Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 29 marzo e il 2 aprile 2021

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In questa settimana, cerniera tra i mesi di marzo e aprile, la giustizia amministrativa è chiamata alla soluzione di diverse questioni di particolare interesse in punto di diritto.
Ai Giudici di Palazzo Spada il compito di delineare, nel suo esatto perimetro operativo, il principio di precauzione che pregna di sé la materia della salute pubblica e della tutela dell'ambiente.
Altro tema, sempre di attualità, quello della responsabilità civile della Pa, è affrontato in una sentenza con cui il Consiglio di Stato pone l'accento sul principio di autoresponsabilità e sulle sue conseguenze sul piano risarcitorio.
Due pronunce sono poi dedicate alle procedure evidenziali, l'una è riferita alle conseguenze sottese alla presentazione di una offerta con caratteristiche difformi da quelle richieste dalla lex specialis di gara e, l'altra, interviene in tema di esegesi delle norme di gara.
Infine, in altro arresto, si tratta la questione della effettività della tutela giurisdizionale del soggetto che invochi lo scorrimento della graduatoria.
I Tribunali Amministrativi, da parte loro, affrontano i temi dei tetti di spesa nel sistema dell'accreditamento sanitario, dell'abusivismo edilizio (avuto riguardo in particolare al rapporto tra rapporto tra ordinanza di demolizione e istanza di condono edilizio), della pianificazione urbanistica del territorio qualificando la natura giuridica delle osservazioni dei proprietari interessati.

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - I PRINCIPI IN SINTESI

AMBIENTE - Consiglio di Stato, sezione V, 29 marzo 2021, n. 2596
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, interviene in merito ad una vicenda di diniego di autorizzazione a costruire ed attivare un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili così soffermandosi sulla materia dell'inquinamento ed in particolare sull'operatività del principio di precauzione.
L'intera normativa di settore (Dlgs n. 152/2006) si ispira al rispetto di tale principio che è di matrice comunitaria tanto è che lo si rinviene espressamente nell'articolo 191 TFUE quale obbligo giuridico atto ad assicurare l'anticipazione della soglia di tutela ambientale.
Il principio di precauzione può validamente essere invocato solo quando si tratti di situazioni in cui regni l'incertezza scientifica, tali, quindi, da imporre l'adozione di misure idonee alla salvaguardia dell'habitat naturale.
Esso, poi, non legittima un'interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative, vigenti in un dato settore tale da dilatarne il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli. Né può condurre in automatico a vietare ogni attività che, per mera ipotesi, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute delle persone e per l'ambiente, privi di riscontro oggettivo e verificabile, richiedendo esso stesso una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell'attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi, valutazione consistente nella formulazione di un giudizio scientificamente attendibile.
Il principio in esame si impone a tutti i soggetti, e in tutte le fasi dell'attività amministrativa, per cui il sistema di riferimento deve eterointegrarsi con le norme tecniche che abbiano identificato un potenziale rischio.

CONCORSI PUBBLICI Consiglio di Stato, sezione VI, 29 marzo 2021, n. 2661
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato affronta il tema dello scorrimento delle graduatoria (nell'ambito del pubblico impiego cosiddetto privatizzato) avuto particolare riguardo alla tutela della parte che lo invochi e che, contestando il cattivo esercizio di poteri da parte della Pa, necessariamente pone questioni di interesse legittimo tutelabili innanzi al giudice amministrativo.
L'orientamento della giurisprudenza è nel senso che, in tema di copertura di posti nel pubblico impiego, la decisione di scorrimento della graduatoria non può essere collocata su un piano diverso, e contrapposto, rispetto alla determinazione di indire un nuovo concorso, tenendo presente che entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell'articolo 97 Cost., e quindi devono essere sottoposti alla medesima disciplina anche in relazione all'ampiezza dell'obbligo di motivazione.
Quanto al rapporto tra l'opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace, esso si declina nel senso che quest'ultima modalità di reclutamento rappresenta, oggi, la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico.
Il tutto non senza precisare che la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata, perché sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell'obbligo di motivazione.
In definitiva, l'amministrazione nella copertura di un posto in pianta organica esercita un potere discrezionale che viene mano a mano riducendosi e così, se appare ampia la discrezionalità dell'amministrazione nel decidere se coprire il posto, questa discrezionalità viene a ridursi in relazione al quomodo della provvista del posto, giacché la scelta di non scorrere la graduatoria, ma di bandire un concorso pubblico, deve essere adeguatamente motivata a cagione della ridotta discrezionalità che deve riconoscersi sul punto all'amministrazione.

