestata, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti dal cliente».

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