Civile

Compensi professionali: i patti conclusi tra avvocati e clienti devono avere la forma scritta

Nel caso concreto la proposta del legale non ha trovato accettazione scritta da parte del cliente

di Giampaolo Piagnerelli

Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati e i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali. Lo chiarisce la Cassazione con ordinanza n. 15563/22. Iniziando dall'esame del primo motivo di ricorso, la questione dallo stesso sollevata è se l'accordo sulla quantificazione del compenso possa dirsi concluso per effetto della proposta dell'avvocato (contenuta nella mail del 20 gennaio 2014), seguita dalla prosecuzione dell'incarico professionale da parte di Federconsorzi (parte difesa), senza però che la società avesse risposto in forma scritta alla proposta.

Il precedente. Sul punto, infatti, si deve dare continuità a un recente precedente della Cassazione, nella cui motivazione si legge che l'articolo 2233 del codice civile (compenso) "non può ritenersi implicitamente abrogato dall'articolo 13, comma 2, della legge 247 del 2012 secondo cui il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto". Infatti, secondo l'interpretazione da preferire la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nel terzo comma dell'articolo 2233 del codice civile. In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all'atto del conferimento dell'incarico (si veda anche la sentenza della Cassazione n. 11597/2015). Quindi se il legislatore avesse realmente voluto far venir meno il requisito della forma scritta per simili pattuizioni, si ritiene che avrebbe provveduto ad abrogare esplicitamente la previsione contenuta nel terzo comma dell'articolo 2233 del codice civile, il quale commina espressamente la sanzione della nullità per quei patti che siano privi del requisito formale ivi prescritto (si veda anche la sentenza della Cassazione n. 24213/2021).

Conclusioni. Pertanto, anche a voler ritenere (come fa il Tribunale di Padova nel provvedimento in questa sede impugnato) che la proposta sia da identificarsi nella e-mail dell'avvocato datata 20 gennaio 2014, mancherebbe l'accettazione nella medesima forma scritta. Pertanto la proposta si deve intendere nulla.

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