GARE PUBBLICHE - Consiglio di Stato, sezione V, 31 marzo 2021, n. 2678
I Giudici di Palazzo Spada, intervenuti in materia di procedure ad evidenza pubblica (avuto particolare riguardo ad un contratto di global service), trattano la questione delle conseguenze sottese alla presentazione di un'offerta difforme rispetto alle prescrizioni dettate dal capitolato.
Sul punto deve rilevarsi, in generale, che il principio di equivalenza permea di sé l'intera disciplina dell'evidenza pubblica così che la possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis ed è, altresì, espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della Pa.
Il principio di equivalenza trova poi applicazione, indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara, in tutte le fasi della procedura ed i concorrenti, da parte loro, non sono onerati di una apposita formale dichiarazione circa l'equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato.
Al tempo stesso è ben consolidato l'indirizzo giurisprudenziale (cui si riporta la sentenza in esame) per il quale le caratteristiche essenziali e indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, non essendo ammissibile che il contratto venga aggiudicato a un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito che vale a individuare l'essenza stessa della res richiesta.
Né validamente depone in senso contrario la circostanza che la lex specialis non commini espressamente la sanzione espulsiva per l'offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle richieste, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l'esclusione dalla gara, anche in mancanza di un'apposita comminatoria in tal senso.

GARE PUBBLICHEConsiglio di Stato, sezione V, 31 marzo 2021, n. 2710
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato interviene in tema di esegesi delle norme fissate dalla lex specialis di gara pubblica che, come noto, vincolano sia i concorrenti, sia la stessa amministrazione.
Il rigore formale che così caratterizza la disciplina delle procedure evidenziali risponde, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e speditezza, e, per altro verso, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa, inclusa la parità di condizioni tra i concorrenti.
Di conseguenza, solo a fronte di una equivoca formulazione della lettera di invito, o del bando di gara, può ammettersi un'interpretazione diversa da quella letterale, ferma restando la possibilità dell'esercizio del potere di autotutela.
L'interpretazione della lex specialis di una gara d'appalto soggiace, come tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli articoli 1362 e ss., tra cui ha carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo; al contempo l'intento perseguito dall'Amministrazione, ed il potere concretamente esercitato sulla base del contenuto complessivo dell'atto (interpretazione sistematica), andranno individuati avuto riguardo a ciò che il destinatario può razionalmente intendere dal dato letterale.
Più precisamente, le clausole del bando e del disciplinare di gara devono essere intese secondo un criterio di interpretazione sistematica, ossia le une per mezzo delle altre ed attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto.

RESPONSABILITÀ CIVILE DELLA PA Consiglio di Stato, sezione VI, 2 aprile 2021, n. 2734
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, ha modo di affrontare – tra le altre – la questione della responsabilità civile della Pa precisando come, in tale contesto, operi il generale principio di autoresponsabilità, ai sensi dell'articolo 1227, II, c.c., così di conseguenza dovendosi negare il risarcimento in relazione a quei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
Inoltre, la circostanza che ai sensi dell'articolo 30, III, Dlgs n. 104/2010 il Giudice valuti tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, escluda il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti, comporta che l'omessa attivazione di questi ultimi sia elemento valutabile alla stregua del canone di buona fede, e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza.
A ciò si aggiunge che - in conformità ai doveri di ordinaria diligenza nelle relazioni intersoggettive che richiedono di attivarsi responsabilmente, nel limite di un apprezzabile sacrificio, al fine di evitare che la situazione produttiva del danno si aggravi con il passare del tempo - anche in tema di danno da ritardo occorre valutare non il solo comportamento dell'Amministrazione, ma anche la condotta del danneggiato, il quale è parte essenziale ed attiva del procedimento; e, in tale veste, dispone di capacità idonee ad incidere sulla tempistica e sull'esito del procedimento stesso, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giurisdizionali offertigli dall'ordinamento.
L'indifferenza manifestata dal danneggiato in ordine a tali rimedi rileva quindi come comportamento causalmente orientato ai sensi dell'articolo 1227 c.c. (nonché dell'articolo 30 Dlgs n. 104/2010) in ordine all'accertamento della spettanza del risarcimento, nonché alla quantificazione del danno risarcibile.

