Famiglia

Comunione legale, bene escluso anche senza il parere del coniuge

L’intervento è indispensabile ad esempio per l’acquisto di beni di uso personale

di Angelo Busani

Se il prezzo di acquisto di un appartamento è pagato dall’acquirente con denaro fornito dai suoi genitori come liberalità, l’immobile non è soggetto al regime di comunione legale vigente nel matrimonio dell’acquirente; e non è rilevante che il coniuge dell’acquirente intervenga al rogito per riconoscere l’esclusione di tale acquisto dal regime di comunione. È quanto deciso dalla Cassazione con l’ordinanza n. 20336 del 16 luglio 2021.

Il tema affrontato era se, per escludere l’acquisto di un dato immobile dal regime di comunione, occorre sempre l’intervento al contratto del coniuge non acquirente affinché questi dichiari il suo consenso a non sottoporre l’acquisto al regime di comunione.

La Cassazione afferma dunque che l’intervento del coniuge non acquirente è indispensabile nel solo caso dell’acquisto di beni «di uso strettamente personale», di «beni che servono all’esercizio della professione» e di «beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di beni personali» di uno dei coniugi, in quanto è solo in queste situazioni che il Codice civile impone che il coniuge non acquirente sia «parte» del contratto con il quale viene acquistato il bene escluso dal regime di comunione legale.

Pertanto, l’intervento del coniuge dell’acquirente non è necessario affinché resti fuori dalla comunione legale il bene acquistato per donazione. Al proposito, la Cassazione precisa che può trattarsi sia di donazioni «dirette» (stipulate con atto notarile) sia di donazioni «indirette», vale a dire di tutte quelle situazioni in cui, per spirito di liberalità, si ha un incremento del patrimonio di un soggetto e il corrispondente decremento del patrimonio di un altro soggetto senza che sia stipulata una donazione formale. L’acquisto di un immobile con il prezzo pagato dai genitori dell’acquirente è, appunto, un caso paradigmatico di donazione indiretta, sia che il donante paghi tutto il prezzo, sia che ne paghi solo una parte.

Sotto quest’ultimo profilo è bene rammentare che nel 2019 (decisione n. 10759) la Cassazione aveva invertito la propria precedente giurisprudenza: nel 2014 (decisione n. 2149) venne negata la ricorrenza di una donazione indiretta se il prezzo fosse stato pagato dal donante solo in parte; nel 2019 è stato invece ritenuto che, nel caso di pagamento effettuato dal donante solo di una parte, l’acquisto si considera in parte donato (e quindi fuori dalla comunione per la corrispondente quota percentuale) e in parte acquistato; e pertanto soggetto, per tale quota, al regime di comunione legale.

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