Il CommentoSocietà

Competenze ESG sempre più fondamentali nella composizione degli organi amministrativi

Un ruolo di rilievo nell'evoluzione in chiave di sostenibilità riveste anche l'autodisciplina

di Claudio Bonora e Daniele Giombini*

Il tema della tutela dell'ambiente e del rispetto dei diritti sociali ha assunto negli ultimi anni sempre maggiore interesse, sulla spinta di un'esigenza collettiva tesa a migliorare la qualità della vita e di emergenze ambientali.

Benché il dibattito sulla opportunità di orientare o meno l'azione imprenditoriale anche al perseguimento di obiettivi ESG sia tutt'altro che sopito, in ciò alimentato dalla recente crisi del mercato energetico e da posizioni politiche che, in particolare negli USA, sono particolarmente critiche verso questi obiettivi, a livello normativo il tracciato appare almeno per il momento delineato.

Nel nostro Paese, molteplici sono gli interventi che, anche sulla base dell'art. 42 della Costituzione e pur salvaguardando il principio cardine dell'azione imprenditoriale privata che consiste nel perseguimento dello scopo di lucro a beneficio degli azionisti, hanno via via richiesto agli amministratori di prendere in considerazione e tutelare anche interessi ulteriori di carattere ambientale e sociale.

Basti pensare allo sviluppo di una articolata disciplina a tutela dell'ambiente, che ha portato alla adozione del Codice dell'Ambiente, o della disciplina in tema di sicurezza e prevenzione sul lavoro che ha portato alla adozione al Testo Unico sulla Sicurezza.

Ancora merita citare il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che, con il suo Codice Etico, il suo Modello Organizzativo ed il suo Organismo di Vigilanza, costituisce un valido ausilio alla moralizzazione delle attività aziendali attraverso il contrasto interno alla commissione dei reati presupposto.

Un ruolo di rilievo in questa evoluzione in chiave di sostenibilità riveste anche l'autodisciplina

Ci si riferisce al Codice di Corporate Governance delle Società Quotate che fa del "successo sostenibile" il cardine dell'azione degli amministratori "che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società"; con ciò attribuendo all'organo di amministrazione la responsabilità di integrare gli obiettivi di sostenibilità nel piano industriale, nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e nelle politiche di remunerazione.

Ma ad imprimere una decisa spinta sui temi ESG ci hanno pensato le Istituzioni Europee, le quali, con una ampia strategia di "finanza sostenibile", a partire dal 2018 hanno dato luogo ad una copiosa produzione normativa, tutt'ora in atto, costituita da regolamenti e direttive tese ad orientare i capitali verso iniziative sostenibili in un quadro di trasparenza, comparabilità e contrasto al fenomeno del cd. greenwashing.

Questa evoluzione del contesto di mercato e normativo ha un significativo impatto sulla governance di imprese specie quotate o di grosse dimensioni.

Una analisi di un campione rappresentativo di società medio-grandi quotate in Francia, Italia e Regno Unito condotta da Assonime (cfr. rapporto Assonime n. 6/2021 "Doveri degli Amministratori e sostenibilità") mostra come già oggi buona parte di queste imprese considera i fattori ambientali e sociali nella definizione delle loro strategie, inserisce negli statuti sociali riferimenti al perseguimento di obiettivi di sostenibilità e "modella" di conseguenza la propria struttura di governance.

Questo processo appare destinato a proseguire e rafforzarsi una volta che verranno approvate dalle Istituzioni Europee le proposte, ancora in fase di discussione, di Direttiva "Corporate Sustainability Reporting Directive" e di Direttiva "Corporate Sustainability Due Diligence".

La prima direttiva amplierà la platea dei soggetti tenuti a pubblicare il report sulla sostenibilità – oggi previsto solamente per un ristretto numero di società e grandi gruppi di interesse pubblico (quali Banche ed assicurazioni) dalla Direttiva 2014/95/UE - a tutte le grandi imprese e società quotate su mercati UE che non siano qualificate come "microimprese" in base a determinati parametri economici.

La seconda direttiva sulla "Corporate Sustainability Due Diligence" comporterà per le imprese che rientrano nel suo campo di applicazione, tipicamente di maggiori dimensioni, l'obbligo di svolgere una due diligence sui rischi potenziali ed effettivi a livello di diritti umani e ambientale "riguardo alle proprie operazioni, le operazioni delle proprie controllate, e le operazioni all'interno della propria catena del valore svolte da soggetti con cui l'azienda ha una relazione commerciale stabile".

La direttiva richiederà dunque l'integrazione della due diligence di sostenibilità nelle policy dell'impresa, l'identificazione degli impatti avversi effettivi o potenziali a livello ambientale e di diritti umani e l'adozione di misure atte a prevenire e mitigare gli impatti avversi potenziali.

E' dunque prevedibile che a società quotate e di rilevanti dimensioni sarà richiesta in misura sempre maggiore di perseguire strategie imprenditoriali basate su considerazioni ed obiettivi di sostenibilità sociale ed ambientale, di creare appositi comitati, anche endoconsiliari, di sostenibilità o comunque attribuire a comitati già esistenti (ad esempio comitato rischi) competenze anche in tema di sostenibilità, di creare una struttura in grado di fornire una adeguata rendicontazione delle informazioni sulla sostenibilità, di predisporre presidi adeguati di governance idonei a considerare e integrare le tematiche ESG nei processi aziendali e decisionali e non da meno di considerare i fattori di sostenibilità nella definizione delle componenti variabili del compenso degli Amministratori.

Ne esce un quadro in cui la composizione dei Consigli di Amministrazione andrà ad "arricchirsi" con la presenza di Consiglieri con specifiche competenze in tema di ESG.

Si tratta certamente di competenze ad ampio raggio, in grado di comprendere e considerare i molteplici aspetti in cui la sostenibilità, a livello ambientale, sociale e di governance, si declina tenendo conto delle peculiarità della struttura della impresa e del mercato di riferimento.

Non a caso - e come ci conferma anche un recente studio di Deloitte "The Board of the Future" condotta attraverso l'intervista a Presidenti, Amministratori Delegati e Consiglieri delle principali realtà imprenditoriali italiane - le figure di Consiglieri con competenze in tema ESG saranno prevedibilmente sempre più ricercate in futuro e la sostenibilità assumerà in molti casi un carattere prioritario nei piani di formazione del management.

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*Claudio Bonora e Daniele Giombini, Partner di Mondini Bonora Ginevra Studio Legale