SPESA SANITARIA Tar Lombardia, Milano, sez. III, 29 marzo 2021, n. 831
Il Tar Milano affronta il tema dei tetti di spesa in riferimento all'accreditamento sanitario, avuto particolare riguardo al settore farmaceutico.
Le Regioni devono provvedere al pagamento delle prestazioni sanitarie rese dai soggetti privati solo in presenza di un provvedimento regionale che riconosca ad essi la qualità di soggetti accreditati ed all'interno del perimetro di singoli, specifici, rapporti contrattuali.
Il sistema di remunerazione, come disciplinato dalle norme di riferimento (Dlgs n. 502/1992 s.m.i.), prevede, da un lato, il rispetto del corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dall'applicazione dei valori tariffari, ed ove considerata compatibile con i limiti di programmazione di spesa, anche la remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, e dall'altro lato la verifica a consuntivo delle prestazioni effettivamente svolte rispetto al limite dei volumi prestazionali prefissato cui viene commisurata la remunerazione. Infine, non è peregrina l'eventualità che il volume massimo di prestazioni remunerate possa essere - nel corso dello stesso anno – rideterminato così da assicurare il mantenimento del tetto di spesa pubblica programmato.
Non solo. La fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario, per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, come peraltro anche la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni, risulta rimessa ad un atto autoritativo e vincolante di programmazione regionale, e non già ad una fase concordata e convenzionale, visto che tale attività di programmazione, quanto ad una ponderata gestione di risorse economiche, è imprescindibile per poter attingere al pubblico denaro per remunerare le prestazioni sanitarie erogate.
Infine, se non possono essere concessi accreditamenti in eccesso rispetto al programma dei fabbisogni, è al contempo necessario che l'atto programmatorio esista, per potersi verificare se nuovi accreditamenti possano o meno essere concessi.

CONDONO EDILIZIO Tar Campania, Napoli, 30 marzo 2021, n. 2111
Il Tar Napoli, adito in materia di abusivismo edilizio, affronta, in punto di diritto, la questione del rapporto tra ordinanza di demolizione e istanza di condono edilizio.
Se, da un alto, gravano a carico della Pa stringenti doveri di vigilanza e controllo del territorio, oltre che di repressione degli abusi edilizi, e all'ingiunzione di demolizione deve attribuirsi la funzione di provocare il tempestivo abbattimento del manufatto abusivo ad opera del responsabile, rendendolo edotto del fatto che il mancato adeguamento spontaneo determinerà sanzioni più onerose, dall'altro lato il condono edilizio si pone quale procedura eccezionale e straordinaria rispetto alla ordinaria disciplina edilizia e urbanistica.
L'istanza di condono comporta per la Pa l'obbligo, normativamente posto, di pronunciarsi espressamente sulla stessa prima di dare ulteriore corso al procedimento repressivo, tant'è che si verifica un'ipotesi di sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori.
La conseguenza che ne deriva è che i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di una tale istanza sono illegittimi in quanto in contrasto con il principio che espressamente impone all'Amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio del condono, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria.
Alla medesima conclusione non può pervenirsi, infine, a fronte dell'istanza di accertamento di conformità urbanistica che, rispetto al condono edilizio (che concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche) differisce profondamente in quanto finalizzata all'accertamento ex post della (doppia) conformità dell'intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale).

GOVERNO DEL TERRITORIOTar Lombardia, Brescia, sezione I, 31 marzo 2021, n. 306
Il Tar Brescia affronta il tema della pianificazione urbanistica del territorio evidenziando come le osservazioni dei proprietari interessati si qualifichino quale mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici non dando luogo a peculiari aspettative.
Le scelte effettuate in tale settore dalla Pa costituiscono apprezzamento di merito e, in quanto tali, sono sottratte al sindacato di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate.
Dal punto di vista processuale non sono poi ravvisabili controinteressati rispetto all'impugnazione degli strumenti urbanistici generali.
In particolare, la natura di atto amministrativo generale esclude la possibilità di configurare posizioni di controinteressati, ancorché dalle nuove previsioni del piano risultino avvantaggiati altri soggetti, atteso che l'interesse qualificato, uguale e contrario a quello del ricorrente, che identifica la posizione di controinteressato, deve essere espressamente tutelato dal provvedimento ed oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente dall'interesse perseguito dal ricorrente.
Tali requisiti non ricorrono nel caso dello strumento urbanistico, poiché la sua funzione esclusiva è quella di predisporre un ordinato assetto del territorio comunale, prescindendo dalle posizioni dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o dagli svantaggi che ad essi possono derivare dalla pianificazione.
Questa regola subisce un'eccezione nei casi in cui sia impugnato un piano o una variante urbanistica avente un oggetto circoscritto, nonché nei casi in cui sia evidente l'esistenza di posizioni specifiche in capo a soggetti interessati al mantenimento dell'atto, che determinano la loro qualità di controinteressati.

