Condotta antisportiva del tifoso: la società può trattenere il corrispettivo dell'abbonamento
Contratti - Obbligazioni - Abbonamento sportivo stipulato tra società calcistica e tifoso - Condotta antisportiva - Risoluzione del contratto - Clausola contrattuale - Art. 1458 c.c. - Corrispettivo trattenuto dalla società - Ipotesi di clausola penale - Art. 1382 c.c.
Il contratto di abbonamento stipulato tra una società calcistica e lo spettatore, avente ad oggetto il diritto di questi ad assistere ad un numero determinato di partite, è un contratto ad esecuzione periodica ai sensi dell'art. 1458 c.c.. In caso di risoluzione la società è tenuta a restituire il corrispettivo delle prestazioni non godute dallo spettatore. Vi sono però ipotesi di deroga a tale statuizione. La clausola contrattuale che, in deroga all'art. 1458 c.c., consenta alla società sportiva, in caso di risoluzione del contratto di abbonamento, di trattenere il corrispettivo relativo alle prestazioni non godute dall'abbonato "salvo il diritto al risarcimento del maggior danno", può costituire un patto qualificabile come clausola penale ai sensi dell'art. 1382 c.c..
Corte di Cassazione, Civile, Sezione VI, Ordinanza del 19 novembre 2021, n. 35615
Contratti in genere - Clausola penale - Riduzione domanda relativa - Proponibilità per la prima volta in appello - Ammissibilità - Fondamento - Condizioni
In tema di clausola penale, la relativa domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello, potendo anzi il giudice provvedervi anche d'ufficio, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare un giudizio di manifesta eccessività della penale stessa.
Corte di Cassazione, Civile, Sezione I, Ordinanza del 19 dicembre 2018, n. 19320
Contratti - Risoluzione - Effetti
L'obbligo di restituzione di una somma di denaro conseguente alla risoluzione del contratto configura un debito di valuta, sia quando grava sulla parte incolpevole, sia allorché obbligata alla restituzione è la parte che, con la propria inadempienza, ha causato la risoluzione del contratto, attesa la persistente natura non risarcitoria del relativo debito, avente ad oggetto l'originaria prestazione pecuniaria, del tutto distinto dal risarcimento del danno spettante in ogni caso all'adempiente. Pertanto, in quest`ultimo caso – poiché con la domanda di risoluzione e di restituzione del corrispettivo versato il debitore è costituito in mora - alla parte adempiente, oltre al risarcimento del danno derivante dall'inadempimento ai sensi dell'art. 1453 cod. civ., può eventualmente spettare soltanto il maggior danno rispetto agli interessi moratori ai sensi dell'art. 1224 secondo comma, cod. civ. sulla somma da restituire, sempre che questo risarcimento ulteriore, del quale il richiedente ha l'onere di provare le condizioni, non rimanga assorbito dal risarcimento accordato per il danno derivante dall'inadempimento, dovendosi evitare una ingiustificata duplicazione del risarcimento dello stesso danno.
Corte di Cassazione, Civile, Sezioni Unite, Sentenza del 17 maggio 1995, n. 5391
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