Conflitto di interessi: sequestro dell’azienda solo se c’è un danno
Sequestro preventivo dell’azienda da annullare se l’impedito controllo dei soci e un ipotetico conflitto di interessi da parte dell’amministratore non hanno danneggiato né i soci né la società. La Corte di cassazione, con la sentenza 44053, respinge il ricorso del pubblico ministero contro l’ordinanza del tribunale che annullava il vincolo reale.
Il sequestro preventivo era stato disposto dal giudice per le indagini preliminari secondo il quale in occasione della stipula di un contratto di affitto di un ramo di azienda era stato impedito ai soci di svolgere un’attività di controllo e il passaggio di “mano” era avvenuto in conflitto di interessi.
Nel mirino del Gip erano finite le condotte della ricorrente che, in concorso con il padre, amministratore della Srl proprietaria dell’azienda messa sotto sequestro, avrebbe sottoscritto il contratto d’affitto con un’altra Srl che di fatto faceva capo alla ricorrente, visto che il 95% delle quote erano appannaggio del suo compagno possibile prestanome.
A completare il quadro c’era un canone di locazione tanto vantaggioso da far scattare il lucro cessante. Il ragionamento del Gip é in linea con quanto affermato dal Pm nel ricorso, ma non con le conclusioni raggiunte dal Tribunale che aveva annullato il sequestro.
Per il Tribunale del riesame, manca l’elemento essenziale, ovvero il danno emergente, per ipotizzare sia l’impedito controllo sia il conflitto di interessi (articoli 2625 e 2634 del Codice civile), per affermare la responsabilità non basta infatti né il lucro cessante né l’esistenza di un ipotetico pregiudizio se manca un’effettiva diminuzione del patrimonio.
Per la Cassazione è coerente la conclusione del Tribunale, secondo il quale l’affitto aveva comunque consentito all’azienda di ripianare i costi.
Non c’è così margine per contestare la violazione dell’articolo 2625 comma 2 , che prevede la rilevanza penale della condotta degli amministratori che ostacolano l’attività di controllo dei soci e degli organi sociali quando cagiona un danno, non meglio precisato, ai soci stessi.
Lo stesso vale per l’articolo 2634 secondo il quale gli atti di disposizione patrimoniale compiuti dall’amministratore in conflitto di interesse rientrano nel diritto penale solo se hanno provocato un danno alla società.
Per i giudici non si poteva dedurre un conflitto di interessi dal semplice rapporto di parentela o affettivo. La Cassazione precisa che la differenza tra le due ipotesi è limitata ai soggetti danneggiati, i soci in un caso la società nell’altro e alla natura del danno, anche non patrimoniale nel solo delitto previsto dall’articolo 2625. In entrambi i casi però l’elemento chiave va identificato e provato.
Corte di cassazione - Sentenza 44053/2017