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – IL MASSIMARIO 


Ambiente - Principio di precauzione (Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articolo 301)
In materia di tutela ambientale il principio di precauzione fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell'applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione.
Qualora risulti impossibile determinare con certezza l'esistenza, o la portata, del rischio asserito, a causa della natura non concludente dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute pubblica nell'ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l'adozione di misure restrittive
Si impone così alla Pa un onere di motivazione specifico laddove, in presenza di un pericolo potenziale per salute e/o ambiente, decida in termini di "non azione" (dovendo esplicitarne le ragioni) mentre, ove la Pa decida di agire imponendo misure precauzionali, non è richiesto un particolare onere motivazionale.
Consiglio di Stato, sezione V, 29 marzo 2021, n. 2596

Concorsi pubblici – Scorrimento delle graduatorie – Tutela giurisidzionale (Dlgs 30 marzo 2001, n. 165, articolo 63)
In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego cosideetto privatizzato, quando la pretesa allo scorrimento della graduatoria sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento che disponga di non coprire più (o di coprire diversamente) il posto resosi vacante, anzichè avvalersi dello scorrimento della graduatoria del concorso anteriormente espletato, si è in presenza d'una contestazione che investe l'esercizio del potere dell'amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile innanzi al Giudice Amministrativo.
Ne deriva che la domanda volta ad ottenere l'accertamento del diritto allo scorrimento della graduatoria non può ritenersi autonoma rispetto alla domanda di annullamento della decisione discrezionale di provvedere al reclutamento del personale mediante l'indizione di nuove procedure concorsuali.
Difatti, nel momento in cui invoca il diritto allo scorrimento, il ricorrente ne asserisce l'esistenza necessariamente consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso; chiede, cioè, tutela nei confronti dell'esercizio del potere amministrativo cui corrisponde una situazione di interesse legittimo.
Il diritto allo scorrimento della graduatoria presuppone l'annullamento della decisione di indizione del nuovo concorso, altrimenti consolidandosi un assetto di interessi in sede amministrativa incompatibile con il suo riconoscimento.
Una volta occupato il posto vacante mediante un nuovo reclutamento a mezzo concorso, all'esito di una procedura concorsuale divenuta inoppugnabile, non si può fare luogo ad alcuno scorrimento di precedenti graduatorie, difettando posti liberi in relazione ai quali disporre ulteriori assunzioni.
Consiglio di Stato, sezione VI, 29 marzo 2021, n. 2661

Gare pubbliche – Offerta – Esclusione (Dlgs 18 aprile 2016, n. 50, articolo 68)
Nelle procedure ad evidenza pubblica l'offerta deve essere conforme alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato atteso che difformità, anche parziali, si risolvono in un aliud pro alio, che giustifica l'esclusione dalla selezione, anche in assenza di un'espressa previsione in tal senso, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell'offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, che abbiano per la Pa un valore essenziale.
Questo rigido automatismo opera nel solo caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall'Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie.
Ove questa certezza non vi sia, e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l'effettiva portata delle clausole del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l'interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell'interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività – intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità – delle cause di esclusione.
Consiglio di Stato, sezione V, 31 marzo 2021, n. 2678

Bandi di gara – Interpretazione (codice civile, articolo 1362)
In materia di gare pubbliche deve essere privilegiata, a tutela dell'affidamento delle imprese, l'interpretazione letterale del testo della lex specialis, dalla quale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, atteso che è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.
L'interpretazione della "lex specialis" soggiace, come per tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli articoli 1362 e ss., c.c., tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale.
Ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un'obiettiva incertezza del suo significato letterale.
Fermo restando che le regole fissate dalla lex specialis di gara vincolano sia i concorrenti, sia la stessa amministrazione, in ipotesi di (eventuali) contrasti interni tra le singole disposizioni della stessa (bando, disciplinare e capitolato speciale), sussistendo una gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara, le disposizioni del disciplinare sono chiamate ad integrare e non a modificare quelle del bando (e, in caso di contrasto, prevalgono le disposizioni di quest'ultimo).
Consiglio di Stato, sezione V, 31 marzo 2021, n. 2710

