Penale

Confisca allargata, squilibrio solo fino alla condanna

di Giovanni Negri

La confisca allargata, tra i principali strumenti di contrasto alla criminalità mafiosa, non può essere estesa sino a comprendere i beni acquisiti dopo la condanna. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 9984 della Prima sezione penale depositata ieri. La Corte ha accolto il ricorso presentato dalla difesa che sottolineava, tra l’altro, l’assenza di spiegazioni sulle ragioni per cui una somma di denaro trovata nel maggio 2016 potesse essere ritenuta entrata a far parte del patrimonio del condannato circa un anno prima.

La Cassazione osserva, ricordando anche la recentissima pronuncia della Corte costituzionale, la n. 33 del 2018, che la confisca penale allargata si colloca tra le più moderne forma di contrasto alla criminalità organizzata, introdotta per ovviare ai limiti di efficacia della confisca penale “classica”. Una misura che si caratterizza per un allentamento del legame tra l’oggetto della sottrazione e il reato, in un contesto che vede affievolirsi anche gli oneri probatori per disporla.

E quanto alla fase più opportuna per disporla, la sentenza mette in evidenza come proprio la fase dell’esecuzione potrebbe essere quella preferibile. Avvenendo in un momento successivo al giudizio di colpevolezza, permetterebbe un più concreto esercizio del diritto di difesa, visto che nella fase della cognizione l’imputato avrebbe tutto l’interesse a dimostrare l’estraneità ai reati dei quali è stato accusato.

Detto questo però, puntualizza la Corte, «il limite cui il giudice dell’esecuzione deve attenersi per valutare se l’acquisto sia da presumere di illecita accumulazione a parte dell’imputato, ora condannato, è pur sempre, appunto, la sentenza di condanna». La confisca non potrà allora essere disposta per beni entrati solo successivamente nel patrimonio: in caso contrario, al giudice dell’esecuzione verrebbero attribuiti compiti di accertamento su un ambito temporale estraneo all’esame compiuto dal giudice della cognizione.

Resta escluso il solo caso in cui il bene è stato sì acquistato successivamente alla condanna, ma con risorse finanziarie che emerge essere state in possesso del condannato già prima del verdetto.

Corte di cassazione – Sentenza 9984/2018

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