Responsabilità civile della Pa – Danneggiato – Condotta (c.c., articolo 1227; Dlgs 2 luglio 2010, n. 104, articolo 30)
Nel sistema della responsabilità civile (anche) della Pa, il processo risarcitorio si snoda attraverso due fasi: la prima che tende a ricostruire il fatto dannoso mediante la ricerca del collegamento materiale tra la condotta e l'evento (risolto alla stregua degli articoli 40 e 41 c.p. e 1227, I, c.c.); la seconda che concerne il collegamento giuridico tra il fatto e le conseguenze dannose risarcibili e che ha la sua regola generale nell'articolo 1223 c.c., richiamato dall'art.icolo 2056 c.c. nel senso di limitare la risarcibilità ai soli danni diretti ed immediati e di cui l'articolo 1227, II, c.c. costituisce una specificazione. Opera dunque il generale principio di autoresponsabilità, ex articolo 1227, II, c.c., alla cui stregua il risarcimento deve essere negato in relazione a quei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
Si tratta di un precetto operante non soltanto nella materia della responsabilità da inadempimento, ma anche con riferimento alla responsabilità aquiliana, stante il rinvio operato a tale disposizione dall'articolo 2056 c.c..
Esso rinviene poi una sua specifica declinazione in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 30, III, Dlgs n. 104/2010 che impone al Giudice, in sede di determinazione del risarcimento danni, di valutare tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude dal risarcimento quei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento dei previsti strumenti di tutela.
La portata di tale norma è ricognitiva di principi già evincibili dell'articolo 1227 c.c. ed è quindi applicabile anche alle azioni risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo.
Consiglio di Stato, sezione VI, 2 aprile 2021, n. 2734

Sanità – Accreditamento sanitario – Spesa (Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502)
Nel sistema dell'accreditamento sanitario il concorso tra strutture pubbliche e private nelle prestazioni di assistenza non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità, ma - nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche - soggiace (per i soggetti privati) alla potestà di verifica sia tecnica, che finanziaria della Regione ed a criteri di sostenibilità, nei limiti di spesa annuali.
Nessuna irragionevolezza, o illogicità, può ascriversi alla previsione di un parametro quantitativo difforme rispetto al regime relativo all'anno precedente, in ragione del dichiarato e motivato intento di contenimento della spesa pubblica sanitaria e del suo esplicarsi non casuale ma mirato, in quanto rivolto nella direzione della riduzione di quelle prestazioni che, sulla base dei parametri tecnico-discrezionali individuati in sede programmatoria, appaiano quantitativamente eccedenti.
Le risorse disponibili per la copertura della spesa sanitaria costituiscono in ogni caso un limite invalicabile non solo per l'amministrazione ma anche per gli operatori privati, il cui superamento giustifica l'adozione delle necessarie misure di riequilibrio finanziario.
Tar Lombardia, Milano, sez. III, 29 marzo 2021, n. 831

Condono edilizio – Istanza – Conseguenze (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 38, 43 e 44)
La presentazione dell'istanza di condono edilizio determina l'obbligo dell'amministrazione comunale di procedere prioritariamente all'esame della medesima, paralizzando il corso dei procedimenti per l'applicazione delle misure repressive fino alla definizione della domanda di sanatoria.
Il condono edilizio concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) e rappresenta una procedura avente natura giuridica eccezionale e straordinaria rispetto alla ordinaria disciplina edilizia e urbanistica.
Nel caso in cui sia adottato un (nuovo) provvedimento di rigetto del condono, l'interesse a contestare i pregressi provvedimenti repressivi viene meno; l'atto sopraggiunto comporta il dovere per il Comune di emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi, e pertanto l'interesse dell'istante è focalizzato a contestare il sopravvenuto provvedimento di diniego della sanatoria.
Tar Campania, Napoli, 30 marzo 2021, n. 2111

Pianificazione del territorio – Provati - Osservazioni (Legge 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 1)
Le osservazioni formulate dai proprietari interessati costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale.
L'iniziale individuazione, nell'ambito del procedimento di formazione di un piano urbanistico, di una certa destinazione non crea, in capo all'interessato, alcun legittimo affidamento al relativo mantenimento, trattandosi di una vicenda ancora interamente endo-procedimentale, come tale priva di riflessi esterni.
Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale, o da una sua variante, costituisce estrinsecazione di un potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all'organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico.
Le scelte effettuate dall'Amministrazione pubblica, nell'adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da manifeste illogicità.
Tar Lombardia, Brescia, sezione I, 31 marzo 2021, n. 306

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